Performance e Supercontinenti. La nuova edizione di Drodesera Festival

Dal 21 luglio torna l’appuntamento con le arti performative sullo sfondo del Trentino-Alto Adige. Oltre una settimana di azioni e interazioni al confine tra le arti. Ecco il programma.

Avevamo due possibilità: o andare nel mondo o portare il mondo a Dro. Abbiamo scelto l’ultima”. Con queste parole, Dino Sommadossi, Presidente di Centrale Fies insieme a Barbara Boninsegna, apriva la 36esima edizione di Drodesera Festival lo scorso anno. Dro si trova a nord della piana dell’Alto Garda, protetta dal biotipo delle Marocche, un grandioso sistema di antiche frane postglaciali. Un paesaggio naturale mozzafiato, ma certamente non un luogo raggiungibile facilmente. Nel 1981 fondare Centrale Fies, e il festival che ospita, Drodesera, furono certamente una grande sfida, una battaglia, con il senno di poi, decisamente vinta e consolidata oggi in una realtà di riferimento per le arti visive e performative contemporanee e in un importante appuntamento estivo: Drodesera, infatti, quest’anno giunge alla sua 37esima edizione con il sottotitolo Supercontinent.
Supercontinent è un ecosistema da esplorare dove la complessità non viene letta come disvalore che ne allontana una lettura collettiva, ma permette invece di trattare tematiche o necessità attuali senza dimenticare la potenza della ricerca che sta nel mezzo, nella pratica artistica che genera addizioni e sottrazioni, per farsi segno e presentarsi al pubblico senza rinunciare a immaginare nuove destinazioni a cui approdare”.

CollettivO CineticO, Uno scambio crudele, photocredit Camilla Caselli, Supercontinent, Drodesera 2017

CollettivO CineticO, Uno scambio crudele, photocredit Camilla Caselli, Supercontinent, Drodesera 2017

INTERFERENZE E IBRIDI

La cifra che contraddistingue il festival è infatti un interesse particolare per l’ibridità, le interferenze tra le discipline artistiche, il teatro che si specchia nelle arti visive, le arti visive che si riversano in quelle performative. Ad aprire Drodesera, il 21 luglio, sono i lavori performativi dei 10 finalisti di LIVE WORKS Vol.5: Alok Vaid-Menon, Claudia Pagès Rabal, Gaetano Cunsolo, Kent Chan, Lisa Vereetbrugghen, Madison Bycroft, Mercedes Azpilicueta, Mohamed Abdelkarim, Rodrigo Sobarzo de Larraechea, Urok Shirhan. Live Works è una piattaforma di ricerca sulla performance, a cura di Barbara Boninsegna, Daniel Blanga Gubbay e Simone Frangi fondata nel 2013 con lo scopo di sostenere e produrre, pratiche che contribuiscono all’approfondimento della nozione di performance. Questi artisti, selezionati da un bando annuale, coroneranno la ricerca effettuata nel periodo di residenza iniziato il 10 luglio a Centrale Fies con la presentazione in pubblico dei risultati conseguiti.
Dal 25 luglio la programmazione vedrà susseguirsi artisti che hanno fatto delle “terre di mezzo” il proprio punto di forza. Per fare qualche esempio: Gardens Speak di Tania El Khoury, un’installazione sonora interattiva che contiene le storie di dieci persone sepolte all’interno di giardini siriani; School of Moon di Shonen, una metafora di un nuovo mondo colonizzato da corpi in miniatura, che evoca il risveglio di una post-umanità. O ancora The Perfumed Garden: Hekmat di Raafat Majzoub, che trasforma Centrale Fies in una base dalla quale scrivere lettere agli sconosciuti in Palestina e trasmettere il suono generato dalla scrittura alla radio israeliana; Dance, if you want to enter my country!, di Michikazu Matsune, che riflette sul lato oscuro della paranoia legata alla globalizzazione, caratterizzata dalla sua profilizzazione di soggetti sospetti e dalla brama di sorveglianza.
Francesca Grilli rilegge gli attuali flussi migratori in The Forgetting of Air, una performance che trova nell’idea di aria un territorio di scambio e di condivisione tra pubblico e performer. Ma “terra di mezzo”, a Drodesera, non vuol dire esclusivamente misurarsi con le drammatiche tensioni che caratterizzano la nostra epoca, vuol dire anche mischiare le carte, deflagrare confini fisici, mentali e disciplinari che inchiodano il nostro sguardo sul mondo in sistemi dicotomici. CosìCollettivO CineticO, mette in scena Amleto, una contesa tra attori professionisti e dilettanti, per ottenere il titolo di protagonista dello spettacolo. Guidati da una voce fuori campo e da un manuale di istruzioni inviatogli due settimane prima, i candidati si sfidano in una serie di prove che sintetizzano i principi formali dell’opera shakespeariana. La condizione amletica si traduce quindi in un dispositivo drammaturgico aleatorio che lascia allo spettatore il compito di eleggere il vincitore. Jacopo Jenna, in collaborazione con Jacopo Miliani, decostruisce il testo della canzone dei Nirvana Come As You Are, disseminandolo in danze frammentate e flusso cromatico. Massimo Furlan rielabora l’incontro con la popolazione del piccolo villaggio francese La Bastide-Clairence in una pièce teatrale collettiva che vede sulla scena gli abitanti del luogo.

