Il silenzio è d’oro. Alla scoperta di Milano con Ferruccio Ascari
Un percorso da fare a piedi o in bicicletta, tre luoghi di culto straordinari per valore storico e artistico. E otto opere per riscoprire angoli preziosi nel cuore della città.
Da bambino Ferruccio Ascari (1949) cadde in un recipiente colmo di acqua bollente, e le gravi scottature riportate ovunque sul corpo lo fecero stare sospeso tra la vita e la morte per diversi giorni. Non è assurdo supporre che questo trovarsi a metà, appeso alla precarietà dell’esistenza, abbia segnato il cammino esistenziale e creativo dell’artista in modo decisivo. Uomo colto e riservato, generoso nella conversazione, Ascari vive e lavora a Milano. Qui, a partire dagli Anni Settanta, ha dato vita a numerosi progetti artistici all’insegna della contaminazione fra arti visive, musica, danza e performance, con un’apertura dialettica e sperimentale nei confronti dei diversi linguaggi dell’arte. Tra molto altro, sua è l’ideazione di arteyoga, un percorso in cui tecniche meditative dello yoga ed espressione creativa si fondono, per giungere a una conoscenza più profonda dello spazio interiore e delle potenzialità individuali.
BRERA PER POCHI
In Silenzio percorriamo insieme Milano, partendo dal Chiostro piccolo di San Simpliciano, attiguo alla Facoltà di Teologia, dove è collocata Luogo presunto, una coreografia immobile in filo di ferro e garza, monumento alla precarietà e al sogno. Se il suono non può rimbalzare su gambe tanto esili, rimane il silenzio. “Qui la garza si trasforma in rete metallica non solo per una ragione di carattere logistico”, spiega Ascari, “l’installazione in questo luogo è infatti esposta alle intemperie, ma anche perché lo spazio in cui l’opera è collocata mi fornisce sempre nuovi spunti per variazioni su di un tema”.
SACRO SINCRETICO
La seconda tappa è la seminascosta chiesa di San Raffaele, quasi dirimpetto allo Straf Bar e inghiottita tra gli strapiombi architettonici e acustici del centro, dove trovano riparo Silenzio, una sorta di sindone minimale, con scritta ricamata in oro e sospesa sulla navata centrale; Amen, trittico pittorico che sintetizza, come un’ibrida professione di fede, iconostasi orientale, affresco duecentesco e arte bizantina; e Logos, ovvero il Verbo con cui apre il Vangelo di Giovanni, un uovo d’oro collocato nel grembo più sacro e inaccessibile della chiesa: il ciborio. Uovo come simbolo di vita e di cosmogonia, ma anche dislocato riferimento a Piero della Francesca.
TRILOGIE
Il tragitto termina e culmina al santuario di San Bernardino alle Ossa, dove il vestibolo del celebre Ossario rivestito di teschi ospita tre traforati Ex-Voto (“tre piccole opere che stabiliscono un rapporto di continuità con il luogo”) e il video Rumore, interpretato da artista e curatrici (Daniela Cristadoro e Matilde Scaramellini), in cui un enigmatico personaggio a piedi nudi, di cui non vediamo mai il volto, percorre il tragitto dall’uno all’altro dei tre luoghi in cui si snoda la mostra. Per poi abbandonare la terra e dissolversi nel nulla.
‒ Margherita Zanoletti
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