Fiere d’autunno. Il ritorno di Vienna Contemporary
Degli espositori, dell’agenda, del team organizzativo, del pubblico, della scena del crimine, di storia, di geopolitica, di Putin, di Diogene Laerzio. Tutto questo e altro ancora anima il racconto che anticipa la nuova edizione della fiera viennese.
“Tatort” in italiano significa scena del crimine, una parola della lingua germanica diventata familiare a un vasto pubblico europeo perché fa da titolo a un serial tedesco di genere poliziesco che piace e dura ormai da decenni. Ed ecco lo scenario criminale che qui ci interessa! A fine settembre del 2015, quando la Vienna Contemporary era una debuttante, un anonimo artista andò di notte a imbrattare a pennellate la facciata in mattoni rossi della Marx Halle, sede della manifestazione. Scrisse una frase, in verità spiritosa, per far sapere al pubblico della fiera di sentirsi un refusé, nessun gallerista lo voleva. Un gesto vandalico, ma tollerabile, e perfino da far sorridere. Ora, alla terza edizione della fiera viennese – dal 21 al 24 settembre – è andata molto peggio. Come abbiamo tempestivamente raccontato, giorni fa alcuni individui sono penetrati, di notte, all’interno del padiglione espositivo, causando un incendio che ne ha danneggiato un reparto e la sovrastante copertura, ma poteva andare a finire malissimo. Ignoti gli autori, sconosciuto il movente. Se non si fosse fatto il miracolo di rendere di nuovo agibile in poco tempo il percorso espositivo per intero, a quel punto l’accaduto sarebbe stato una grossa rogna per tutti, organizzatori, espositori, sponsor. Morale della storia, questi capitoli thriller parlano di una fiera che ha dei nemici occulti, magari dei dilettanti, ma capaci di passare alle vie di fatto. Può bastare per dire che una sorta di destino epico avvolge la manifestazione? Neanche a parlarne, se l’evento non ha in sé elementi qualitativamente rilevanti, tanto da non essere dimenticato il giorno dopo della chiusura. È sempre in agguato il rischio di un flop per le fiere “emergenti” e non, eccezion fatta per quelle pochissime in grazia di dio.
LE PAROLE DELLA DIRETTRICE
Ci sono buone prospettive per la Vienna Contemporary? È in crescita il numero delle gallerie: in totale 110 da 27 Paesi, con il 30% di presenze austriache. È strutturata in varie sezioni: oltre l’esposizione principale, c’è Zone1, un Focus: Ungheria, la Solo & Sculpture Curated_by Miguel Wandschneider, consistente in un circuito di 9 mostre allestite extramoenia. Cinema, Talks e Tours. Rispetto alle passate edizioni, sembra che un numero ancora maggiore di collezionisti abbia accettato l’invito a visitarla.
La Vienna Contemporary punta sull’incontro tra artisti e galleristi dei due vecchi blocchi geopolitici che un tempo in Europa erano contrapposti e separati da una “cortina di ferro”, generando differenti esiti sociologici. Questo, il connotato ideologico caratterizzante, al quale ora si aggiungono i Nordic Highlights su quattro gallerie scandinave. Quale dovrebbe essere quindi il profilo ideale di una galleria per partecipare al maggior evento viennese dedicato esclusivamente al contemporaneo e votato all’internazionalità degli scambi artistico-culturali? Abbiamo posto tale domanda alla direttrice artistica, la biondissima kazaka Christina Steinbrecher-Pfandt. “Il profilo ideale” – spiega lei – “è una galleria giovane o affermata, che presenti artisti che lavorano a un livello concettuale. Pure dalla pittura pretendiamo e apprezziamo un livello concettuale”. Come decifrare – le abbiamo poi chiesto – che un Paese confinante come l’Italia abbia solo due gallerie, mentre l’Ungheria, per esempio, ne ha sette e la Germania addirittura diciannove? Qui la risposta si fa alquanto evasiva: “In compenso” – ci dice – “la suddivisione dei collezionisti è differente, infatti ne abbiamo un buon numero proveniente dall’Italia che ci segue e si interessa al nostro programma”. Data la proprietà russa della Vienna Contemporary, le domandiamo quanto influisca sull’organizzazione e lo scambio commerciale la difficile situazione politica internazionale. “Non abbiamo problemi. Come vedrete, anche quest’anno ci sono gallerie russe tra gli espositori”.
