Collezionisti al microfono. Parla Alessia Garibaldi

Alessia Garibaldi è appassionata di architettura, arte e design contemporanei. Nata nel 1974, si è avvicinata a questi mondi durante gli studi per diventare architetto. Fondatrice dello Studio DC10, frequenta indistintamente biennali d’arte e saloni del mobile; quando si trova in contesti “architettonici” cerca installazioni, mentre quando è alle fiere guarda opere che abbiano qualcosa da dire sullo spazio.

La collezione di Alessia Garibaldi è un mix curioso e colorato di pezzi di design, sculture antiche e fotografie. Da Antonio Sant’Elia a Hans Op de Beeck, passando attraverso Giò Ponti e Luigi Ghirri.

Cosa ti colpisce in un’opera d’arte o in un oggetto di design?
Ho cominciato a collezionare fotografie perché molti architetti sono diventati fotografi – ad esempio Gabriele Basilico – grazie alla loro capacità di rilevare elementi urbani e catturarne l’elemento simbolico. Trovo interessanti le installazioni o le performance perché trasformano gli spazi come fa l’architettura, ma in modo temporaneo; penso al sole caldo di Olafur Eliasson nella grigia Tate Modern o alle “affaticate” travi in legno sottoposte a trazione e snervamento di Arcangelo Sassolino a San Gimignano. In un oggetto di design mi colpisce il suo rapporto con l’arte e con la storia: guardo Zaha Hadid e mi vengono in mente Boccioni e Malevič. 

Per quali artisti hai interesse in questo momento?
Per quelli che hanno radici culturali in Paesi meno sviluppati o in cui i diritti civili sono in discussione, perché sono esempio di integrazione culturale e rafforzamento identitario. Michele Mathison che viene dallo Zimbabwe e Joel Andrianomearisoa che è del Madagascar; ma anche El Anatsui, Sheila Hicks… 

Studio DC10, ex Magazzino Sicad, Uboldo, Varese

Studio DC10, ex Magazzino Sicad, Uboldo, Varese

Quali i designer?
Quelli dalla scuola olandese, le serie limitate di Apparatus Studio a New York, i pezzi unici come le luci di Michael Anastassiades a Londra o Dante Goods and Bads dalla Germania. Amo le operazioni in cui le aziende inviano designer affermati in Paesi in via di sviluppo per attivare processi di autoproduzione, come la sedia Bandoli di Moroso, disegnata da Sebastian Herkner, ispirata alla danza nuziale dello struzzo e prodotta in Africa, o le sedie e le lampade di Marni ideate da Consuelo Castiglioni e realizzate da donne colombiane.

– Antonella Crippa

www.studiodc10.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #35

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Antonella Crippa

Antonella Crippa

Antonella Crippa è una art advisor e vive e lavora a Milano. Da settembre 2017 è la curatrice responsabile della Collezione UBI BANCA. Si forma come storica dell’arte laureandosi in Conservazione dei beni culturali e diplomandosi alla Scuola di specializzazione…

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