Arrivano a Napoli le sculture di Anish Kapoor per la metropolitana. Attendevano da dieci anni
Le due “bocche” dell’artista anglo-indiano saranno posizionate agli ingressi della stazione di Monte Sant’Angelo, il cui cantiere ha riaperto dopo anni di sospensione. Una sarà pronta in settembre, l’altra dovrà attendere il 2019.
Dopo sette anni di abbandono e degrado a causa di contenziosi con le imprese appaltatrici, nel settembre 2016 è ripartito il cantiere della stazione di Monte Sant’Angelo, che ospiterà le due sculture commissionate nel 2003 allo scultore anglo-indiano Anish Kapoor (Bombay, 1954). Dalla forma di imbuto rovesciato, realizzata in acciaio corten, sarà posizionata a uno degli ingressi della struttura; l’altra, in alluminio, presidierà l’altro ingresso, ma dovrà attendere il 2019 per essere montata.
UNA VICENDA TORMENTATA
Si tratta di una linea importante per il trasporto pubblico napoletano, che porterà il servizio anche alla cittadella universitaria, al Rione Traiano e al Parco San Paolo. Nello specifico, la Stazione Sant’Angelo avrà anche un passante di collegamento con le ferrovie Cumana e Circumflegrea e la nuova linea 6. Sulla carta, un contributo al decongestionamento del traffico automobilistico. Purtroppo, a causa di difficoltà riscontrate con le imprese responsabili dei lavori, questi si fermarono nel 2009. E con essi si arenò anche il progetto che coinvolgeva Kapoor, al quale nel 2003 erano state appunto commissionate le due sculture, ultimate (e in parte pagate) tre anni più tardi. Il risultato? Una è rimasta fino a pochi mesi fa, in pezzi, sul molo di Pozzuoli, mentre l’altra, quella in alluminio, è arrivata in Italia soltanto due settimane fa, dopo lo “stoccaggio” in Germania. Un ritardo di cui, nel giugno 2016, sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno, si era lamentato lo stesso Kapoor, dicendosi amareggiato per una situazione che definiva assurda.
UNA METROPOLITANA AD ARTE
Nonostante le difficoltà riscontrate nella tempistica di realizzazione, la metropolitana di Napoli è considerata fra le più belle e tecnologicamente efficienti al mondo, e non sono mancati i riconoscimenti internazionali. Ad esempio, la Stazione Toledo, nell’omonima strada, ne ha ricevuti diversi, fra cui quello di stazione più bella d’Europa, secondo una classifica della CNN. Gradimento giunto anche dal Medio Oriente, con l’assegnazione del Emirates Leaf International Award per l’Edificio dell’Anno 2013, mentre dalla Svizzera giunse nel 2015 il premio ITA – International Tunnelling Association, per il miglior uso innovativo degli spazi sotterranei.
Cospicua anche la presenza di opere d’arte, oltre a quelle di Kapoor che si aggiungeranno a breve: ad esempio, la Stazione Quattro Giornate accoglie un’enorme immagine fotografica di Betty Bee e un dipinto di Maurizio Cannavacciuolo dal titolo Amore contro natura. Invece, la Mano, di Mimmo Paladino si trova presso la Stazione Salvator Rosa. Una vera e propria galleria d’arte, alla quale di è ispirata anche l’amministrazione della città tedesca di Düsseldorf quando ha dovuto realizzare la sua metropolitana, inaugurata nel febbraio 2016. Il progetto, coordinato da Achille Bonito Oliva, che lo ha definito “Museo obbligatorio”, risale al 1995, anno in cui veniva costruita la linea Vanvitelli- Museo, ed era inserito nel programma Gli Annali delle Arti, inaugurando nel 2001 le Stazioni dell’Arte.
KAPOOR E NAPOLI: UN RAPPORTO DI LUNGA DATA
A Kapoor Napoli piace, non ha mai fatto mistero di sentircisi come a casa, anche perché vi ritrova un po’ delle colorate atmosfere della sua Bombay. Confessando scherzosamente come non gli dispiaccia nemmeno “l’anarchia” che regna in città, prova provata di una vitalità mediterranea senza pari. La relazione fra l’artista e la città prese avvio nel lontano 2000 con l’istallazione del celebre Taratantara, una sorta di gigantesco papillon rosso aperto ai lati, collocato al centro di Piazza del Plebiscito fra Palazzo Reale e la basilica borbonica di San Francesco di Paola. Tre anni più tardi, il Museo Archeologico gli dedicò la prima monografica italiana, che incluse anche due opere site specific, mentre nel 2007 il MADRE acquisì Dark brother, suggestivo tappeto scuro “galleggiante” fra pieni e vuoti, un buco nero metafora dell’insicurezza contemporanea. L’ultima avventura risale allo scorso ottobre, quando si è conclusa la mostra presso Casamadre, la galleria di Eduardo Cicelyn.
– Niccolò Lucarelli
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