L’arte contro la violenza di genere. Teresa Margolles in Toscana
Tenuta dello Scompiglio, Vorno – fino al 16 settembre 2017. Con tre installazioni dalla potente forza emotiva e permeate di coscienza civile, l’artista messicana scuote le coscienze sul dramma della violenza di genere. Una grave e vergognosa piaga sociale in Sudamerica come, purtroppo, anche in Italia. La mostra è inserita nel cartellone “Assemblaggi Provvisori”.
Con quell’ombra di tristezza che caratterizza i popoli sudamericani, Teresa Margolles (Sinaloa, 1963) mette la sua arte al servizio della società, all’interno di un’analisi di fenomeni di violenza purtroppo abbastanza diffusi nel Continente. Con la mostra Sobre la sangre, è la volta degli omicidi di genere.
Nelle giornate più calde, uno strano, inquietante odore sale da quell’immensa tela ricamata e da quella coperta parasole montata sulla rete metallica: è l’odore del sangue, reperito in obitorio e quindi autentico, di una decina di donne boliviane vittime della violenza di genere. Frazada (La Sombra), del 2016, e Wila Patjaru/Sobre la sangre (2017) sono da un lato i simboli dell’artigianato tradizionale risalente all’età precolombiana, con ricami dagli splendidi colori di simboli magici e ancestrali; ma dall’altro, intrisi qua e là del sangue di vittime innocenti, sono la testimonianza di un tragico aspetto della contemporaneità. Allo stesso modo, l’installazione Il Testimone, appositamente realizzata per Lo Scompiglio, attraverso alcune tracce audio (testimonianze delle vittime prima della loro fine, e di chi le ha conosciute), racconta l’esistenza e l’assassinio di due transessuali messicani. Nel buio della sala, le parole risuonano come lame fredde che s’infilano nella coscienza, echi di vite emarginate, disprezzate, violate, per la sola “colpa” di non essere a loro agio nel proprio corpo.
CARNALITÀ E INQUIETUDINE
Un fil rouge etico, artistico, emotivo lega tre opere dalla non comune potenza espressiva, connessa alla carnalità suggerita dal sangue di cui sono intrise due di esse, e che a sua volta suscita la sensazione dell’accanimento insensato, dell’odio più cieco, della bestialità. In particolare, in Wila Patjaru/Sobre la sangre è forte il contrasto fra la bellezza dei colori dei ricami e quelle macchie rossastre, fra una cultura antica in armonia con la natura e le dissonanze di una realtà contemporanea che non riesce a trovare la pace sociale; Frazada (La Sombra) rimanda nel titolo all’idea della violenza di genere che copre come un’ombra la società boliviana (e non solo); mentre l’installazione Il Testimone scorre come un romanzo tragico alle orecchie dell’ascoltatore, colpito nell’emotività anche dalla presenza dei ritratti fotografici, di grande formato, delle due vittime. A vederle, si tocca con mano l’assurdità delle loro morti, l’ingiustizia dell’essere passate sotto silenzio.
Da notare come, purtroppo, la mostra non goda di alcun supporto istituzionale, nonostante la sua profonda valenza civile.
– Niccolò Lucarelli
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