Il nuovo live show di Alva Noto a Firenze. Il report
Il 21 settembre il Nextech Festival di Firenze ha inaugurato la sua nona edizione con l'anteprima nazionale dell’ultimo lavoro di Alva Noto. In una location nuova da poco recuperata, La Compagnia, oggi casa del documentario e dei festival di cinema fiorentini.
Sala gremita di ascoltatori per l’attesissima anteprima di UNIEQAV (beta), ultimo lavoro del maestro dell’elettronica Alva Noto, che verrà pubblicato a marzo del 2018. Ad aprire il suo live è stata la sound artist fiorentina Gea Brown con un dj set intimo e personale, arricchito da piccole riflessioni campionate: diverse voci di persone hanno costruito una narrazione corale che viaggiava sul filo rosso della tacita domanda “chi sei?”. Come gemme preziose, queste confessioni si sono incastonate nella musica che diveniva background ‒ e tornava a essere musica nella frazione di attimo successiva ‒, donando un “respiro umano” alla sua ricerca e mantenendola in bilico fra la performance artistica e il djing.
Un’apertura degna di un artista poliedrico, sfaccettato in una doppia identità: è conosciuto al mondo dell’arte come Carsten Nicolai (suo nome di battesimo), come Alva Noto alla scena dell’elettronica sperimentale ma, al pari di quanto avviene nella ricerca di Gea Brown, il côté artistico e il côté musicale si fondono in un’unica sperimentazione, tanto che è quasi impossibile distinguere il profilo dell’artista visivo da quello del musicista.
A FIRENZE
Nella sala fiorentina de La Compagnia ‒ la nuova location scelta per l’edizione 2017 di Nextech Festival, la rassegna delle migliori proposte della musica elettronica mondiale ‒, lo iato fra i due è grande: se Gea Brown concilia un’atmosfera più introspettiva, Alva Noto risponde con un beat marcato e spersonalizzante, ma non freddo. Il suo set energetico ha messo da parte le ritrosie minimali per dei ritmi quasi tribali; allo stesso modo nel visual, parte integrante dello show, ha reintrodotto il colore creando una serie di piccoli shock con dei flash violenti che, turbando la visione, la resettavano di tanto in tanto, in accordo con le pause calibrate che annunciavano un nuovo beat.
Perché la ricerca di Alva Noto si nutre da sempre di sfumature sottili, minute sovrapposizioni e labili sfalsamenti che strutturano e destrutturano la percezione dell’ambiente creando una nuova esperienza che viaggia sul filo dell’inquietudine. Le tracce di UNIEQAV (beta) si impongono, invece, con decisione con una ritmica cruda che sovrasta le amate approssimazioni uditive, comunque portate avanti dalla melodia cupa che fa da sfondo.
UNA CONTINUA RICERCA
La ricerca di Alva Noto comincia a metà Anni Novanta quando fonda a Berlino l’etichetta Noton (nel 1999 Raster-Noton), considerata “archivio del suono e del non-suono” divenendo presto uno dei sound artist di riferimento su scala mondiale.
Con alle spalle una formazione da architetto paesaggista, Nicolai è un acuto indagatore dei fenomeni naturali che traslittera nella produzione musicale attraverso un approccio vicino alla scienza da cui mutua finalità e obiettivi. Attraverso l’uso delle più svariate tecnologie ha scompaginato l’I.D.M. forzando i limiti della percezione sonora e visiva degli spettatori e giocando con quella sottile linea di confine fra l’udibile e il non udibile, l’organico e l’inorganico, la ripetizione e la variazione. Nicolai approda nell’ambiente artistico con importanti partecipazioni a documenta nel 1997, alla 49esima e 50esima Biennale di Venezia e a mostre in istituzioni quali il Guggenheim di New York e la Neue Nationalgalerie di Berlino. In Italia, dopo la prima personale al Maga di Gallarate (2010), ritorna due anni dopo all’HangarBicocca con Unidisplay, opera costituita da un’unica proiezione di 50 metri che, grazie a un gioco di specchi, tende all’infinito.
GIOCHI DI FREQUENZE
Nelle sue opere avviene un minuzioso scandaglio del mondo fenomenico portato avanti da un’ottica microscopica: ciò che trapela in superficie (e che riusciamo a cogliere con i sensi), non è che la traccia visibile di trasformazioni ben più complesse che avvengono in natura. Cosa accade nel substrato? Ed è forse possibile registrare questi fenomeni e sintetizzarli in una grafica e un suono universali, magari accomunandoli in un’unica forma valida per entrambi?
A Firenze, Alva Noto, da consuetudine, ha sfidato il nostro occhio con l’effetto flickering, l’orecchio con il glitch, ma andando oltre l’usuale orizzonte minimale. Ha innalzato edifici atonali su un tappeto sonoro drone-ambient fatto di minime variazioni melodiche, quasi delle nuance percettive; ha spiazzato gli astanti con dei giochi di frequenze e degli impulsi di forte impatto ‒ tanto visivi quanto uditivi ‒ rendendo accogliente l’atmosfera critica da lui plasmata per favorire l’immersione in un beat in crescendo e per poi distruggere, in un sol colpo, le nostre zone di comfort.
Sul palco Alva Noto si è mosso come uno scienziato intento alla sperimentazione sulle frontiere della sensibilità, lasciando un pubblico letteralmente in estasi dopo un trip ritmico tanto mentale quanto fisico durato un’ora e mezza.
‒ Martina Lolli
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