Riscoprire Aldo Rossi. Intervista a Beatrice Lampariello

Edito da Quodlibet, il saggio di Beatrice Lampariello “Aldo Rossi e le forme del razionalismo esaltato. Dai progetti scolastici alla ‘città analoga’, 1950-1973” indaga le ragioni del delinearsi di una poetica destinata a rinnovare significati e figure dell’architettura razionale. Ne abbiamo parlato con l’autrice del libro, pubblicato nel ventennale della scomparsa di Aldo Rossi.

Come hai operato per raggiungere l’obiettivo di ridefinire, per la prima volta in maniera unitaria, gli anni della formazione di Aldo Rossi?
La letteratura critica dedicata all’opera di Rossi è vasta. Sin dagli Anni Sessanta, esposizioni, saggi e articoli ne illustrano i processi creativi, i riferimenti (da quelli pittorici e letterari sino a quelli cinematografici) e la ricerca teorica. In questi ultimi dieci anni, poi, nuove pubblicazioni ed esposizioni hanno riacceso il dibattito sull’opera di Rossi, concentrandosi su alcuni suoi aspetti specifici, come la produzione grafica oppure quella pubblicistica. In questa vasta letteratura, manca un saggio che, a partire da una sistemazione critica di documenti d’archivio, di pubblicazioni, film, opere pittoriche e letterarie consultate e studiate da Rossi, fornisca una interpretazione non di un aspetto particolare dell’opera di Rossi, ma della sua totalità, intrecciando le questioni teoriche con quelle progettuali.

Da dove è partita la tua ricerca?
Ho iniziato la ricerca su Rossi con l’obiettivo di colmare questa lacuna. Quindi, grazie a una borsa di studio del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica, ho raccolto i documenti d’archivio conservati presso la Fondazione Aldo Rossi (Milano), il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo (Roma), il Getty Research Institute (Los Angeles), il Centre Canadien d’Architecture (Montréal), il Politecnico, la Triennale e la Fondazione Luca Meda di Milano, la Fondazione Adriano Olivetti (Roma), il Comune di Cuneo e il Comune di Torino.
Allo stesso tempo ho reperito e studiato le pubblicazioni e i progetti di Rossi e le opere di cui si è servito per la loro redazione. Infine ho realizzato delle interviste per conoscere il punto di vista di persone che hanno lavorato con Rossi, tra cui Gianni Braghieri, Arduino Cantafora, Massimo Fortis, Fabio Reinhart. In questo modo, spero di aver fornito uno strumento di orientamento per le future ricerche su Rossi.

Aldo Rossi, progetto per un edificio per uffici, corso di Composizione I, Politecnico di Milano, s.d.

Aldo Rossi, progetto per un edificio per uffici, corso di Composizione I, Politecnico di Milano, s.d., ©2017 Eredi Aldo Rossi

Dall’incontro con Rogers ai primi progetti scolastici fino alla tesi con Portaluppi come relatore: nel tuo ritratto di Aldo Rossi come “architetto in divenire”, quali peculiarità della sua visione risultano già delineate?
La poetica di Rossi viene precisata, almeno nei suoi tratti essenziali, tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Alcuni suoi aspetti iniziano persino a essere messi a punto durante gli anni della formazione universitaria. Del resto è lo stesso Rossi a dire: “Nella mia architettura non esiste, non può esistere, un progresso, ma semplicemente un processo di chiarificazione descrittiva della mia idea di architettura”.
L’interpretazione della città a partire dai suoi “elementi primari” – i monumenti –, viene definita da Rossi nel 1955, quando redige un saggio dedicato al neoclassicismo milanese; la concezione della storia quale “movimento continuo” in cui non esistono “salti” o “rotture” viene delineata sempre durante gli Anni Cinquanta e risulterà cruciale nella lettura della città quale manufatto la cui struttura, intesa come combinazione di forma e memoria, non cambia. La ricerca di un’architettura capace di evocare la struttura della città nella quale è inserita viene esplicitata già nei progetti scolastici, tutti differentemente immaginati in relazione a quelle che Ernesto Nathan Rogers aveva definito “preesistenze ambientali”, e poi evolverà nel corso degli anni in relazione a ciò che Rossi denomina, nel 1965, “locus”. Anche l’individuazione dei volumi geometrici elementari che compongono quel “mondo rigido e di pochi oggetti” dell’architettura di Rossi avviene alla fine degli Anni Cinquanta, sullo sfondo dello studio dell’opera di Etienne-Louis Boullée, Claude-Nicolas Ledoux e Adolf Loos.

Un’ampia sezione si concentra proprio sull’Architettura della città. Quali aspetti hai colto dei tre anni di gestazione del saggio?
Il libro nasce sullo sfondo dei dibattiti sorti tra la fine degli Anni Cinquanta e l’inizio degli Anni Sessanta, relativi alla definizione del ruolo dell’urbanistica nello studio e nel disegno della città e del territorio in relazione all’architettura, la sociologia, l’economia e la politica, e all’individuazione degli strumenti operativi capaci di gestire una pianificazione a scala territoriale. Non a caso le prime bozze del libro, redatte nel corso del 1963, intitolate Appunti Libro Urbanistica e Manuale d’urbanistica, sono dedicate alla precisazione di ogni aspetto della disciplina urbanistica, dagli obiettivi alle fonti sino al vocabolario. Eppure sullo sfondo della lettura di libri sulla città, da quelli dei geografi francesi a quelli di Camillo Sitte, Lewis Mumford, Hans Paul Bahrdt, e sullo sfondo della partecipazione a convegni, seminari e corsi universitari, come quello di Carlo Aymonino a Venezia, Rossi cambia i contenuti del libro. Anche il costante scambio epistolare con Paolo Ceccarelli, con il quale Rossi aveva inizialmente pensato di scrivere il libro, diventa un altro momento decisivo per l’avanzamento delle proprie riflessioni verso la fondazione di una nuova interpretazione della città a partire dalla persistenza delle sue forme.

