Andrea Grotto – Vento non si vede
Mostra personale
Comunicato stampa
Andrea nel consegnarmi il titolo non manca di ricordarmi di averlo in testa da un po’, il tempo necessario per farlo diventare un pensiero costante. Decidiamo entrambi di non recedere dal proposito di mantenerlo. Il giorno seguente rivedo le carte, il materiale vario che in corso di progettazione mi ha fornito. L’invisibile in pittura ha una curiosa controindicazione, che si fa notare e non sotto forma di suggestione, ma in una costante che ritorna, silenziosa, quasi sapida al palato. Ad uno sguardo conscio i disegni, i bozzetti, le annotazioni annunciano e concludono le venute del tocco nel segno, riportante oggetti, perlopiù ritratti sottoforma di scoperta. Così l’osservatore ha da sentire una prima vicinanza che è pura linea, una base vivace di creazione. Il lavoro viene di conseguenza, nel procedimento di Grotto (Schio, Vicenza,1989) l’osservazione a vedere il pittore incosciente, naturale movimento dello spazio dall’opera che diventa parente dell’aria, del senso di appartenenza creativa. Mi viene da pensare ai soggetti e alla loro vicinanza con Venezia, ma sbaglierei. Un viaggiatore dell’arte, un pittore per vocazione, è un fiero collezionista d’immagini che ha la cittadinanza in comune con la sua tecnica, sviluppatasi, cresciuta nei tentativi, che sono splendidi nel colore, che sulla tela si combina lasciando un lessico segnico e pittorico molto variegato che mira a muovere la visione all’interno dello spazio, avendo anche il compito di distrarre l’occhio, portandolo ai margini, sui dettagli della rappresentazione che ci conducono al senso dell’invisibile persistenza, del passaggio aereo da un soggetto ad un altro, senza complicazioni o stacchi apparenti. Il pittore veneziano sceglie di esporre tutto ciò che reputa in progresso. Oggetti, marine, parti di altri discorsi approdate su supporto, ogni parte è ragionata per se stessa, in quanto tale ama mostrarsi nella sua interezza, che per l’amatore è sovente presenza di un tocco che sente partecipe del suo sguardo.
Testo a cura di Alessio Moitre