La nuova vita dei Bagni Misteriosi a Milano. Parola ad Andrée Ruth Shammah
La regista teatrale e imprenditrice italiana introduce la collettiva di artisti cubani emergenti, che inaugurerà il 12 ottobre a Milano, all’interno della nuova Palazzina dei Bagni Misteriosi. Un percorso nato da un’idea di Marina Nissim, in collaborazione con Galleria Continua e Associazione Pier Lombardo.
La riqualificazione della Palazzina dei Bagni Misteriosi del Teatro Franco Parenti a Milano ha finalmente ricomposto il complesso originario degli Anni Trenta, smembrato e ferito durante e dopo la guerra. Completando dunque, per intero, il recupero della piscina Caimi. Una ristrutturazione che ha implicato la ricerca di otto milioni di euro di fondi per i Bagni Misteriosi e di due milioni per la Palazzina; un’operazione curata dalla Fondazione Pier Lombardo.
Il 12 ottobre inaugura ¿soy Cuba?, all’interno dei centinaia di metri quadrati dell’edificio posto lateralmente, rispetto alla Piscina Caimi. Una mostra nata da un’idea di Marina Nissim, in collaborazione con Galleria Continua e Associazione Pier Lombardo. Marina Nissim è un’imprenditrice milanese, da tempo collezionista di arte contemporanea per la quale nutre un’autentica passione. Il desiderio di portare a Milano alcuni giovani artisti cubani diventa la testimonianza della sua curiosità e desiderio di diffondere il percorso artistico di una gioventù in fermento in un grande Paese che cambia.
Otto sono gli artisti scelti a rappresentare questa nuova rivoluzione: “La ricerca degli otto artisti che compongono la mostra, Alejandro Campins, Elizabet Cerviño, Susana Pilar, Leandro Feal, Osvaldo González, Luis Enrique López-Chàvez, Reynier Leyva Novo e José Yaque, utilizza stili, materiali e linguaggi diversi. Ciò consente di testare un metodo archeologico teso a esplorare tematiche differenti e a far emergere risultati che vanno ben al di là della questione estetica, dando significato all’interrogativo iniziale”, specifica Laura Salas Redondo, curatrice della mostra, annunciando due progetti a latere: “Due visioni di generazioni e regioni geografiche differenti ma molto vicine a Cuba, Carlos Garaicoa e Pascale Marthine Tayou, completano la narrazione, lasciandoci nuove chiavi di lettura di un tema comune”.
Abbiamo intervistato Andrée Ruth Shammah, regista teatrale e imprenditrice italiana, per comprendere come verranno destinati i futuri spazi della Palazzina, una volta terminata l’esposizione ¿soy Cuba?.
L’INTERVISTA
Negli anni passati, a quale scopo veniva adibita La Palazzina e in futuro a quali attività sarà destinata?
L’edificio della Palazzina apparteneva ai vecchi spogliatoi della Piscina Caimi. Oggi gli spogliatoi sono stati spostati, come negli Anni Trenta, lungo la piscina, dove c’erano le cabine, di cui una parte è stata recuperata per il teatro. Abbiamo aspettato di finire lo spazio della Palazzina, per lasciare che la vita della piscina e la sinergia con un nuovo pubblico portato anche al teatro facessero ingresso negli spazi aperti.
Ripeto sempre che il fisico è appannaggio del teatro, perché lì si sta corpo a corpo, mentre la parte meditativa è demandata alla piscina, dove si è in grado di trovare dello spazio per sé. Bisognava trovare il legame, la relazione che mostrasse come una piscina avrebbe potuto entrare in uno spazio come il nostro teatro. Siamo riusciti, con l’appoggio del Gruppo Bolton e di molti amici, a chiudere uno spazio meraviglioso. A questo punto rimaneva solo la Palazzina, una serie di stanze, una dentro l’altra, molto bella, che doveva essere restaurata con il contributo del Ministero, sostegno che ritarda sempre e che forse arriverà il prossimo anno, per finire la sala interrata.
Come vi siete mossi?
Abbiamo cominciato, attraverso l’Art Bonus, a vivere la Palazzina. Ho messo in scena uno spettacolo, Stasera si Può Entrare Fuori, perché ci siamo resi conto che – quando un luogo non è più quello che era ma non è ancora quel che sarà – uno spazio di libertà è restituito alla creatività. Il passaggio di diverse occupazioni aveva ferito quei muri, c’erano scritte, mosaici rotti e caloriferi asportati, ma si sentiva che aveva un’anima. La Palazzina, grazie alla campagna di Filippo Timi, ha avuto anche un sostegno sentimentale da parte degli attori, fra i quali Eva Riccobono, che hanno cominciato a lavorarci all’interno.
In Stasera si Può Entrare Fuori, ogni stanza è stata vissuta da un’attività, perché sentivo che nel futuro sarebbe stata abitata da workshop internazionali, da persone che lì avrebbero creato e avrebbero attraversato questi spazi, per farli conoscere e vivere.
A che punto sono attualmente i lavori di recupero e ripristino della Palazzina?
La mostra su Cuba nasce per far comprendere che la Palazzina non è ancora quel che sarà ma non è più quello che era. L’unica cosa che adesso si è modificata, rispetto alla scorsa estate, sono i tocchi di poesia, perché assieme a Santino Croci abbiamo finto che il luogo avesse una lunga storia. Dunque, ci sono porte che hanno dei timpani e dei resti che sono costruiti per dare una storia ai luoghi. Ora c’è l’agibilità per aprire al pubblico ufficialmente, perché lo spettacolo teatrale di alcuni mesi fa era gratuito solo per chi aveva fatto una donazione, ed era un’operazione “chiusa”.
