A Parigi la colonna d’alghe anti-inquinamento che si fonde nel paesaggio urbano
Nella capitale francese è arrivato il primo di una serie di dispositivi ecologici sperimentali che mimano l’arredo urbano e producono ossigeno e biomasse grazie all’azione di alghe unicellulari. A ispirare il design è la celebre colonna Morris, icona parigina.
Che cosa caratterizza il paesaggio urbano di Parigi più delle colonne Morris? Assieme agli ingressi della metropolitana in stile Art Nouveau di Hector Guimard e alle fontane Wallace, con cui condividono il color verde bottiglia e le forme sinuose, le colonnine degli spettacoli sono uno dei simboli della capitale francese. Proposte nel 1868 dal tipografo Gabriel Morris come risposta a un bando indetto dal Barone Haussmann, hanno nutrito l’immaginario di romanzieri come Marcel Proust e fotografi come Eugène Atget e Brassaï prima di imporsi all’attenzione dei collezionisti e perfino delle case d’asta (Artcurial, per esempio, che ne ha battuta e venduta una pochi mesi fa con una certa eco mediatica).
IL FUNZIONAMENTO DELLE COLONNE ANTINQUINAMENTO
Oggi la blasonata colonna è protagonista di un progetto che punta a integrare nel landscape urbano dispositivi anti-inquinamento che sono stati sviluppati da Suez, specialista francese nella gestione delle acque e dei rifiuti, e dalla startup Fermentalg. specializzata nell’applicazione di diverse tipologie di alghe a livello industriale In una piazza molto trafficata della città, quella di Alésia, è stato installato il primo di una serie di dispositivi dal design molto simile a quello delle colonne Morris, contenenti però acqua e microalghe. Il progetto, attualmente in fase di test, trae ispirazione dal funzionamento della più celebre tra le reazioni biochimiche naturali dei vegetali – la fotosintesi – e sfrutta le microalghe sospese in questa sorta di acquario per raccogliere l’anidride carbonica presente nell’aria e trasformarla in ossigeno. A forza di aspirare biossido di carbonio, i microorganismi dovrebbero crescere e moltiplicarsi per poi, una volta diventati troppo numerosi, essere evacuati verso una stazione di trattamento dove saranno convertiti in biogas e infine in biometano per riscaldare la città.
– Giulia Marani
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