Questa è una rubrica che da anni si occupa di segnalare e recensire quei libri di narrativa (romanzi, per lo più) che nella loro trama hanno un alto gradiente artistico. E non parliamo di stile, bensì di personaggi che siano artisti, o magari architetti, oppure di trame che portino il lettore dentro musei e gallerie, biennali o quinquennali. Romanzi, insomma, nei quali le arti visive siano lo scenario, l’ambientazione entro la quale si dipanano le storie narrate.
Ebbene, questa regola – che non è mai stata comunque ferrea – si trova oggi a essere infranta platealmente, perché stavolta parliamo di un saggio; parliamo di non-fiction invece che di fiction. Ma l’occasione è di quelle importanti, poiché Roberto Pinto ha da poco dedicato proprio al soggetto di questa rubrica – ritagliando tuttavia, e a ragione, un campo d’indagine più circoscritto – il suo ultimo libro, intitolato Artisti di carta. Territori di confine tra arte e letteratura. Una ricerca del genere naturalmente soddisfa una serie di obiettivi: da essa si può infatti desumere “come viene percepita l’arte contemporanea dal mondo della cultura”, e questo stesso osservatorio particolare permette di “restituire aspetti dell’arte contemporanea che gli apporti storici non sono in grado di far emergere completamente o che, per loro natura, non rappresentano obiettivi di studio prioritari”.
DELILLO E GLI ALTRI
Il campo è estremamente ampio e va quindi salutata con sollievo la scelta dell’autore, come si diceva, di restringerlo: Pinto sceglie di adottare il punto di vista dell’ékphrasis nozionale, “ovvero la condizione in cui la scrittore ‘falsifica’ la realtà creando artisti e opere che non esistono nel mondo dell’arte”. Ma questa stessa scelta escludente apre altre questioni: quella relativa alla dicotomia fra progetto e opera (cosa distingue, se non il contesto, un progetto scritto del gruppo Art & Language da uno egualmente scritto da Don DeLillo? “Alcuni dei lavori narrati, infatti, potrebbero essere concretamente realizzati a partire dalla descrizione che ne fanno i loro autori”), e di conseguenza quella che concerne la specificità dell’artista visivo.
Ed è proprio la produzione di DeLillo a costituire uno dei punti cardine dell’indagine, con quella sequenza straordinaria di personaggi-artisti che va dalla scultrice Sullivan di Americana (1971/1989) alla Brita Nilsson di Mao II (1991), dalla Klara Sax di Underworld (1997) alla Lauren Hartke di Body Art (2001). Seguono capitoli altrettanto densi dedicati alla collaborazione di Sophie Calle con Paul Auster ed Enrique Vila-Matas, alla produzione di Siri Hustvedt e a quella di Orhan Pamuk.
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‒ Marco Enrico Giacomelli
Roberto Pinto ‒ Artisti di carta. Territori di confine tra arte e letteratura
Postmedia Books, Milano 2016
Pagg. 216, € 19
ISBN 9788874901722
www.postmediabooks.it
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #38
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