L’altro lato dell’archivio. Massimiliano Tommaso Rezza a Roma
Die andere Seite, “l’altro lato”, titolo preso in prestito dal romanzo di Kubin del 1908, è la quinta project room ospitata in galleria. Il focus è sempre sulla fotografia, questa volta con un archivio di oltre 1500 immagini che Massimiliano Tommaso Rezza, classe 1967, ha raccolto dal web ‒partendo dai video amatoriali su Youtube ‒ […]
Die andere Seite, “l’altro lato”, titolo preso in prestito dal romanzo di Kubin del 1908, è la quinta project room ospitata in galleria. Il focus è sempre sulla fotografia, questa volta con un archivio di oltre 1500 immagini che Massimiliano Tommaso Rezza, classe 1967, ha raccolto dal web ‒partendo dai video amatoriali su Youtube ‒ e presenta in forma frammentaria tra libri e stampe “Fine art”. Ogni scatto nasce dalla volontà di far emergere le qualità fotogeniche di queste immagini, che le rendono allo stesso tempo attrattive e destabilizzanti per chi le osserva. La curatrice Daniela Cotimbo, dopo Models of display, project room in cui aveva presentato un lavoro di Montecristo project, vede questo lavoro come un avviso sul pericolo della perdita di ogni riferimento critico legato all’immagine.
Questa è la seconda mostra che curi per la project room di Colli Independent, quali sono gli elementi che legano le due mostre, se ce ne sono?
Non credo ci siano elementi comuni se non per i tempi lunghi di sedimentazione. Sicuramente in entrambe le mostre c’è una predominanza di opere fotografiche ma le premesse sono completamente diverse. Massimiliano T. Rezza nasce come fotografo, il suo lavoro consiste in una continua indagine intorno al mezzo fotografico e al potere delle immagini. Non ci sono rimandi o contesti di cui il pubblico dovrebbe essere a conoscenza, tutto si ripiega sull’immagine stessa e la fotografia è il mezzo attraverso cui orientare questa visione.
Il lavoro di Rezza che presenti nasce dall’archivio fotografico e poi si sviluppa con la ricerca di immagini in rete oppure l’iter è stato diverso?
Il lavoro di Massimiliano è l’archivio stesso. Volutamente ci impedisce di trovare appigli nell’identificazione dell’oggetto, ne consegue la perdita di riferimento critico: non ci sorprendiamo nell’ammirare brani appartenenti alla vita privata del Führer ed Eva Braun, totalmente indistinguibili rispetto alle altre fotografie. Rezza inserisce queste immagini-trappola per sottolineare come un certo gusto fotografico sia ormai in grado di assorbire le nostre possibilità critiche. La mostra in galleria presenta l’archivio sotto forma di libri, ogni libro è unico e costituito solo da una parte del progetto complessivo; si è scelto di non mostrare mai tutto l’archivio in maniera organica per impedire al nostro bisogno di attribuire un senso narrativo al flusso di immagini, di alterarne la natura aleatoria e desensibilizzante.
Quali sono le caratteristiche che ti hanno colpito fin da subito nel lavoro di Massimiliano?
Mi interessava sviscerare questo suo rapporto con l’archivio, una mole incredibile di immagini accumulate nel tempo. Quando l’ho conosciuto, due anni fa, non si sapeva ancora come questo materiale avrebbe preso forma, eravamo però d’accordo nel lasciare il più aperto possibile il campo delle possibilità. Valorizzare l’immagine in sé ci interessava meno perché l’avrebbe caricata di significati posticci e contrari alla sua natura.
‒ Chiara Ciolfi
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