Enrico Baj – L’arte è libertà

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE MARCONI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Via Tadino 15 - 20124, Milano, Italia
Date
Dal al

martedì - sabato 10-13, 15-19 (chiuso il 7 e 8 dicembre e dal 23 dicembre all’8 gennaio)

Vernissage
07/11/2017

ore 18

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Enrico Baj
Uffici stampa
CRISTINA PARISET
Generi
personale, arte moderna
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A conclusione del programma espositivo 2017 la Fondazione Marconi presenta una mostra dedicata a Enrico Baj, figura di primo piano nel panorama artistico contemporaneo.

Comunicato stampa

“In un momento come l’attuale dove assistiamo
all’esplodere di una minaccia che nega ogni umorismo,
la grande opera di Baj, insieme ai ‘Funerali dell’anarchico Pinelli’,
costituisce una sicura esortazione a prendere
di petto gli errori e le pecche dell’umanità.”
(Gillo Dorfles, “Corriere della Sera”, 30 ottobre 2001)

Enrico Baj

Inaugurazione: 7 novembre dalle ore 18,00
Dall’8 novembre 2017 al 27 gennaio 2018

A conclusione del programma espositivo 2017 la Fondazione Marconi presenta una mostra dedicata a Enrico Baj, figura di primo piano nel panorama artistico contemporaneo.
Erede dello spirito surreal-dadaista e sperimentatore di inedite tecniche e soluzioni stilistiche, Enrico Baj promuove nel 1951, assieme a Sergio Dangelo, il Movimento Nucleare. Nel 1953 conosce Asger Jorn con il quale fonda il Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista, schierandosi contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte.
A partire dagli anni Cinquanta è presente sulla scena internazionale e, in particolare, espone regolarmente a Parigi. Fa il suo debutto negli Stati Uniti dove espone nel 1960 e dal 1967 inizia a collaborare con lo Studio Marconi. In Francia André Breton lo invita a esporre con i surrealisti e nel 1963 gli dedica un saggio pubblicato sulla rivista “L’oeil” di Rosamond e George Bernier.
Artista geniale nell’utilizzo della tecnica del collage, che per lui ha origini letterarie, ne fa uso alla maniera di Alfred Jarry che “era solito nella redazione dei suoi testi, introdurre frammenti di altri scritti, che venivano fatti funzionare in un contesto differente da quello per il quale erano stati scritti.”
Cifra distintiva della sua produzione sono le Dame e i Generali, personaggi nati dalla sua fantasia per introdurre una critica politica neanche tanto celata che risulta evidente quando inizia a realizzare i Comizi e le Parate militari.
Assiduo frequentatore dello Studio Marconi Enrico Baj è stato uno degli artisti più rappresentati e amati da Giorgio Marconi, suo amico e gallerista.
La mostra che questa volta la Fondazione Marconi gli dedica, organizzata in collaborazione con l’Archivio Baj di Vergiate, ha un taglio decisamente politico e pone l’accento sull’intento di denuncia sociale dell’artista milanese contro ogni forma di potere e sopraffazione.
Il percorso espositivo segue un ordine più tematico che cronologico. Dai primi meccano degli anni Sessanta si passa a una selezione di famosi Generali e alla Parata a 6 (1964), mentre nell’ultima sala al pianoterra campeggia l’opera monumentale dal titolo: I funerali dell’anarchico Pinelli (1972).
L’installazione, lunga dodici metri e alta più di sei, frutto di tre anni di lavoro, è ispirata alla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla finestra della Questura di Milano, dove si trovava in quanto sospettato di aver preso parte alla strage di Piazza Fontana. L’importante fatto di cronaca ebbe luogo a Milano il 15 dicembre 1969 e, ancora vivo nella memoria nazionale, rimane tuttora uno dei tanti enigmi irrisolti di quel tormentato periodo.

“Mi si reclamava insomma una rappresentazione e rappresentazione ho fatto, affinché testimonianza resti del fatto, di lui, delle violenze subite, del dolore di Licia, di Claudia e di Silvia.” (Enrico Baj, 1972)