Beatrice Lampariello, Aldo Rossi e le forme del razionalismo esaltato (Quodlibet 2017)

Beatrice Lampariello, Aldo Rossi e le forme del razionalismo esaltato (Quodlibet 2017)

Un cambio di rotta “premiato” da un’ottima accoglienza…
Sicuramente. Già all’inizio degli Anni Settanta viene pubblicata la seconda edizione italiana e le prime traduzioni in lingue straniere. Il successo del libro non si verifica attraverso recensioni nelle riviste di architettura italiane più famose, ma in periodici meno noti, grazie all’interessamento di alcuni amici di Rossi. Altro veicolo di trasmissione dei contenuti del libro è l’attività didattica. Ma, aldilà dell’indubbio ruolo del libro nella fondazione di una nuova interpretazione della città, diversa da quella funzionalista, vorrei sottolinearne le implicazioni progettuali, non solo nell’opera di Rossi, ma in quella di un’intera generazione di architetti che, proprio a partire dal 1966, non potrà più concepire il progetto di architettura trascurando l’interpretazione della città.

1973: Rossi cura la Sezione Internazionale di Architettura alla XV Triennale di Milano; 1976, a Venezia, presenta La città Analoga. Nel decennio intercorso dalla pubblicazione di Architettura della città cosa avviene nella sua poetica?
Uno degli aspetti più interessanti della ricerca di Rossi tra il 1966 e il 1976, presente in nuce nell’Architettura della città e da lui chiarito subito dopo la sua pubblicazione, è la dimostrazione del superamento del funzionalismo verso istanze narrative e poetiche. Nel 1967, Rossi definisce il rapporto complesso tra principi logici universali e creazione poetica individuale, quale “razionalismo esaltato”. Si tratta di una tappa importante nell’evoluzione della sua opera, che punta ormai alla costruzione di un’architettura fondata su principi logici, ma allo stesso tempo espressiva di un universo autobiografico ed emozionale.

A. Rossi, G. Braghieri, progetto di concorso di prima fase per l’ampliamento del cimitero di San Cataldo, Modena, 1971 ©2017 Eredi Aldo Rossi

A. Rossi, G. Braghieri, progetto di concorso di prima fase per l’ampliamento del cimitero di San Cataldo, Modena, 1971 ©2017 Eredi Aldo Rossi

Aspetti dei quali offre testimonianze concrete…
L’edificio residenziale del Gallaratese, realizzato tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio degli Anni Settanta è emblematico del “razionalismo esaltato” rossiano. Un lungo e rettilineo corpo di fabbrica, aperto da una sequenza regolare di finestre quadrate e portici, è tagliato da un giunto di dilatazione di dimensioni così grandiose da diventare occasione per infrangere l’estrema semplicità e regolarità dell’edificio. È proprio in coincidenza del giunto che i setti murari del portico sono sostituiti da quattro grandiosi cilindri cavi, evocativi delle colonne della Ca’ Brutta di Giovanni Muzio. Anche il collage della Città analoga, presentato a Venezia nel 1976 insieme a Eraldo Consolascio, Bruno Reichlin e Fabio Reinhart, dimostra come Rossi si spinga sempre più in un universo emozionale e autobiografico. Il collage è ottenuto dalla combinazione di piante, facciate e sezioni di edifici scelti secondo riferimenti e interessi personali. A conferma del ruolo sempre più importante degli aspetti poetici e narrativi, a partire dai primi Anni Settanta, Rossi inizia a redigere delle “note autobiografiche” nel tentativo di spiegare come “i segni della vita diventino prepotenti” in qualsiasi attività o mestiere. Quelle note sono le prime bozze dell’altra pubblicazione fondamentale di Rossi dopo L’Architettura della città: l’Autobiografia scientifica (1981).

Da studente all’avvio della professione fino alla docenza al Politecnico di Milano: quali “limiti” riconosci all’esperienza di Rossi in questo ambito? Come incide lo scenario sociale di quel periodo sull’incarico?
Nell’attività didattica presso il Politecnico di Milano, iniziata nell’anno accademico 1965-1966, l’analisi urbana e lo studio dei tipi edilizi e dei monumenti diventano le esperienze fondative di un gruppo di ricerca, riunito attorno a Rossi e definito “gruppo di tendenza”, destinato a imporsi rapidamente nel panorama architettonico italiano e internazionale. Negli anni della contestazione studentesca, l’insegnamento di Rossi rappresenta un’alternativa al funzionalismo e al formalismo predicati ancora nelle università italiane, alla luce della forza evocativa dei suoi progetti capaci di rappresentare gli elementi fondativi dell’architettura della città. Eppure l’insegnamento di Rossi non sempre riesce a tradursi nella trasmissione di quel sistema duplice di principi logici e riferimenti autobiografici ed emozionali. Il gruppo della “Tendenza” cancella quelle istanze narrative e poetiche che pure nella sua opera sono sempre più preminenti e le cancella perché sono impossibili da iscrivere in un linguaggio che aspira a diventare universale e trasmissibile, riducendosi talvolta a una sterile replica delle forme del Maestro.

Valentina Silvestrini

Beatrice Lampariello – Aldo Rossi e le forme del razionalismo esaltato. Dai progetti scolastici alla “città analoga”, 1950-1973
Quodlibet Habitat, Macerata 2017
Pagg. 368, € 34
ISBN 9788874627301
www.quodlibet.it

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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