Editoria. La verità sul caso Harry Quebert

Stavolta la nostra rubrica “Stralcio di prova”, dedicata alle intersezioni fra letteratura e arte, dà voce a un giallo avvincente. Scritto dal ginevrino Joël Dicker.

Giovane e affascinante è l’autore di questo voluminoso giallo. Si chiama Joël Dicker, non è scandinavo ma ginevrino ed è qui alla sua seconda prova, fortunatissima come la prima: dopo Gli ultimi giorni dei nostri padri, anche La verità sul caso Harry Quebert ha fatto incetta di premi ed è stato prontamente tradotto, sempre da Bompiani.
Della trama si può dire poco, essendo per l’appunto un giallo e non facendo noi spoiler. Niente paura quindi se leggerete le righe seguenti: vi diremo soltanto che si fa molta meta-letteratura, pure al quadrato, visto che l’accusato (lo Harry Quebert del titolo) è uno scrittore e l’improvvisato investigatore (Marcus Goldman) è un altro scrittore, allievo del primo. Anche gli omaggi sono palesi, in primis al capolavoro di Nabokov, Lolita. Fortunatamente, tuttavia, l’autore non si lascia andare a peregrine considerazioni su pedofilia e dintorni, lasciando che giudizi e pregiudizi vagolino sul fondo – forse pure troppo per essere credibile: ve la immaginate una sperduta cittadina statunitense che, in un caso del genere, non sia titillata dal montare una forca?

Joël Dicker, La verità sul caso Harry Quebert (Bompiani, 2013)

Joël Dicker, La verità sul caso Harry Quebert (Bompiani, 2013)

COLPI DI SCENA AD ARTE

Quanto ai colpi di scena, non mancano. Anche qui, però, si esagera un poco: è tradizione consolidata che l’accusato numero uno risulti poi innocente, in favore – o sfavore, dipende dai punti di vista – dell’accusato (insospettabile) numero due; ma questa dinamica si può ripetere per altre due, tre volte? D’altro canto, qui si parla di piacevolissima letteratura di largo e rapido consumo, quindi non è il caso di andar troppo per il sottile.
Perché però ne parliamo qui, in questa rubrica dedicata alle intersezioni fra arti visive e arti letterarie? Ebbene, perché uno dei personaggi chiave, tal Luther Caleb, è un animo gentile rinchiuso in un volto sfigurato – e, guarda un po’, gli piace tanto dipingere: “Alle pareti erano appesi alcuni quadri, tutti molto belli. […] Le tele colpivano per il vivace realismo con cui erano trattati i soggetti”. Caleb di lavoro fa l’autista del ricco Elijah Stern, il quale “è un grande appassionato d’arte, ed è ritenuto da molti un autentico mecenate”. E Stern ha le idee chiare in merito a ciò che l’arte deve essere: “Crea sempre un certo disagio. L’arte consolatoria è solo il prodotto della degenerazione di un mondo rovinato dal politicamente corretto”.

PAROLE E SCRITTURA

Poi c’è anche un personaggio minore che ha a che fare con l’arte: Stefanie Hendorf, ex compagna di classe dell’assassinata Nola Kellergan, “una bella donna, madre di tre figli; aveva insegnato storia dell’arte a Harvard e aveva aperto una galleria d’arte che seguiva in prima persona”. Nella sua “scuderia”, però, non risulta il suddetto Caleb.
Se si dovesse scegliere una pagina del romanzo, per noi sarebbe la 399: “Una parola è una parola, e le parole appartengono a tutti. Ti basta aprire un vocabolario e sceglierne una. […] Prendiamone una a caso: gabbiano. Parlando di te, la gente dirà: ‘Hai presente Goldman, quello che parla dei gabbiani?’ E poi arriverà il momento in cui, vedendo dei gabbiani, quelle stesse persone si metteranno improvvisamente a pensare a te. […] La loro percezione di quegli uccelli non sarà più la stessa. Solo allora saprai di avere scritto davvero qualcosa”.

Marco Enrico Giacomelli

Joël Dicker ‒ La verità sul caso Harry Quebert
Bompiani, Milano 2013
Pagg. 784, € 9,90
ISBN 9788845276965
www.giunti.it

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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