Osservatorio curatori. Treti Galaxie
Il viaggio alla scoperta di nuovi profili curatoriali in Italia ci ha portato a Torino, dove opera il trio di Treti Galaxie. Ognuno ha un ruolo ben delineato nel collettivo, mentre il programma continua a essere avvolto dal mistero. Almeno fino a oggi.
Il bar del paese in cui è cresciuto Matteo è stato gestito per un breve periodo da un signore un po’ particolare. Quando apriva una nuova bottiglia, dava un colpo sul fondo e faceva cadere un po’ di liquore nel lavandino. “Questo è per i morti”, diceva. Quando lo pagavano, invece di mettere i soldi nel registratore di cassa li buttava sul pavimento dietro al bancone. “Preferisco raccoglierli quando pulisco per terra”, diceva. Ha anche cercato di convertire gli avventori a una complicatissima versione della morra cinese da lui inventata, dove al posto di forbice, sasso e carta si usavano i quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. Loro preferirono continuare a giocare a briscola. Lui li invitò ad andare a giocare a briscola in un altro bar, cosa che effettivamente fecero. Ma non era di questo che volevamo parlarvi.
Treti Galaxie è composta da tre persone che vengono da esperienze molto diverse: Ramona Ponzini, laureata in lingue orientali, ha studiato a Tokyo e parla correntemente il giapponese. È una musicista noise ed è stata l’unica italiana a essere pubblicata sulla label di culto PSF Records. In Treti è l’analogo di un produttore esecutivo in ambito cinematografico: si occupa delle sfaccettature pragmatiche di ogni aspetto curatoriale e fa in modo che le cose funzionino. Gli aspetti finanziari sono gestiti da Sandro Mori, che è un private banker. Ingegnere chimico di formazione, in passato ha lasciato la dirigenza di un’azienda biomedica per gestire le Olimpiadi Invernali di Torino 2006. Matteo Mottin si è laureato in ingegneria meccanica e in ingegneria dei materiali per poi buttare tutto alle ortiche e occuparsi d’arte. Inizia a scrivere per ATPdiary e in parallelo intraprende un percorso curatoriale che lo porta a curare una mostra segreta in una caverna sotterranea in Sardegna, una mostra omaggio a Carlo Mollino e infine a fondare Treti Galaxie assieme a Ramona e Sandro.
PAROLA A TRETI GALAXIE
Per noi curare significa occuparsi dello spazio e del tempo che stanno tra l’opera e lo spettatore, senza mai dimenticarci che quello che effettivamente sappiamo delle opere d’arte equivale a quello che loro sanno di noi.
Vorremmo approfittare del gentilissimo invito di Dario Moalli e di Artribune per svelarvi un ulteriore significato relativo alle nostre precedenti mostre, e di come queste fossero anche i capitoli di un progetto dedicato agli elementi. Trasformazione permanente di un mago in formica era una personale di Valerio Nicolai interamente concepita per un pubblico di uccellini che ha vissuto nello spazio espositivo per tutta la durata della mostra. È stata senza dubbio una mostra caratterizzata dall’elemento “aria”. Tiziano e Giorgione, la bipersonale in cui Michele Gabriele e Alessandro Di Pietro hanno stretto un patto di sangue per cui alla morte di uno dei due colui che rimane in vita completerà l’opera dell’altro, era attraversata da un fiume di acqua avvelenata. Era una mostra d’“acqua”. La mostra personale I (personale nel vero senso del termine, dato che era pensata per essere fruita da un solo e unico spettatore) di Alvaro Urbano sulla cima della Mole Antonelliana, ispirata a Viaggio al centro della Terra di Jules Verne, era una mostra di “terra”.
A maggio abbiamo presentato Asomatognosia, una personale di Guglielmo Castelli allestita nella stazione di Torino Porta Nuova, più precisamente nella Sala Reale, le cui pareti sono decorate con affreschi che rappresentano gli elementi terra, aria e fuoco, e che inoltre è di forma ottagonale, figura solitamente associata all’elemento acqua.
Il nostro prossimo progetto inaugurerà a novembre e, in un certo senso, avrà a che fare con il fuoco.
Questo riferimento agli elementi ‒ al di là dei progetti sviluppati con gli artisti, che sono per noi la cosa più importante ‒ è una nostra personale versione della morra cinese.
‒ a cura di Dario Moalli
Prima versione dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #37
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