Ikea per il 25 novembre. Una campagna intelligente nella Giornata contro la violenza sulle donne
Come fare bene marketing sociale, rafforzando l’identità di un marchio sensibile a certi temi e trasferendo un messaggio delicato in modo originale. Novembre è stato anche per Ikea il mese della donna. E sabato 25 è il giorno in cui culmina quest’ultima campagna, #PerUnaGiustaCasa, costruita insieme a Telefono Donna.
Lei si aggira per lo store, tra elementi d’arredo e ambienti domestici. Sul viso una specie di terrore, e al posto del solito relax, quello di un qualunque pomeriggio di shopping, c’è l’ansia di una passeggiata forzata, nervosa. Si tratta di scegliere una camera da letto nuova. Ma gli oggetti raccontano altro, i gesti tradiscono le intenzioni, gli spazi diventano pagine per racconti taciuti. Solo indizi, giusto 60 secondi. Un letto contenitore, un armadio: buoni come nascondigli? Un candelabro in bronzo, abbastanza pesante, facile da impugnare: e se diventasse un’arma? Poi sfilare un cassetto e simulare l’azione: per parare un colpo o per sferrarlo, in caso di necessità. A un certo punto arriva lui, che s’era fermato qualche metro più in là. Le fa un cenno con la testa, sprezzante; lei lo segue svelta e non fiata. La routine prosegue col suo passo pensante. Nessuna via di fuga, per ora.
25 NOVEMBRE. LA CAMPAGNA DI IKEA E TELEFONO DONNA
Quel posto è un angolo di casa targato Ikea. Una delle classiche room setting allestite nei negozi del colosso imprenditoriale svedese. Ed è il set dell’ultimo spot a carattere sociale sfornato dal marchio, parte di un’articolata campagna di social marketing, o più precisamente di “cause-related marketing”, dal momento che il progetto nasce insieme a Telefono Donna, associazione di volontariato che ogni giorno, dal 1992, raccoglie centinaia di storie al femminile fatte di aggressioni, abusi, molestie. Collaborazione azzeccata, in vista di questo 25 novembre, “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne” istituita nel 1999 dalle Nazioni Unite.
Il video, efficace, cavalca bene la sfida del ribaltamento: alla sicurezza del nido e all’armonia familiare, tipici delle pubblicità di marchi d’arredamento, si sostituisce un’ondata d’inquietudine. La casa diventa luogo del sospetto, della tensione, della minaccia e dell’offesa. E anche sul piano della comunicazione sociale si supera il cliché: siamo lontani dalla solita campagna anti-violenza che ostenta cicatrici, occhi pesti, situazioni di prevaricazione. Qui tutto è sottile, incisivo, giocato tra l’oggetto simbolico e la tensione psicologica.
Il claim, in fondo alla storia, è la chiave che ribadisce l’identità di un brand da sempre impegnato nella sfera dei diritti civili, del sociale, della cultura: “La casa non è fatta per difendersi”. La casa è quella che Ikea ha sempre immaginato, raccontato, inventato: luogo degli affetti, delle relazioni sane. Ma il dato della cronaca dice un’altra verità: “In Italia 1 donna su 3 subisce violenze domestiche”. Così recita la didascalia finale. Una statistica secca che dischiude un inferno sommerso, vissuto da un esercito di mogli, figli, compagne.
A TEATRO DA IKEA. LA REALTÀ IN SCENA
In linea con il taglio dello spot anche l’immagine guida, l’ingresso di un appartamento con tanto di appendiabiti e scarpiera. Perentoria la scritta: “Questa è una porta, non un alibi”. Il riferimento – geniale nella sintesi verbale – è all’abitudine di giustificare graffi ed ematomi con la scusa di un urto: sbattere contro una porta, cadere dalle scale, finire contro uno spigolo. E invece no. Trovare la forza di denunciare è una sfida che va raccolta, perseguita. Chi subisce violenza trovi il coraggio di spezzare la morsa di un rapporto sbagliato: la condizione di vittime come fragilità temporanea, non come destino. Ikea sceglie il tasto del potere femminile, oltre la rassegnazione e la centralità dell’uomo-orco.
“Subire violenza fa male. Dover fingere di aver sbattuto ne fa ancora di più”. Poche battute per un’altra intuizione che trasforma mobili, suppellettili, angoli domestici in significanti familiari, a portata del ricordo e dell’esperienza di ognuno. Testimoni muti e strumenti di denuncia. Perfetto l’hashtag che dà il titolo alla campagna: #PerUnaGiustaCasa.
Ma Ikea e Telefono Donna hanno fatto di più. Hanno trasformato in palcoscenici 21 store italiani della catena svedese. Dal 13 al 25 novembre, negli spazi di vendita perfettamente arredati, gli attori professionisti del Teatro Filodrammatici di Milano e dello Stabile d’Abruzzo hanno messo in scena storie vere di violenza fisica, psicologica ed economica, raccontate da donne che hanno deciso di liberarsi, di fuggire, di ricominciare. Da clienti a spettatori: a sorpresa, durante lo shopping, ci si poteva imbattere in queste brevi pièce teatrali, magari ritrovando nel copione frammenti di biografie conosciute: le proprie, quelle di amici, parenti, conoscenti.
Un nuovo tassello nel grande piano di comunicazione che Ikea continua a nutrire ed espandere, tra spot, manifesti, produzioni di artisti, contest, strategie social, a cui si uniscono i progetti umanitari della Fondazione Ikea, ancora una volta unendo impegno sociale e creatività. Lo scopo finale della nuova campagna? Continuare a parlare alle donne, oltre che agli uomini. Parlare di denuncia, di indipendenza, di rispetto, di dignità, di interruzione della minaccia. Perché una porta non sia altro che una porta. E una casa non sia più prigione, né trappola, né arsenale.
– Helga Marsala
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