Alessandro Bollo nominato direttore del nuovo Polo del ‘900 di Torino. Aveva fondato Fitzcarraldo
C’è una nuova importante realtà culturale a Torino. Che mette insieme pubblico e privato, in uno spazio architettonico monumentale. Il 24 maggio è arrivato il nome del direttore, scelto dalla Fondazione che gestisce il progetto.
La Fondazione Polo del ‘900 di Torino ha il suo direttore. È Alessandro Bollo, 44enne di Torino, laureato in Economia e Commercio, esperto di management e progettazione culturale, co-fondatore della Fondazione Fitzcarraldo, ad averla spuntata sulle 38 candidature giunte alla commissione valutatrice. Dopo la prima scrematura, che aveva ridotto il numero degli aspiranti a una shortlist di cinque nomi, è arrivato il verdetto. Il mandato durerà tre anni e il campo d’azione sarà quello tipicamente gestionale, tra coordinamento e sviluppo dei servizi e delle attività: non un critico/curatore, dunque, ma un manager a tutti gli effetti, figura richiesta sempre più spesso dalle istituzioni museali (e ancora troppo poco presente nelle amministrazioni pubbliche).
Una realtà, quella del Polo del ‘900, germinata dalla convergenza tra Comune di Torino, Regione Piemonte e Compagnia di San Paolo, riunitisi in un nuovo ente: una Fondazione di Partecipazione nata all’inizio del 2016 per la presa in carico del nuovo centro culturale che ha sede nei palazzi di San Daniele e di San Celso, all’interno del complesso juvarriano dei Quartieri Militari. Luogo che si dichiara “aperto alla cittadinanza e rivolto soprattutto alle giovani generazioni e ai nuovi cittadini”, con tutta l’intenzione di diventare un contenitore di stimoli, di informazioni e di esperienze, in grado di mettere in dialogo ricerca attuale e memoria storica del Paese, con un’attenzione particolare al periodo della Grande Guerra, al Ventennio fascista e alla resistenza.
19 ENTI PER UN GRANDE POLO STORICO
Lo spazio si estende per oltre 8.000 metri quadrati e si articola intorno a una piazza coperta, su cui si affacciano un museo, una mostra permanente (Torino 1938-1948), una biblioteca con due sale lettura, uno spazio polivalente per eventi, mostre temporanee e performance, tre aule per la didattica, un’area per i bambini, sale conferenze, un minicinema, e un archivio con 300.000 monografie, 28.000 audiovisivi, 127.600 fotografie. E sono 19, ad oggi, gli enti che hanno scelto di far parte del Polo: Archivio Cinematografico Della Resistenza, Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti, Associazione Venezia Giulia Dalmazia, Associazione Volontari della Libertà Piemonte, Centro Internazionale Primo Levi, Centro Studi Gobetti, Federazione Italiana Associazioni Partigiane, Fondazione Donat-Cattin, Fondazione Vera Nocentini, Ismel, Istituto Gramsci Torino, Istituto Salvemini, Istituto per la Storia della Resistenza, Museo diffuso della Resistenza, Rete Italiana di Cultura Popolare, Unione Culturale Antonicelli.
CULTURA COME TRASFORMAZIONE SOCIALE
E proprio questa volontà di farsi attrattore per le comunità locali, di stimolare dibattito e conoscenza, di offrire opportunità di approfondimento e di condivisione, trova riscontro nell’idea stessa che Alessandro Bollo – da esperto di marketing, comunicazione e organizzazione della cultura – ha portato avanti in questi anni. In un’intervista del 2014 spiegava: “La cultura dovrebbe essere per il maggior numero possibile di persone che abbiano voglia di incontrarla. Spesso però rimane per pochi, a causa di barriere e di ostacoli che derivano da chi pensa e progetta la cultura attraverso un’ attitudine fortemente autoreferenziale. Oggi, però, la cultura ha a che fare con l’innovazione e attraverso le organizzazioni culturali si prova ad instaurare un rapporto con la società in senso ampio. Dunque, la cultura può diventare di molti, a patto che con quei molti si attui un processo di trasformazione e di crescita di competenze di natura sociale, culturale, individuale ed anche economica. Questa è la grande sfida”. Cambiare i luoghi, i modi, gli sguardi, le priorità, le attitudini, le esigenze e gli obiettivi. Cambiare l’humus sociale, attraverso dispositivi e spazi che producono cultura e la trasformano in identità collettiva. Che è poi ciò a cui ogni museo dovrebbe aspirare, al di là dell’intrattenimento o della mera conservazione. La sfida, per Bollo, è allora sempre la stessa ma è anche tutta nuova. Torino come palcoscenico, un Polo del contemporaneo appena nato come strumento di costruzione.
– Helga Marsala
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