80 anni dalla famigerata mostra Arte degenerata. Un monito contro le devastazioni alla cultura
A ottant’anni dalla mostra e 78 dalla distruzione di centinaia di opere d’arte ordinata da Hitler per salvaguardare la purezza morale della Germania nazista, le devastazioni di Daesh in Iraq e Siria, e la furia iconoclasta dei Talebani in Afghanistan dimostrano che l’arte è ancora pericolosa.
Tutto era stato organizzato sin nei minimi dettagli, l’ennesima coreografia voluta da Adolf Hitler (che dei pittori forse fu sempre invidioso data la modestia del suo talento artistico); il giorno successivo all’apertura, a Monaco di Baviera, di una grande mostra sull’arte tedesca “patriottica”, un’altra se ne doveva inaugurare, con un perverso intento propagandistico. Il 19 luglio del 1937 aprì, infatti, i battenti Arte degenerata, per ufficializzare il rifiuto politico delle avanguardie.
UNO SPETTACOLO INDEGNO
Circa 650 opere fra dipinti, disegni e sculture erano state rapidamente confiscate da parte di un’apposita commissione in 32 musei di tutto il Paese; fra quelle, opere di importanti maestri come Wassily Kandinsky, Emil Nolde, Lyonel Feininger, Ernst Barlach o Ernst Ludwig Kirchner. Una fretta che aveva colto di sorpresa i direttori dei musei, i quali però non poterono rifiutarsi di obbedire, e chi lo fece fu immediatamente rimosso dalla carica. Per ordine diretto del Führer, le opere dovevano essere esposte nella mostra di Monaco, per questa ragione, nonostante il titolo, quasi nessuno dei direttori museali comprese quello che stava per succedere. I nazisti, con sottile ipocrisia, sottoscrissero persino polizze assicurative in favore delle opere “prestate”, in modo da dissipare i sospetti. Il 19 luglio, la mostra fu pomposamente inaugurata dal Ministro della Propaganda Joseph Goebbels; l’ingresso era gratuito, per attrarre il maggior numero di persone possibile e “spiegare” loro l’inaccettabilità del Surrealismo, del Cubismo, dell’Espressionismo e di tante altre correnti artistiche. Dopo Monaco, la mostra toccò altre undici città della Germania fra cui Düsseldorf, Francoforte, Amburgo, e dell’Austria, fra cui Salisburgo e Vienna. La visitarono circa due milioni di persone, a paradossalmente resta la mostra più vista della storia moderna. Finita la mostra, le opere furono nascoste in un deposito di Berlino, da dove uscirono soltanto il 20 marzo 1939, per essere bruciate assieme ad altre che nel frattempo erano state conquistate, in una piazza cittadina. Complessivamente, circa 1400 capolavori andarono perduti, sotto i colpi della follia nazista.
LA STORIA SI RIPETE
A ottant’anni dalla furia iconoclasta del nazismo, analoghi episodi di barbarie si ripetono nel mondo, in particolare in Medio Oriente, dove i Talebani prima, e i militanti di Daesh poi, stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza del patrimonio artistico di Afghanistan, Siria, Iraq. È di appena un mese fa la distruzione dell’antica moschea di Al-Nuri a Mosul, risalente al XII Secolo e ampliata nel XVI. Famosa per il minareto pendente, è adesso un cumulo di irrecuperabili macerie, dopo essere stata fatta saltare con le mine. Lo scorso gennaio, Daesh si era reso protagonista di un altro crimine contro il patrimonio culturale mondiale: il sito archeologico di Palmira aveva subita la distruzione di numerosi templi, considerati blasfemi dai fondamentalisti. E un rogo in pieno stile nazista, questa volta di libri, ebbe luogo a Mosul, fra gennaio e febbraio 2015, nel corso di una violenta offensiva contro l’arte degli “infedeli”. Nel 2002, i Talebani distrussero gli antichi Buddha di Bamyan, in Afghanistan, che da millenni ornavano le nicchie scavate nella roccia.
– Niccolò Lucarelli
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