LE GALLERIE ITALIANE
Un giro di domande lo abbiamo fatto sul fronte opposto delle due sole gallerie italiane. A Doris Ghetta, della omonima galleria di Ortisei, per la prima volta alla Vienna Contemporary, abbiamo chiesto che cosa l’ha spinta a portare la sua galleria a una fiera non molto gradita agli italiani. La risposta è una lezione di coerenza: “La galleria Doris Ghetta si trova in Alto Adige. Fino al 1918 la nostra capitale era Vienna, per cui ancora oggi c’è uno stretto legame con essa; anche i nostri collezionisti guardano a Vienna, e soprattutto tanti artisti della nostra regione studiano nelle Accademie e Università viennesi, e molti si fermano a vivere e lavorare là…”, ed enuncia una lista di artisti italiani dai nomi tedeschi, ormai viennesizzati, poi aggiunge: “A questa mia prima partecipazione sono stata ammessa con un progetto ‘solo show’ di Isabella Kohlhuber, artista della mia galleria, anche lei con base a Vienna”.
La galleria Boccanera di Trento, invece, ha un record, è la terza volta che partecipa: un innamoramento? Pare di sì a sentire Giorgia Lucchi Boccanera, la titolare: “A Vienna ci si imbatte in un collezionismo mitteleuropeo, selezionato e attento alle proposte delle gallerie e degli artisti dell`Est e Sud-Est europeo. Mi ha attratto anche la fitta presenza di curatori, direttori di musei e di fondazioni. Una nota senz’altro positiva è la potenzialità di stringere collaborazioni; una nota negativa sta nel fatto che, come tutte, è molto costosa, specialmente per le gallerie che promuovono artisti emergenti”. Siccome lei ha partecipato alla fiera moscovita Cosmoscow, da cui è appena tornata, le chiediamo un giudizio, ed ecco il suo personale parere: “È stata un’esperienza che mi ha arricchito moltissimo, culturalmente parlando. Lì ho partecipato alla sezione ‘Collaborations’ che invitava le gallerie straniere e russe a condividere lo stand con un progetto congiunto. Penso che a Mosca ci tornerò”.
DALLA RUSSIA A DIOGENE LAERZIO
Già, la Russia! La Vienna Contemporary è per l’appunto legata a una geopolitica che converge verso lassù. Con i tempi che corrono ci si può perfino meravigliare se fino a ora, tra coloro che la frequentano e la vivono, non si sia manifestato alcun atteggiamento “russofobico”. Avrà forse intuito bene Putin nel sostenere che dove non arriva la politica a fare la pace, può arrivarci l’economia? L’“odiato” presidente russo ha perfino guadagnato punti in simpatia tra gli austriaci pochi giorni fa, focalizzando a suo giudizio, con una semplice battuta, la presunzione degli Usa di voler condizionare la politica europea. Ha detto con franchezza quanto sia difficile parlare con chi confonde abitualmente l’Austria con l’Australia.
Insomma, l’arte è un mondo a parte, o opera in virtù di una antropologia culturale interconnessa e in competizione? Parafrasando un antico concetto riferitoci da Diogene Laerzio (II-III secolo), riguardo alla natura degli uomini, si potrebbe ipotizzare anche per la natura dell’arte che essa sia “come una gara”: c’è chi nella vita viene in un modo e chi in un altro, “ma i migliori vengono come spettatori”. Se così fosse, sarebbe una missione molto importante la loro – cioè la nostra – giacché ogni opera d’arte reclama allo spettatore di essere osservata e compresa. Il paradosso è che una fiera d’arte non ti dà il tempo di farlo.
‒ Franco Veremondi
Vienna // dal 21 al 24 settembre 2017
Vienna Contemporary 2017
Marx Halle
Karl-Farkas-Gasse 19
www.viennacontemporary.at
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