L’interazione tra un robot antropomorfico e Mirai Moriyama seduce per la plasticità con cui l’androide segue i movimenti del danzatore, da lui processati e reinterpretati. Co(AI)xistance è il titolo dell’opera ideata in Giappone da Justine Emard & Mirai Moriyama e presentata a Clouds ⇄Forest, la settima edizione della Biennale di Mosca. Un video significativo che rispecchia il concept della mostra, basato sulle relazioni e i dialoghi esistenti tra le produzioni di giovani artisti, proiettati nei vari “Clouds”, che utilizzano media elettronici e Intelligenza Artificiale, e quelli che ancora vivono nella “Forest” seguendo processi e pratiche tradizionali per la realizzazione delle loro opere. Non sempre la divisione tra le due diverse “tribù”, così denominate dalla curatrice Yuko Hasegawa, sono evidenti, è piuttosto la ricerca della contaminazione tra loro a suggerire quanto la creatività sia in grado di connettere in modo rizomatico linguaggi, generi, narrazioni e culture diverse.
51 gli artisti selezionati da più di 20 Paesi. L’“artista-cosmonauta” Michael Najjar crea immagini in cui scenari terrestri e spaziali si confondono tra loro, come accade nell’opera fotografica Europa in cui i ghiacciai terrestri e la luna di Giove, chiamata Europa, ripresi da vicino mostrano forti similitudini, tanto da non riuscire a distinguerli. La serie Space Garden mostra come in un futuro prossimo le piante potrebbero vivere in una serra orbitante nello spazio contenente più di 100,000 esemplari, in una struttura che ricorda la cupola geodesica di Buckminster Fuller. Si torna sulla Terra con le sofisticate video installazioni di Susan Schuppli, che è parte del gruppo Forensic Architecture, con una mappatura delle sedimentazioni di scorie nucleari, da Fukushima alla centrale di Oklo in Gabon, per sottolineare quanto siano complesse e imprevedibili le conseguenze dell’inquinamento ambientale.
GLI ARTISTI
È la rete planetaria di Internet a interessare la giovane artista Louise Drulhe. Realizza diagrammi, disegni e grafici per comporre The Two Webs, in cui visualizza come le navigazioni siano processate dai motori di ricerca nell’invisibile rete del “cloud”. L’obiettivo è mostrare la doppia cartografia di Internet: quella a noi accessibile e quella che si determina con i dati da noi forniti, processati dagli algoritmi. Melanconici, struggenti e futuribili sono le narrazioni attuate da chatbot che conversano su terrorismo, dress code, cellule staminali e memorie artificiali nella videoinstallazione di Cécile B. Evans, mentre Björk è sempre più “digital” con le sue installazioni con visori 3D. Suggestioni tecno distopiche sono presenti nelle opere video di Ryan Trecartin, Pierre Huyghe, Ilya Fedotov-Fedorov, Ali Kazma, nel collettivo russo Where Dogs Run e in un nutrito gruppo di artisti russi selezionati dalla collezione della Gazprombank.
Rohini Devasher traccia le archeologie del futuro del vulcano giapponese Aso, sulle cui immagini indica la timeline di diverse ere geologiche. In Garden coup Bahar Behbahani riporta invece in superficie con dipinti e installazioni la storia di Donald Wilber, autore americano di numerosi libri di viaggi, architettura e giardini persiani che era in realtà un agente segreto della CIA. Tra gli organizzatori del colpo di stato iraniano, attuato dal governo inglese e americano per destituire il regime democratico di Mohammad Mossadeq, come ha narrato Wilber stesso nel libro Regime Change in Iran: Overthrow of Premier Mossadeq of Iran, November 1952 ‒ August 1953.
LA RUSSIA E L’ARTE CONTEMPORANEA
Visitabile fino a gennaio, la mostra è ospitata in uno dei più importanti musei statali di Mosca, la Nuova Galleria Tret’jakov, che raccoglie capolavori dell’arte russa del XX secolo, da Vasilij Kandinskij a Kazimir Malevič a dipinti del Realismo Socialista. Opere che si possono ammirare nella sale adiacenti alla Biennale. Solo in alcune sale della collezione permanente Yuko Hasegawa è riuscita a installare opere della Biennale, due sculture cinetiche di Hussein Chalayan di fronte a un dipinto cubista di Lyubov Popova del 1915. Una coesistenza emozionante che avrebbe potuto svilupparsi ulteriormente, nel dialogo suggerito dal titolo Clouds ⇄Forest, piuttosto che relegare il contemporaneo in anonime sale bianche. Ma è sbagliato fare queste osservazioni a Hasegawa, che è miracolosamente riuscita a organizzare la mostra in soli otto mesi, soprattutto dopo aver ascoltato lo statement sull’arte contemporanea della direttrice della Nuova Galleria Tret’jakov alla conferenza stampa. Forse l’istituzione non era ancora pronta ad accogliere l’arte contemporanea, oppure è stato un passo importante verso una nuova politica culturale, visto che la scorsa edizione della Biennale era durata solo dieci giorni, in un luogo molto più suggestivo come i padiglioni del V.D.N.Kh, ex spazio espositivo delle Repubbliche sovietiche ora in fase di ristrutturazione per poi diventare l’“isola dei musei”. Forse il sottotesto è un altro: “Clouds” sono gli artisti, i curatori e gli operatori culturali russi che vogliono crescere e sperimentare in modo autonomo (e sono tanti, all’inaugurazione erano presenti più di tremila persone) che però, a differenza di quanto auspica la Hasegawa, non riescono a dialogare pacificamente con “Forest”, i granitici esponenti politici che governano il Paese, come hanno dimostrato le recenti manifestazioni svoltesi in tutta la Russia, e con la “Generazione P”, dove P sta per Putin, formatasi all’estero ma più attenta a ostentare ricchezza che a sostenere la cultura e l’arte contemporanea.
‒ Lorenza Pignatti
Mosca // fino al 18 gennaio 2018
Biennale di Mosca
NUOVA GALLERIA TRET’JAKOV
Krymsky Val 10
http://en.moscowbiennale.com/
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