Dieci anni di arte a Chicago. In mostra a Milano
Dieci anni di arte a Chicago tra il 1965 e il 1975 alla Fondazione Prada. Germano Celant, il curatore della mostra, spiega nel piccolo catalogo che l’accompagna, che la città americana ha vissuto, nel corso del XX secolo, una stagione particolare, di grande interesse. Capitale del Modernismo architettonico grazie al trasferimento in essa, nel 1938, […]
Dieci anni di arte a Chicago tra il 1965 e il 1975 alla Fondazione Prada. Germano Celant, il curatore della mostra, spiega nel piccolo catalogo che l’accompagna, che la città americana ha vissuto, nel corso del XX secolo, una stagione particolare, di grande interesse. Capitale del Modernismo architettonico grazie al trasferimento in essa, nel 1938, di Mies van der Rohe, nel 1951 ospita la conferenza di Dubuffet sul suo lavoro e sull’Art Brut: un episodio che segna profondamente la cultura artistica della metropoli dell’Illinois. In seguito si forma il gruppo Monster Roster. Il modello erano i maestri della storia dell’arte, da El Greco a Goya a Munch. Ma il loro era anche un lavoro politico di matrice espressionista, che riesce a mettere in crisi l’ottusità, sempre in agguato, del potere.
Le opere in mostra, quelle dei Chicago Imagists, sono un passo oltre. Presentano un certo disincanto, in deciso anticipo sui tempi, in cui sono pornografia, surrealtà, colori forti, immagini per certi versi fastidiose, ispirate, talvolta, come nel caso di Ed Paschke, ai personaggi di Freaks, profondamente diverse da quelle della coeva Pop Art. Il linguaggio è simile a quello dei cartoonist.
LA MOSTRA
Famous artists from Chicago. 1965-1975, questo il titolo della rassegna ‒ cui si affiancano altre due mostre dedicate agli artisti che hanno preceduto gli Imagists, Leon Golub e H.C.Westermann ‒, offre una panoramica completa di quel periodo elettrizzante, attraverso diverse personalità, da Roger Brown a Ed Flood, da Gladys Nilsson ad Art Green, da Jim Nutt a Christina Ramberg, da Suellen Rocca a Karl Wirsum, fino al già citato Ed Paschke. Il rimando dichiarato è alla mostra curata da Don Baum nel 1969 al Museum of Contemporary Art, il titolo è bizzarro Don Baum Says Chicago Needs Famous Artists. Inizialmente non ci sono risorse, economie di sorta, poi le gallerie cominciano ad acquistare. Baum, a sua detta, è libero di agire come gli pare, è un vero e proprio Deus ex Machina. L’atmosfera è di totale libertà. Una libertà di azione e di pensiero, che traspare anche nella mostra milanese. Intenso è anche il rapporto con la musica, con certo rock, gli artisti dialogano fra loro. La chiave ironica, satirica è dominante.
Sono opere pittoriche in cui a vincere è una figurazione surreale, che richiama il mondo dell’illustrazione, ma sembra presagire certo Post-modern. Un pezzo di storia dell’arte da noi ancora poco conosciuto, che serve a dare un senso anche a quanto sarebbe accaduto qualche anno dopo, negli Anni Ottanta.
‒ Angela Madesani
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