Fra politica e margine. Luca Vitone a Milano
A cura di Luca Lo Pinto e Diego Sileo la mostra Io, Luca Vitone ripercorre i trent’anni di produzione dell’artista genovese. Il pronome “io”, indice di immediatezza, ci rimanda alle quattro carte incorniciate con acquerello di polvere provenienti da altrettante istituzioni del potere tedesco: il Parlamento federale di Berlino, la Banca centrale federale di Francoforte, […]
A cura di Luca Lo Pinto e Diego Sileo la mostra Io, Luca Vitone ripercorre i trent’anni di produzione dell’artista genovese. Il pronome “io”, indice di immediatezza, ci rimanda alle quattro carte incorniciate con acquerello di polvere provenienti da altrettante istituzioni del potere tedesco: il Parlamento federale di Berlino, la Banca centrale federale di Francoforte, la Corte suprema federale di Karlsruhe e il Pergamonmuseum. Se da lontano appaiono come umbratili acquerelli, sono annunciate da Stanze (PAC, Milano), opera estesa a tutte le pareti del padiglione, impregnate della polvere ivi raccolta.
Il pulviscolo che sporca le pareti del PAC rende visibile qualcosa di marginale ma che racconta tuttavia la sua storia. Uno dei fili conduttori della ricerca di Luca Vitone (Genova, 1964) è il focus sulla marginalità: altra opera “ambientale” è Padiglione d’Arte Contemporanea, in cui linee spesse demarcano a terra ogni aggetto dei muri del museo, riportandone la misura in centimetri.
Disegnare i limiti dell’ambiente è decontestualizzarlo, privarlo di accezioni politiche e sociali, ma è su queste che Vitone torna a porre l’accento, stavolta per creare una nuova coscienza collettiva.
MEMORIA E DISORIENTAMENTI
In Souvenir d’Italie (Fondamenti della Seconda Repubblica) sono riportati i nomi dei membri della Loggia massonica P2, molti dei quali occupano importanti cariche politiche, mentre una stele in marmo con il suo simbolo evidenzia, come un monumento, l’episodio storico velocemente marginalizzato nella memoria. Vitone recupera tutto ciò che c’è al lato di uno spazio (e che ne crea l’intangibile identità): l’odore di un luogo nell’opera Imperium ‒ che riproduce la sensazione olfattiva del potere; il tessuto multiculturale di Milano in Wide City (1998), al Museo del Novecento, in cui 180 fotografie testimoniano la ricerca condotta anni fa dall’artista che aveva mappato, in una cartina, i luoghi di rilievo delle minoranze etniche milanesi. Del disorientamento parla l’installazione Il centro comunica la perdita (1988) esposta nei Chiostri di Sant’Eustorgio, che con un filo tirato a piombo segna il centro (vuoto) di un cerchio realizzato con cartine geografiche.
RICERCARE LA MARGINALITÀ
Il margine è da intendersi anche come lo spazio interstiziale del ricordo nell’installazione Ultimo viaggio (2005), in cui Vitone ricostruisce lo scenario di una sua vacanza: monumento di una storia privata che diviene condivisibile grazie alla presenza che assume. Qui ogni oggetto rievoca l’attraversamento del deserto dell’Iran e il suo imprevisto, ma l’auto in panne, i souvenir e le fotografie entrano nella sfera della collettività quando premoniscono la rivoluzione khomeinista che avrebbe chiuso quella tratta al turismo.
È in questa ricerca della marginalità e delle cose a latere che caratterizzano un luogo che Vitone esprime la sua attitudine politica, dove esplorare uno spazio significa creare un ambiente o perlomeno vivere coscientemente in esso.
– Martina Lolli
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