Il momento dei terzisti. L’editoriale di Fabio Severino
Autonomia e direttori esterni: sta funzionando bene la riforma applicata ai grandi musei statali. Ma che cosa sta succedendo alle realtà più piccole? Ecco qualche spunto per incentivarne lo sviluppo.
![Il momento dei terzisti. L’editoriale di Fabio Severino](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2017/06/Il-Colosseo-1024x584.jpg)
“La maggior parte degli effetti è dovuta a un numero ristretto di cause”, dice la legge di Pareto, l’economista italiano d’inizio secolo. Il grosso (l’80%) viene generato (e beneficiato) da pochi (il 20%). La stessa legge la possiamo applicare ai musei italiani. Sono pochi (e famosi) quelli che generano ricchezza, la maggior parte languono nell’anonimato. Colosseo, Uffizi, Castel Sant’Angelo, Borghese, Pompei: i più celebri musei e monumenti statali generano il grosso dei visitatori e dei conseguenti ricavi. Sei superano il milione di visitatori l’anno, altri quattro i 500mila. Non a caso sono principalmente i cosiddetti Poli e quelli recentemente dotati di autonomia gestionale e del direttore nominato con concorso aperto agli esterni. E quell’80% (parliamo di oltre 350 istituzioni) che, “poverini”, sembrano campare a stento? Poco pubblico, esigui ricavi. Da anni parlo dell’autonomia di gestione come chiave di rilancio delle istituzioni culturali.
“Per i tanti piccoli musei statali, l’autonomia così come pensata per le grandi realtà non è risolutiva. Il passo ulteriore è l’affidamento della gestione a terzi”.
Autonomia significa identità; identità significa scelte, scommesse, possibili vittorie. Come sta dimostrando la riforma sui direttori. Per i tanti piccoli musei statali, però, l’autonomia così come pensata per le grandi realtà non è risolutiva. Il passo ulteriore è l’affidamento della gestione a terzi. Questi possono essere privati ma anche pubblici o non profit. Una fondazione come il Fai, un ente locale, un comune o una regione che magari, attraverso economie di scala di messa a rete, riesce a gestire virtuosamente anche una realtà statale. Il principio è far fare a chi ha idee ed energie. Una formula potrebbe essere anche quella del project financing. Un terzo mette risorse per ristrutturare o realizzare servizi a cui il proprietario non può far fronte e guadagna il diritto di utilizzo per un periodo di tempo economicamente proporzionato. Non penso a esternalizzazioni chiavi in mano. Le trovo rischiose e forse snaturanti (nel caso della cultura), ma a “deleghe” alla francese. Ben più di concessioni. Ti affido l’utilizzo di un pezzo o di un’attività o di un servizio. Io proprietario controllo e gestisco l’attività istituzionale. L’equilibrio tra le parti deve essere win-win: il proprietario ottiene qualcosa che non avrebbe o che non sa fare, il terzista realizza un servizio efficiente e profittevole.
‒ Fabio Severino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #39
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