Tania El Khoury, Gardens Speak, photocredit, Jesse Hunniford, Supercontinent, Drodesera 2017

Tania El Khoury, Gardens Speak, photocredit, Jesse Hunniford, Supercontinent, Drodesera 2017

SPAZIO ALLE COLLABORAZIONI

Guardando il programma, inoltre, saltano all’occhio le collaborazioni e le diverse formazioni tra i vari artisti: vedremo Chiara Bersani esibirsi con Matteo Ramponi nel riallestimento di Your Girl (2007) di Alessandro Sciarroni e poi con Marco D’Agostin in Formazioni, un incontro tra un astrofisico, due artisti e un gruppo di giovani sportivi.
Riccardo Giacconi presenta Occhiacci di legno con Carolina Valencia Caicedo, un percorso sotterraneo nell’oscurità, una serie di stanze che si trasformano in altrettanti episodi al confine tra animazione, possessione e robotica, e Il vendicatore con Andrea Morbio e Giacomo Onofrio, uno spettacolo di burattini concepito negli Anni ‘30 da alcuni burattinai bresciani e bergamaschi. Infine il coreografo Alessandro Sciarroni, oltre a presentare Chroma, che fa parte del progetto TURNING_, e prevede il coinvolgimento di interpreti differenti, chiamati a eseguire la stessa azione secondo la propria sensibilità, è protagonista della prima personale di fotografia dal titolo 41. La mostra, curata da Barbara Boninsegna e Filippo Andreatta in dialogo con Ettore Lombardi, è un racconto apparentemente disarticolato di luoghi, persone e ricordi in cui messa in scena e memoria si intrecciano. Nella produzione del coreografo la fotografia ha sempre assunto un ruolo centrale e in alcuni casi la principale fonte di ispirazione. Il titolo dello spettacolo Untiled (2013) si ispira a un’omonima fotografia di Diane Arbus e del resto le parole di quest’ultima: “Per me il soggetto di un’immagine è sempre più importante dell’immagine stessa. È più complicato” sono state performate in un altro lavoro del 2010, Lucky Star. Tuttavia, la mostra sposta questo fascino in un percorso parallelo di Sciarroni, l’esplorazione di una temporalità diversa rispetto a quella del linguaggio performativo. Ad arricchire inoltre lo sguardo sul coreografo, è un’altra tappa che vede coinvolto il Trentino-Alto-Adige: A Bolzano Sciarroni propone assieme al regista Karim Zeriahen una nuova versione del già noto spettacolo FOLK’S. Dalla consolidata collaborazione tra il Festival Bolzano Danza e Museion nasce così FOLK-S _ I’ll be your mirror version, concepito per Museion e la sua facciata mediale in programma a luglio (giovedì 20-27).

Rima Najdi, Think much cry much, courtesy the artist, Supercontinent, Drodesera 2017 (2)

Rima Najdi, Think much cry much, courtesy the artist, Supercontinent, Drodesera 2017 (2)

LE INTERVISTE

Per tentare di raccontare le prismatiche sfaccettature del Festival, Artribune sarà presente con SUPERCONNECTED, una serie di video interviste curate da Dalila D’Amico, Marta Federici e Chiara Pirri. Cavalcando l’interesse di Drodesera per gli incroci e le interferenze, il progetto è un tentativo di ibridare i ruoli tra artista e critico, sospendere il giudizio, lasciare che le interpretazioni nascano dal dialogo. Riprendendo il sottotitolo del festival, SUPERCONNECTED invita gli artisti a stabilire una connessione e a fare della prerogativa di questo tempo un’occasione: le domande proposte, infatti, sono pensate in parte dalle curatrici e in parte dagli stessi artisti coinvolti. Una conversazione orizzontale tra gli abitanti del “Supercontinente” esplorato quest’anno a Centrale Fies.

Dalila D’Amico

www.centralefies.it/supercontinent

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Dalila D'Amico

Dalila D'Amico

Dalila D'Amico è Dottore di ricerca in Musica e Spettacolo presso il Dipartimento di Storia dell'Arte e Spettacolo dell'Università di Roma La Sapienza, curatrice e videomaker freelance. Dal 2015, insieme a Giulio Barbato, cura la direzione artistica del festival video…

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