“Più che dei suoi funerali,” precisa Baj parlando dell’opera nella sua Automitobiografia, “si trattava di lui stesso, dell’anarchico che precipitava al suolo su un ipotetico selciato, antistante una non tanto ipotetica questura. Sullo sfondo un gruppo di anarchici, a sinistra, e un gruppo di poliziotti, sulla destra dell’opera, si affrontavano: i poliziotti imbracciavano manganelli e fucili e caricavano il corteo degli anarchici…”
Ispirata in parte ai Funerali dell’anarchico Galli di Carrà, in parte a Guernica di Picasso da cui Baj riprende alcune figure rivisitando in chiave grottesca personaggi reali, l’installazione era ed è tuttora un’opera emblematica, di coraggiosa denuncia civile in un momento in cui gli artisti solitamente sceglievano temi meno compromettenti.
L’opera doveva essere esposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale nel maggio 1972 ma il giorno stesso dell’inaugurazione fu ucciso il Commissario Luigi Calabresi e la mostra fu rinviata.
Passarono 50 anni prima che fosse esposta nuovamente a Milano in quella stessa sede.
Evidentemente qui non si tratta solo di un dramma privato. Baj racconta anche di una Milano difficile, e di un paese intero, segnati dalla delusione dopo la ricostruzione del dopoguerra, dalla violenza e dalle stragi di Stato.
Al primo piano alcuni teli dal ciclo dell’Apocalisse creano una continuità con i Funerali dell’anarchico Pinelli che non è solo visiva. Concepita da Baj come un’opera composita, quasi come un puzzle aperto a struttura variabile, conserva molti riferimenti di comunicazione culturale con Picasso, Arp, Pollock, Seurat e altri ancora. Nata dopo l’esperienza della pittura nucleare, prende le mosse dagli Otto peccati capitali della nostra civiltà di Konrad Lorenz e rappresenta lo specchio di un mondo in degrado, “la rivelazione del male etico ed estetico della nostra società” (Gillo Dorfles 2001).
Il percorso si conclude al secondo piano con una selezione di opere del periodo nucleare (tra cui Due personaggi notturni e Piccolo bambino con i suoi giochi del 1952), tema particolarmente caro a Baj sin dagli esordi, perché “non si può rimanere indifferenti alla bomba atomica, percepita come mostruosità e contrabbandata come futura fonte di energia”.
Dal pericolo nucleare a quello del militarismo, dagli abusi del potere ai molti mali della contemporaneità, si passano così in rassegna tutte le grandi paure del nostro tempo, alcune delle quali tristemente attuali. Del resto, la parola “baj”, amava ricordare l’artista, in polacco significa “cantastorie”.
Non è un caso se il percorso espositivo si apre con l’opera Personaggio urlante (1964), recentemente esposta al Cobra Museum di Amstelveen (Paesi Bassi). L’arte di Baj infatti racconta e denuncia.
È un urlo di protesta che fa riflettere e che – come suggerisce Gillo Dorfles – esorta “a prendere di petto gli errori e le pecche dell’umanità”.
Come di consueto, la mostra continua allo Studio Marconi ’65 con una selezione di opere grafiche.

Note biografiche
Enrico Baj nasce a Milano nel 1924 e, dopo gli studi all’Accademia di Brera, si impone come uno dei principali protagonisti dell’avanguardia italiana. Dopo la prima personale alla Galleria San Fedele di Milano nel 1951, fonda con Sergio Dangelo il Movimento di Pittura Nucleare.
Erede dello spirito surreal-dadaista, sperimentatore di tecniche e soluzioni stilistiche inedite, realizza collages e assemblages polimaterici avvalendosi dei materiali più diversi, come stoffe, tappezzerie e fodere di materassi, medaglie e frammenti metallici, specchi e vetri colorati.
Fa il suo debutto a New York nel 1960 nell’ambito della mostra Surrealist Intrusion in the Enchanters’ Domain, organizzata da Marcel Duchamp e André Breton alle D’Arcy Galleries.
L’anno seguente, sue opere vengono incluse nella storica mostra allestita al MoMa di New York, a cura di William Seitz, Art of Assemblage (1961). Nel 1964 gli viene dedicata una sala alla 22a Biennale di Venezia.
A partire dal 1967 espone regolarmente allo Studio Marconi, e negli anni Settanta ha le prime importanti retrospettive (Palazzo Reale, Milano; Museum Boijmans van Beuningen, Rotterdam; Palais des Beaux-Arts, Bruxelles). Nel 1971 hanno luogo tre importanti mostre a Palazzo Grassi, Venezia; al Museum of Contemporary Art, Chicago e al Musée de l’Athénée, Ginevra.
Dopo la morte dell’artista, avvenuta il 16 giugno 2003, una grande retrospettiva coinvolge diverse sedi milanesi (Spazio Oberdan, Accademia di Belle Arti di Brera, Galleria Giò Marconi, Fondazione Mudima).
Tra le mostre più recenti figurano, tra le altre, quella al Palazzo delle Esposizioni, Roma (2001-2002); alla Fondazione Marconi, Milano (2008, 2009, 2013); a Palazzo Reale, Milano (2012); alla 55a Biennale di Venezia e alla Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano (2013); alla Galleria Giò Marconi, Milano (2015); al Museo Archeologico Regionale, Aosta e alla Luxembourg & Dayan Gallery, New York, (2016); al Cobra Museum, Amstelveen, Paesi Bassi (2017).
Opere di Enrico Baj hanno fatto parte di prestigiose mostre collettive: Italia Pop. L’arte negli anni del boom, Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, Parma; Artisti e divi. Il racconto dell’arte negli anni del boom, Museo del Novecento, Milano; Cobra: una grande avanguardia europea (1948-1951) e Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, Roma, (2016); Post War: Art Between the Pacific and the Atlantic, 1945-1965, Haus der Kunst, Monaco di Baviera, (2016-2017).