Le nostre lievi agitazioni. Intervista a Gelitin

Tre enormi interventi installativi segnano l’ingresso dei Gelitin in Fondazione Prada. Il collettivo austriaco viene inglobato e solidificato all’interno degli spazi della Cisterna, in largo Isarco. Durante la preview, abbiamo intervistato un componente del gruppo, riconnettendo il loro famoso Arco di Trionfo con un igloo verticale e la spirale di un teatro dell’assurdo.

Il titolo è Pokalypsea-Apokalypse-Okalypseap, il luogo è la Cisterna, sul fondo del secondo cortile di Fondazione Prada. All’interno dei soffitti sterminati, la follia sembra avere un’assonanza, anche una sola opportunità di trovare eco, di fare rima, con il linguaggio più astratto della quotidianità, con il suo termine ideale: geometria. Una spirale, un arco e un vertiginoso cilindro verticale sospendono nell’aria le formule matematiche che sorreggono tre enormi sculture e che denudano, con scherno, le regole dell’impossibilità.
Dopo gli interventi di Tobias Putrih e Pamela Rosenkranz, per Slight Agitation, un progetto costituito da quattro commissioni site specific, arriva un gruppo di artisti.
È come se, una volta entrati qui, tutto fosse cominciato da zero, in maniera inaspettata”, commenta e ricorda Tobias Urban, mentre gli altri componenti del collettivo austriaco Gelitin (Wolfgang Gantner, Ali Janka e Florian Reither) si stanno mettendo in posa, vestiti, a emulare l’enorme uomo in erezione, con i calzini e piegato ad arco, che – allestito sontuosamente alle loro spalle ‒ ha più volte segnato molti dei loro interventi in pubblico.
Non abbiamo mai esposto con esattezza questi stessi lavori ed è come se il luogo li avesse, a sua volta, nuovamente costituiti. Quando abbiamo realizzato per la prima volta Arc de Triomphe (2003-17), è stato in uno spazio pubblico, e si è verificata una situazione davvero complessa da gestire. In un certo senso lo abbiamo provato ovunque e da nessuna parte e non potevamo sapere, da principio, se sarebbe esistito e come. Sapevamo solamente che uno di noi era in grado di realizzare, fisicamente, la posizione di quest’uomo e che la sua trasposizione nello spazio qui, nella Cisterna, sarebbe stata perfetta. A partire da questo posizionamento, che era quel che effettivamente conoscevamo come certo, e che abbiamo voluto porre centralmente, ci siamo mossi per creare la nostra Slight Agitation. Arc de Triomphe è il lavoro che avrebbe dovuto fornire una chiave di lettura importante agli altri due spazi concomitanti, così abbiamo dovuto comprendere come muoverci e quali connessioni creare fra i tre, relativi, lavori.

Gelitin, Iglu, 2017. Installation view at Fondazione Prada, Milano 2017. Photo Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada

Gelitin, Iglu, 2017. Installation view at Fondazione Prada, Milano 2017. Photo Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada

PERFORMANCE E GESTO

Nel 2001 i Gelitin rappresentano l’Austria alla 49esima Biennale di Venezia e partecipano alla mostra internazionale nelle edizioni del 2007, 2009 e nel 2011 con l’opera Some Like It Hot nel Gelatin Pavilion della 54esima Biennale Arte curata da Bice Curiger. Le mostre personali e performance più recenti includono New York Golem alla Galleria Greene Naftali di New York, Gelatin Gelitin Gelintin alla Galerie Perrotin di Hong Kong, The Guild of Giving in occasione di Manifesta 11 al Cabaret Voltaire di Zurigo, Karaoke Machine al Donaufestival di Krems in Austria, Schlupfloch Düssilismus e Gelatin und die Deutschen Riesen al Künstlerverein Malkasten di Düsseldorf in Germania.
Ma quel che è stato importante per noi, qui in Fondazione Prada, è stato ricreare un ambiente performativo che potesse solidificare un gesto, un legame che si connettesse direttamente alla performance. La domanda che ci siamo posti è: qual è la prova, l’interpretazione che tutti vorrebbero, o avrebbero voluto fare e che solamente in pochi hanno la possibilità di realizzare? Così abbiamo pensato di catturare gesti comuni, piccoli, come lo sputare, oppure come fissarne le tracce, sotto forma di fumo, di un fumatore. Abbiamo cercato di fermare un’azione, intrappolata all’interno della struttura a spirale in legno, pira che dall’esterno assume la configurazione di un anfiteatro romano in verticale e che abbiamo realizzato a partire da componenti estratti da altri arredi. È solo un’idea semplice, che ci è venuta per creare un palcoscenico ascendente, che potesse avvicinare il pubblico, il più possibile, al performer. Una sorta di rampa che provasse a interpretare l’idea di scultura infinita, di non-finitezza di Brancusi, sempre presente nel retro dei nostri pensieri. La maggior parte degli arredi provengono da case che abbiamo dismesso o fatto dis-assemblare e questa è una struttura che abbiamo già esposto a una mostra sull’architettura.

Gelitin, Fumami, 2017. Installation view at Fondazione Prada, Milano 2017. Photo Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada

Gelitin, Fumami, 2017. Installation view at Fondazione Prada, Milano 2017. Photo Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada

IL COINVOLGIMENTO DEL PUBBLICO

I visitatori, nell’enorme sala a destra, rispetto all’Arc de Triomphe, non solo possono entrare all’interno della scultura e sedersi sugli spalti, ma sono invitati a fumare una sigaretta al centro dell’installazione. Chi decide di condividere questa azione banale con gli altri spettatori presenti diventa protagonista di una breve performance effimera che, secondo i Gelitin, si colloca a metà strada fra il Teatro dell’assurdo di Samuel Beckett e un’esibizione al karaoke.
Quando noi costruiamo, eseguiamo sempre calcoli approssimativi, non abbiamo mai piani architettonici dettagliati, ma riformuliamo strutture a sentimento. Seguendo strettamente il nostro impulso primario di costruire una casa, nel mezzo del nulla. Si cerca un punto sul terreno, si scava un buco e poi ci si domanda come posizionare le fondamenta. Improvvisazione. E poi, una volta creata una piattaforma, si deve cercare di comprendere come attraversare il vuoto che la definisce. Riteniamo che l’umanità sia in agitazione e che sia impossibile contenerla attraverso mere strutture architettoniche. Pensando a un’eschimese, oppure a una comunità di eschimesi che possano abitare il nostro igloo, siamo convinti che sarebbe difficile poter rimanere stretti, con le braccia lungo il corpo, gli uni sugli altri, dando vita a un altro senso di dimorare, o di abitare questa terra. Al limite tra il sogno e la sua possibilità che si verifichi nel mondo.
Negli spazi segregati della Cisterna, l’ambiente di sinistra, rispetto ad Arc de Triomphe, accoglie una scultura verticale, come uno shuttle vero e proprio, un totem costituito da blocchi di polistirolo bianchissimi che restituiscono forma a tipiche costruzioni degli Inuit, a un obelisco monumentale o ancora un sigaro disposto, perpendicolarmente, su un grande tavolo. E, assieme, a nessuno di questi oggetti.

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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