Inaugura il Louvre Abu Dhabi. Luci e ombre sul museo più discusso degli ultimi anni
Dopo un’attesa lunga dieci anni, aprirà al pubblico il prossimo 11 novembre il Louvre Abu Dhabi, progettato dall’archistar francese Jean Nouvel. Siamo andati a visitarlo in anteprima ed ecco cosa ne pensiamo.
Un nuovo Louvre sulla Terra. Sembra quasi incredibile da pensare ma, da questo momento in poi, ogni volta che si farà riferimento a quella che storicamente viene considerata la più importante istituzione museale del mondo, si dovrà considerare anche Abu Dhabi. Sì, perché gli Emirati, che hanno finanziato questa colossale operazione, non hanno nessuna intenzione di essere considerati una piccola succursale di provincia rispetto alla capitale, ma hanno tutto l’interesse a dire la propria. Lo chiarisce subito Mohamed Khalifa Al Mubarak, capo del Dipartimento di Cultura e Turismo di Abu Dhabi, che apre la conferenza stampa definendo il Louvre Abu Dhabi un museo mondiale e sottolinea più volte l’idea che il nuovo museo sia un regalo di Abu Dhabi al mondo. Solo un’operazione di marketing, dunque? In parte sì, ma con alcune variabili interessanti.
IL PROGETTO CULTURALE
Il museo sorge sull’isola di Saadiyat, il cui paesaggio oggi è dominato dalle gru, ma che era completamente deserta fino a 10 anni fa. Questo è il luogo deputato per lo sviluppo del Saadiyat Cultural District, un quartiere tutto dedicato all’arte e alla cultura. Qui sorgeranno lo Zayed National Museum progettato da Norman Foster, un museo marittimo disegnato da Tadao Ando, il Guggenheim Abu Dhabi di Frank Gehry e il Performing Arts Centre di Zaha Hadid.
Un investimento economico notevole, che Abu Dhabi sta affrontando nella volontà di diventare uno dei più importanti poli culturali del pianeta e, mentre la vicina Dubai deve la sua fama alla costruzione bulimica di resort e grattacieli sempre più alti, Abu Dhabi punta sulle partnership internazionali in campo culturale per costruire la sua nuova identità. E, naturalmente, sull’edilizia museale.
IL MUSEO
“Quando ho visitato in elicottero per la prima volta la zona nel 2006 appena ricevuto l’incarico”, racconta Jean Nouvel, “l’isola era completamente deserta e apparentemente inospitale. Nonostante ciò, sapevo di voler costruire qualcosa che fosse completamente inserito in quel territorio. Sono, infatti, un architetto contestuale e non posso immaginare un’architettura che non sia profondamente legata al luogo in cui sorge”. Nouvel ha scelto di progettare il suo museo su una scala longitudinale insolita per gli Emirati, che invece hanno sempre puntato sullo sviluppo in verticale. 87mila metri quadri suddivisi in 55 edifici bianchi che, per via della struttura tentacolare, ricordano la medina, il quartiere caratteristico di molte città del Nord Africa. Il bianco, la luce filtrata, le aperture modulate e l’acqua sono gli elementi utilizzati da Nouvel per dare carattere alla sua opera. La struttura è sormontata da una cupola, altro elemento cardine dell’architettura araba, che ha la funzione di filtrare la luce e modulare il caldo torrido della regione.
La vera sfida di Nouvel è stata quella di rendere il museo ospitale e attraente per i turisti, cercando di superare le difficoltà oggettive rappresentate dal clima. La risposta è stata la scelta di costruire il Louvre Abu Dhabi sul mare, non solamente per rispondere a un’esigenza scenografica ma anche per una funzione pratica. Ricreare cioè un micro-clima che permettesse di passeggiare piacevolmente negli spazi all’aperto del museo protetti dal sole, godendo di una sorprendente frescura senza ricorrere all’aria condizionata. Il bianco e la luce naturale che ritornano anche nelle gallerie interne, aperte, ampie, con aperture che filtrano la luce irradiandola nello spazio.
Jean Nouvel ha voluto inserire le opere di due artisti internazionali in dialogo con la sua architettura. La scelta è ricaduta da un lato su Germination (2017), un’installazione di Giuseppe Penone sulle interconnessioni tra uomo, natura e arte, che in verità un po’ si perde all’interno della maestosità dello spazio in cui è collocato; e dall’altro su uno splendido bassorilievo in calcare realizzato da Jenny Holzer, For Louvre Abu Dhabi (2017), che celebra la storia del dialogo interculturale a partire da tre testi antichi risalenti agli Assiri e ai Sumeri.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
“La collezione del museo conta 620 opere”, racconta Manuel Rabatè, direttore del Louvre Abu Dhabi, “di cui 300 sono prestiti provenienti da musei francesi e la parte rimanente della collezione del Louvre Abu Dhabi”. Il percorso espositivo è diviso in quattro macro-aree: età antica, età medievale, età moderna, globalizzazione. Le opere sono disposte in 23 sale costruite cronologicamente per raccontare l’evoluzione della storia dell’uomo: dalle origini della specie fino alla globalizzazione. Si passa attraverso le sale dedicate all’impero romano per approdare alla sezione consacrata alle religioni universali: cristianesimo, buddismo, islamismo, rappresentate senza grandi differenze gerarchiche, ma in un’ottica di vicinanza e unione spirituale e culturale che sorprende il visitatore poco esperto di cultura araba. E che questo sia un punto nodale lo si è capito anche in conferenza stampa, quando Jean Luc Martinez, presidente del Louvre, ha più volte ribadito che questo museo rappresenta un ponte per il dialogo tra Occidente e Oriente, una modalità per far capire alle persone che in realtà esistono dei valori condivisi che partono proprio dall’arte e dalla cultura. Il riferimento, neanche troppo velato, è a tutti coloro che in patria hanno avanzato critiche nei confronti del museo alla luce dei recenti attacchi terroristici che hanno colpito la Francia.
