Intrecci del Novecento. Arte e manifattura a Milano
La Triennale, Milano ‒ fino al 7 ottobre 2017. La storia del secolo scorso si dipana attraverso una serie di arazzi e tappeti che innescano un dialogo fra gli artisti e le manifatture italiane. Andando oltre i limiti della pittura.
Balla, Severini, Depero, Cagli, Capogrossi, Basaldella, Guttuso, Sironi, Dorazio, Fontana, Turcato, Baj, Scialoja: in un allestimento un po’ stipato, raccoglie nomi importanti e oltre cento opere tessili la mostra, a cura di Virginia Giuliano, Intrecci del Novecento. Arazzi e tappeti di artisti e manifatture italiane, promossa dal Centro Studi Moshe Tabibnia presso La Triennale di Milano. Nasce da un alacre lavoro di ricerca scientifica – oggi pubblicata nell’omonimo volume – con l’ambizione di valorizzare un patrimonio prezioso e misconosciuto che attraversa la vicenda creativa della storia dell’arte italiana.
Arazzi e tappeti rappresentano un’occasione straordinaria per scoprire con occhi nuovi il XX secolo: gli artisti li hanno collezionati, tessuti o ne hanno commissionata la realizzazione a sapienti manifatture. Non mera traduzione meccanica, l’oggetto tessile diviene interpretazione critica della pittura secondo un linguaggio di orditi e trame di colore. Il tessuto sostituisce la pesantezza della materia e ridisegna le leggi dello spazio, la maglia tessuta dialoga con la luce e l’ombra, non è né pittura né scultura. Sorprendenti si rivelano le potenzialità costruttive ed espressive delle fibre e del loro intreccio.
LA MOSTRA
Il filo dell’arte tessile del Novecento, in mostra, si dipana attraverso quattro sezioni ordinate cronologicamente. Nodo nevralgico è l’esperienza dell’Avanguardia dei Futuristi, pionieri nella riscoperta delle arti applicate. Da Casa Balla a Roma, a Casa d’Arte Depero a Rovereto fino a quella di Vittorio e Gigia Zamparo Corona a Palermo, questi atelier sono fucine di straordinarie opere tessili. L’istituzione delle Biennali e Triennali dedicate alle arti decorative, la nascita di nuove manifatture come Eroli, a Roma, e MITA, a Genova-Nervi, e le commissioni degli allestimenti per i grandi transatlantici, negli Anni Cinquanta e Sessanta, proseguono, mediante arte e filo, la narrazione dell’arte dei maestri della pittura italiana.
La nascita della Fiber Art, in seno alla Biennale di Losanna del 1962, infine, scardina il legame a doppio filo con la pittura. Senza doverle più appendere alle pareti, le opere contemporanee si configurano come sculture, installazioni o environment di materiale tessile di recupero, di feltro, corde, pelli e jute, non prive di una ricerca concettuale, sociale o politica. Attraverso un fare lento, intimo e rituale, custodiscono la potenza magica della narrazione di una Storia.
‒ Giusi Affronti
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