Film da (ri)vedere in vacanza. The Captive
Aveva nove anni Cassandra, quando è stata rapita. Ne sono trascorsi altri otto e il padre ancora la sta cercando. Un thriller atipico girato da Atom Egoyan per una sera d’estate.
A otto anni dal rapimento della figlia 9enne Cassandra, i genitori Matthew e Tina sono ormai una coppia alla deriva che vive di ricordi, rimpianti e recriminazioni. Tina cerca di sopravvivere alla disperazione della perdita, nonostante strani oggetti appartenenti alla bambina compaiano nelle stanze dell’albergo che ogni giorno pulisce.
Matthew invece non si rassegna e continua a cercare Cassandra, certo che sia ancora viva. Sarà proprio l’ostinazione di quest’ultimo e di una coppia di investigatori dell’Unità di difesa per i minori a permettere la cattura del rapitore e la liberazione della ragazza ormai 17enne.
NON ESISTONO FATTI, SOLO PSICOLOGIE
Atom Egoyan non è nuovo a tematiche scabrose come quella di The Captive. Il regista armeno, naturalizzato canadese, ha spesso scelto per le sue opere sceneggiature ispirate a fatti di cronaca o a romanzi i cui protagonisti sono giovani vittime di violenza. Da Il viaggio di Felicia (1999) al più recente Devil’s Knot (2013), Egoyan sembra prediligere per i suoi thriller l’ossessione calcolata, la sottile violenza psicologica, l’ambiguità del male.
Girato interamente tra i silenziosi e innevati paesaggi dell’Ontario, The Captive immerge lo spettatore in un’atmosfera ovattata e soffocante e lo inizia a una complessa lettura filmica. Lo costringe, attraverso continui flashback, a prestare massima attenzione all’atteggiamento dei protagonisti per riuscire a ricostruire l’ordine degli avvenimenti. Egoyan chiede di osservare le “persone”, le loro interazioni, le loro evoluzioni psicologiche, non i fatti.
DOMANDE SENZA RISPOSTA
Chi cercherà in questa pellicola un thriller nel senso più classico, un meccanismo in cui azioni e conseguenze si risolvano in un cerchio perfetto, rimarrà deluso. È la psicologia e lo stato mentale dei personaggi a guidare la narrazione, mai il contrario. Non tutti i colpevoli verranno infatti scoperti, il finale rimarrà incerto, positivo sì, ma con tante domande lasciate senza risposta. Quello che importa, quello che ci guida, sono le incredibili e ambigue evoluzioni delle relazioni tra i protagonisti: tra la vittima e il rapitore, tra il rapitore e gli altri rapitori (perché in realtà si parla di una rete di pedofili ad alto profilo tecnologico), fra Tina e Matthew, fra quest’ultimo e gli investigatori, tra i due investigatori e così via – in un incessante intreccio di sospetti in cui nessuno si salva.
Tutti sono potenziali colpevoli (il padre per la sua disattenzione, il rapitore per la sua ossessione, le piccole vittime ormai cresciute e diventate parte integrante dell’ingranaggio) e in tutti traspare l’odio e la passione incontrollata che può trasformarli in un istante da vittime a spietati carnefici.
– Giulia Pezzoli
Atom Egoyan – The Captive
Canada, 2014
thriller | 140’
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #36
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