E se la prima parte del percorso espositivo si tiene sull’equilibrio delle parti, è nella seconda parte che la Francia gioca a rivelare la sua grandeur. Lo snodo è rappresentato non a caso da un’opera di Leonardo da Vinci, La belle Ferronnière, centro esatto del percorso espositivo e contraltare perfetto rispetto a La Gioconda del Louvre parigino. Il baricentro vero è spostato più in avanti, sull’enorme ritratto di Napoleone Bonaparte, magistralmente dipinto da Jacques Louis David che ricorda, tutt’altro che velatamente, la “grandeur” francese e la superiorità della Francia, se non economica, almeno culturale. È il punto su cui si basa l’intero discorso del presidente del Louvre, che ribadisce in almeno due occasioni che “la Francia è stata scelta dagli Emirati come partner culturale perché è la capitale dell’arte”. “Non è una questione di storia o di immagine”, sottolinea Jean Luc Martinez, “ma è un fatto incontestabile: la Francia è il Paese più visitato del pianeta e il Louvre è il primo museo al mondo, non solo perché è il più antico, ma anche per il maggior numero di capolavori presenti nella sua collezione”.
L’ultima parte del percorso espositivo è dedicata all’arte contemporanea con opere che arrivano da 13 musei francesi, in primis il Centre Pompidou, riuniti nell’Agence France-Muséums, organismo creato per sostenere il Louvre Abu Dhabi, prestando opere, personale specializzato ed esperti museali, ma di fatto indicando e gestendo la politica culturale dell’istituzione per gli anni a venire. E che il museo voglia essere al passo con i tempi e non solo un luogo che racconta il passato lo si comprende nell’ultima sala con la Fontana di Luce di Ai WeiWei, un’opera datata 2016 che doppia il Monumento alla Terza internazionale di Tatlin.
I TERMINI DELL’ACCORDO
Il Louvre Abu Dhabi nasce da un accordo internazionale tra il governo di Abu Dhabi e la Francia siglato nel 2007. In base a questo accordo, il museo di Abu Dhabi potrà utilizzare il nome Louvre per 30 anni e 6 mesi. La Francia garantisce un prestito costante di opere attraverso l’Agence France-Muséums, l’istituzione che riunisce i 13 maggiori musei francesi coinvolti nella partnership con gli Emirati. Si impegna, inoltre, a fornire curatori, conservatori ed esperti in ambito museale e a formare il personale. Infine, garantisce l’organizzazione di quattro mostre all’anno per 15 anni organizzate a rotazione dai musei francesi.
L’impegno maggiore è però finalizzato alla creazione di una collezione permanente e nel mettere in condizione il museo in meno di due decenni di autogestirsi. Bocche cucite invece sull’accordo economico e su quale sia la cifra reale che arriverà nelle casse francesi alla fine della cooperazione.
LA RISPOSTA ALLE POLEMICHE
La costruzione del Louvre Abu Dhabi è durata quasi dieci anni con un impiego di oltre 5.000 operai. Una delle maggiori polemiche che ha coinvolto l’opinione pubblica non solo francese ha riguardato proprio le condizioni di lavoro degli operai coinvolti nel progetto, dopo la pubblicazione di un rapporto di Human Rights Watch, organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, che ha denunciato lo sfruttamento e le condizioni al limite dello schiavismo dei lavoratori in un Paese in cui non esiste nessuna forma di tutela.
Manuel Rabaté, direttore del Louvre Abu Dhabi, ha precisato in conferenza stampa – in verità con poca convinzione – che sono stati rispettati tutti gli standard occidentali nell’impiego dei lavoratori e ha inoltre ribadito come il museo voglia essere fonte di sviluppo per l’intero territorio. “Per questo la maggior parte dei lavoratori del museo”, conclude Rabatè, “è locale ed è tutto personale che è stato formato durante questi dieci anni per essere alla pari con gli standard dei più grandi musei internazionali”. Come direttore aggiunto è stata scelta una donna emirina, la 32enne Hissa Al Dhaheri, curatrice sofisticata ed elegantissima, che rappresenta forse l’immagine simbolica più forte di questo museo, che punta a diventare il più importante museo del mondo arabo e ad avere un ruolo che conta nello scacchiere del sistema dell’arte internazionale.
– Mariacristina Ferraioli
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