Come pensate di coprire i costi sostenuti? L’ingresso sarà gratuito e indipendente rispetto ai Bagni Misteriosi?
L’ingresso alla mostra ¿soy Cuba? avrà un biglietto perché il progetto ha avuto un costo. Io non credo alla gratuità. Siamo dei privati, non un ente pubblico che riceve il contributo dei cittadini e che restituisce quello che loro pagano in termini di servizio. Abbiamo un senso profondo della nostra funzione pubblica: offriamo occasioni di sviluppo della curiosità e delle conoscenze individuali, non solo con il teatro, ma anche con l’arte contemporanea, conferenze, concerti e presentazioni di libri. Siamo stati la prima multisala teatrale di Milano e siamo stati pionieri in numerosi momenti, stimolando il tessuto culturale e le altre istituzioni.
All’interno del complesso di Piscina Caimi, perché destinare all’arte proprio la Palazzina?
La Palazzina sarà dedicata agli artisti contemporanei una volta l’anno, perché viviamo del tempo presente e il teatro è l’arte del tempo presente. La Palazzina però non sarà interamente dedicata ad artisti visivi e performativi. Non sarà nemmeno un’area multitask all’interno della quale ogni arte ha una propria definizione. Nella stecca delle cabine attuali, ad esempio, disegnata dall’architetta Elena Martucci, tolte le vele si possono adibire gli spazi ad altre funzioni. Gli attuali spogliatoi sono stati adibiti a mostre e a occasioni legate alla nostra storia, eventi che in quel momento trovano casa, ma non con una funzione specifica. Nella Palazzina ci sarà anche un ristorante con un giardino accanto. Spero che molti laboratori e workshop per bambini, che hanno aderito ai campus, continuino ad avere luogo qui: credo molto nella didattica e nella formazione di nuovi artisti.
Quali iniziative metterete in campo per coinvolgere un’ampia fetta di pubblico?
La Fondazione Cariplo aveva già permesso di svolgere un progetto triennale, coinvolgendo artisti che, attraverso la danza e le arti visive, avevano lavorato nella Palazzina; artisti scelti dal mio assistente alla regia, Fabio Cherstich. Bisogna creare intrecci che riescano a far crescere il pubblico. Sono sicura che coloro che visiteranno la mostra sugli artisti cubani avranno una riduzione sugli spettacoli a teatro, così come si potrà usufruire, al contrario, di una sconto sui biglietti della collettiva mostrando l’abbonamento al teatro. Mi auguro che tra chi è abituato a visitare mostre e chi ad andare a teatro ci sia una sorta di commistione.
Quale alternativa offre la Palazzina rispetto ad altri spazi dedicati all’arte, presenti in zona, da Marselleria a Spazio 22?
Io faccio sempre quel che credo di dover fare e l’identità, la connotazione di un luogo vengono trasmesse dalle persone che vi lavorano all’interno. Non credo che, mettendosi a tavolino, si possano creare strategie di confronto con spazi che offrono programmazioni simili. Io non sono razionale, non utilizzo alcuna logica di marketing. Solo perché siamo quel che facciamo, il nostro lavoro diventa diverso. Noi siamo sempre pronti al dialogo, aperti alle proposte e alle persone con le quali si può avere uno scambio. Le strategie, nella mia esperienza, hanno sempre avuto vita brevissima.
Verrà creato un comitato scientifico per la programmazione oppure sarà uno spazio a disposizione di eventi selezionati all’interno del Teatro Franco Parenti?
La Palazzina e l’intero complesso del Teatro Franco Parenti non devono diventare il luogo delle scelte. Galleria Continua e Marina Nissim avevano ragioni profonde per farci ascoltare la propria proposta espositiva. Se in futuro arriveranno proposte simili, probabilmente le ascolteremo, ma la Palazzina non diventerà mai una galleria d’arte all’improvviso.
Abbiamo costituito un comitato, ad esempio, per festeggiare i quarant’anni del Teatro, quando abbiamo prodotto e sostenuto un festival per le giovani compagnie teatrali. Ma abbiamo una gestione familiare, siamo pochissimi.
Qual è il legame fra la mostra e la programmazione del teatro?
Lo capiremo con il tempo, sono artisti giovani che hanno forza, grinta e voglia di stupire, mi sembra il Parenti agli inizi con Testori. E mi auguro che alcuni di loro possano diventare, per trasposizione, il Testori di oggi.
¿soy Cuba? mostrerà giovani artisti, alcuni mai presentati prima in Italia, attraverso un titolo significativo rispetto al concetto di identità in lotta per la trasformazione.
È divertente: sembra quasi che la Palazzina si promuova a territorio identitario cubano, incarnando e inglobando le opere degli otto artisti. La mostra sarà uno spazio all’interno del quale esiste la forza e il coraggio di dichiararsi apertamente. Un approccio che dovrà rimanere, come un proclama.
Potrebbe esprimere un pensiero, un augurio che accompagni la nuova vita della Palazzina?
Bisogna avere la stessa forza di continuare che ha avuto il teatro quando è nato, anche se quello che noi oggi chiamiamo “Il Buco”, cioè la parte interrata della Palazzina, deve ancora nascere. Mi auguro che non solo gli artisti di Cuba abbiano lunga vita a partire da Milano, ma che il luogo non abbia mai paura di essere definito ‒ in completa controtendenza rispetto a questa società che chiede confini e spiegazioni di tutto ‒, mantenendo sempre la capacità di accogliere quel che può dar vita anche in futuro al teatro.
‒ Ginevra Bria
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