Claustrofobie pittoriche. Matteo Fato a Venezia
Galleria Michela Rizzo, Venezia ‒ fino al 9 settembre 2017. L’artista abruzzese anima gli ambienti della galleria lagunare con un progetto che affonda le radici in una residenza sullo sfondo del Nord Europa. In bilico fra astrazione ed eccesso pittorico, il racconto visivo che ne deriva lascia spazio a qualche dubbio.
Si intitola Somersault ‒ capriola ‒ la personale di Matteo Fato (Pescara, 1979) nelle sale giudecchine della Galleria Michela Rizzo, che incornicia gli esiti di una residenza compiuta dall’artista nel 2015 fra le terre norvegesi. Dopo aver lasciato sedimentare l’esperienza, Fato ne ha descritto i contorni, ricorrendo alla sintassi pittorica per comporre una narrazione che, al pari di una capriola, si slancia in avanti, si capovolge e torna a posarsi sul terreno. Nello slancio, tuttavia, sembra esaurirsi tutto l’entusiasmo dell’acrobazia pittorica, lasciando lo sguardo fin troppo ancorato alla fisicità di un colore che avviluppa e toglie ‒ esageratamente ‒ il fiato.
Anche la dialettica fra contenitore e contenuto fatica a prendere il volo, e le stecche di legno, un tempo imballaggio e ora capanna, sembrano tradursi in un affastellamento anziché nella rievocazione di un luogo accogliente, seppur transitorio. Soltanto il poderoso cavalletto che domina la sala conclusiva riconquista slancio verso l’alto e verso l’essenziale, trovando eco nell’ultima opera pittorica in mostra, senza però bilanciare adeguatamente il peso di un colore e di una materia ad alta densità.
‒ Arianna Testino
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