Morto a Roma il fotografo Claudio Abate. Aveva 74 anni
Si è spento a Roma Claudio Abate, tra i più grandi fotografi del Novecento. Amico di artisti ed intellettuali, ha avuto il merito di fissare per sempre nelle sue fotografie il momento d’oro dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta. Una grande perdita per la cultura italiana…
“Non guardo solamente l’opera, osservo l’artista. O meglio, guardo come l’artista guarda l’opera. Da lì comincio, poi scatto una foto. Ho sempre cercato il punto di vista dell’artista: questo è il mio metodo di lavoro”, aveva raccontato Claudio Abate ad Angela Madesani sulle colonne di Artribune nel 2016, ultima grande intervista al fotografo. Una perdita enorme per l’arte italiana e la fotografia di tutto il mondo: Claudio Abate si è spento a Roma a 74 anni. La notizia è stata comunicata direttamente dalla famiglia. I funerali si terranno lunedì 7 agosto ore 10 nella Chiesa degli Artisti di piazza del Popolo a Roma, la stessa in cui amici ed intellettuali avevano potuto dare l’addio a Jannis Kounellis.
Nato nel 1943 a Roma, figlio di un artista amico di Giorgio de Chirico, il catanese Domenico Abate Cristaldi, e di madre francese, Abate scatta la prima fotografia a dodici anni: era il 1955. Suo padre muore quando Claudio ha cinque anni, così viene messo in collegio, da dove esce a undici anni, e si mette subito a lavorare. Fa il ragazzo di bottega da un amico del padre, il fotografo degli artisti Michelangelo Como, in via Margutta.
FOTOGRAFARE L’ARTE
Una vita spesa per la fotografia. Entrato a soli 16 anni al Press Service Agency fu, tra gli altri, assistente di Eric Lessing, nome di punta della Magnum. È nelle strade di Roma, nei bar e nei caffè frequentati dagli intellettuali del tempo più che negli studi fotografici che nasce e si compie la parabola artistica di Abate. Al Caffè Notegen, in via del Babuino 159, conosce Mario Mafai, Mario Schifano, Federico Fellini, Carmelo Bene, di cui diventerà grande amico e fotografo di scena per 11 anni, anche complice la collaborazione con la rivista di teatro Sipario. Abate ha solo 17 anni, ma ha l’intuizione che cambierà la sua vita di artista e di fotografo. Non ha nessun interesse nel fotografare le opere d’arte così come sono: oggetti inanimati che sembrano essere abbandonati. È, invece, il rapporto tra l’artista e l’opera d’arte ad affascinare Abate, quella relazione strettissima e complessa unica al mondo eppure tutta da indagare.
L’EPOCA D’ORO DELL’ARTE ITALIANA
Una fotografia di Claudio Abate si riconosce al primo sguardo, fusione perfetta tra opera d’arte e artista. Non solo l’artista che sta al di là della macchina fotografica, ma anche colui che sta dietro all’obiettivo. Una relazione a tre, insomma, tra fotografo, artista ed opera che trova nelle immagini di Abate la sua fusione perfetta. Nell’epoca in cui l’arte non era affare solitario, ma si era davvero amici e si lavorava e si viveva tutti insieme, in una esplosione di pensiero e creatività totale, ad Abate va riconosciuto il merito di aver fotografato alcuni momenti chiave della storia dell’arte italiana degli ultimi decenni. Fondamentali le immagini delle installazioni Senza titolo (12 cavalli) di Jannis Kounellis del 1969 e dello Zodiaco di Gino De Dominicis del 1970, all’Attico di Sargentini, a Roma talmente tanto famose da essere entrate ormai nell’immaginario collettivo, ma anche Pino Pascali, che riprenderà sul famoso dirigibile. Nel 1977 partecipa alla collettiva Fotografi e Fotografie a cura di Italo Mussa a Roma. Due anni più tardi, nel 1979, il critico d’arte Achille Bonito Oliva cura la sua prima personale al Centro Culturale dell’Immagine, Il Fotogramma e , a Bologna, allo Studio Cavalieri, La malattia dell’occhio, prima occasione per introdurre nella fotografia la tecnica della torsione pittorica. Nel 1989 presenta le sue opere nelle personali Daguerre–mania, a cura di Mussa, presso il Centro Culturale Musoni e nel 1991 Joseph Beuys – Claudio Abate, presso lo studio Bocchi di Roma. Del 1993 è invece la partecipazione a Punti Cardinali dell’Arte, presso i Giardini di Castello in occasione della Biennale di Venezia, curata sempre da Achille Bonito Oliva. Anche gli ultimi anni furono prolifici. Ad esempio, nel 2010, Abate è in mostra con Scatti ritrovati. Claudio Abate per Gino De Dominicis, presentata per la alla galleria Mara Coccia a Roma.
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