Teatro. L’Inferno di Dante a Ravenna
Nell’ambito del Ravenna Festival, è andato in scena il primo capitolo di una rappresentazione dedicata alla Commedia dantesca. Tra suggestioni antiche e input contemporanei.
Se Pesaro può essere considerata la Bayreuth sull’Adriatico, con il suo festival rossiniano, Ravenna ne è diventata la Salisburgo, grazie a una sequenza di festival in corso tutto l’anno. Il più importante è quello estivo (che dura circa due mesi e utilizza dieci luoghi di spettacolo, dal magnifico Teatro Alighieri al grande auditorium De André alla Rocca Brancaleone a teatri di città e cittadine vicine). È un festival multidisciplinare ma tematico (nel 2016 imperniato su Mandela, nel 2017 su Dante e sulla musica e spettacoli russi del 1917). Ravenna Manifestazioni – l’azienda che gestisce il complesso programma (circa 250 spettacoli in una città di 180mila abitanti) – ha una cinquantina di sponsor e collaboratori. Solamente il festival estivo di quest’anno comporta 160 rappresentazioni. Stime econometriche indicano che un dollaro di contributo pubblico ne produce otto di valore aggiunto all’economia del territorio. Alcuni anni fa il Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici commissionò uno studio, successivamente pubblicato sul quadrimestrale Territori della Cultura, da cui emergeva come l’integrazione tra varie forme di arti (anche visive) fosse una delle ragioni che permette a un festival di ottenere una sempre maggiore partecipazione di stranieri.
LA DIVINA COMMEDIA, OGGI
Come accennato, il festival estivo (in scena fino al 22 luglio) esplora il rapporto fra arte e potere nel centenario della Rivoluzione russa, attraverso le suggestioni del romanzo di Julian Barnes ispirato alla figura di Ŝostakovič e della raccolta di prose brevi di Mandel’stam. Inizia anche il percorso dantesco, uno dei temi fondanti della manifestazione sino al 2021 (settecentesimo anniversario della morte del Poeta, a Ravenna), con la messa in scena del primo cantico, l’Inferno. Tra le altre discipline spicca la mostra fotografica Musiche di Silvia Lelli e Roberto Masotti e la videoinstallazione Vuoto con Memoria di Silvia Lelli con musica di Luigi Ceccarelli.
È la prima parte di un progetto per realizzare, al ritmo di un cantico ogni due anni, l’intera Divina Commedia entro il 2021. Lo spettacolo è stato concepito da Ermanna Montanari e Marco Martinelli (registi del Teatro delle Albe, compagnia di teatro contemporaneo che opera dal 1991) sulla base di una suggestione ricevuta dal loro professore di lettere negli anni del liceo. “La Commedia” – dice Ermanna Montanari – “ci fa sprofondare e riflettere sul senso religioso, politico e civico” dell’esistenza di ciascuno di noi. È uno spettacolo di “teatro totale” in cui la musica di Luigi Ceccarelli (una tromba nella prima parte e percussioni amplificate elettronicamente nel resto) ha un ruolo relativamente limitato ma di forte impatto. Vi ha collaborato il laboratorio di musica elettronica del Conservatorio statale “Ottorino Respighi” di Latina, mentre le scene di Edoardo Sanchi sono frutto di una collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera.
DAL MEDIOEVO AL PRESENTE
È uno spettacolo molto partecipato, come una sacra rappresentazione medievale, quelle a cui tutta la città o tutto il borgo prendevano parte. Montanari e Martinelli guidano il pubblico. Non mancano una mezza dozzina di attori professionisti (del Teatro delle Albe), ma il nucleo centrale sono i circa seicento volontari non professionisti (non solo di Ravenna), scelti per interpretare undici cori (diavoli, dannati, arpie, erinni). Lo spettacolo inizia alla Tomba di Dante, dove vengono letti i primi canti. Anche i trecento spettatori (non più di tanti ne contiene il Teatro Rasi) diventano attori, interagendo con professionisti e volontari. Dalla Tomba di Dante si incamminano, accompagnati da un suono di tromba, in processione verso il Teatro Rasi, dove si scende nei vari gironi e dove episodi di gran parte dell’Inferno vengono rappresentati facendo ricorso non solo ai numerosissimi attori e alla musica elettronica, ma anche a materiali multimediali. Si gira in varie parti del teatro, sino a “uscire a riveder le stelle”.
Lo spettacolo viene eseguito trentasei volte nel corso del festival e ogni volta è una nuova versione, data l’attiva partecipazione dei trecento spettatori. Lo spettacolo, che dura circa tre ore senza intervallo, è di grande impatto, ma, come le sacre rappresentazioni del Medioevo, richiederebbe forse una certa resistenza. Speriamo ciò avvenga con Il Purgatorio, in programma nel 2019.
– Giuseppe Pennisi
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