Domenico Borrelli – Memorie
A distanza di quattordici anni, Borrelli torna a esporre alla Zaion Gallery di Biella, in questo tramonto del 2017, con la personale Memore, che vede l’artista muoversi sempre tra le coordinate di forma e calco, in una personale rilettura delle forme classiche, attualizzate in quanto a medium e coloriture espressive, e con quei calchi che, da tanto tempo, rappresentano una delle sue magnifiche ossessioni.
Comunicato stampa
Nell'esaustivo manuale La scultura del Novecento, Francesco Poli la suddivideva in cinque possibili ipotesi: la scultura come forma, come costruzione-assemblage, come oggetto, come corpo vivente e le installazioni ambientali. Cinque variazioni di un linguaggio che si riallaccia a una delle modalità espressive da sempre presenti nell'ambito delle ricerche visive. Sempre Poli, in occasione della personale di Domenico Borrelli del 2014 parlava di scultura come calco, ampliando il ventaglio delle possibilità attuative del sopra citato linguaggio. E ci sembra scelta quanto mai appropriata, per leggere le movenze di un artista eminentemente scultore, ma che invece a una lettura più approfondita ha impiegato diversi mezzi, e sempre con felicità espressiva e risultati da inserire nelle ricerche attuali.
A distanza di quattordici anni, Borrelli torna a esporre alla Zaion Gallery di Biella, in questo tramonto del 2017, con la personale Memore, che vede l'artista muoversi sempre tra le coordinate di forma e calco, in una personale rilettura delle forme classiche, attualizzate in quanto a medium e coloriture espressive, e con quei calchi che, da tanto tempo, rappresentano una delle sue magnifiche ossessioni.
La cromia è quella che Borrelli abitualmente adopera, monocromo ma non troppo, in cui le eccezioni rappresentano segnali d'allarme, inquietanti: «Non sono troppo interessato ai colori – afferma l'artista – perchè ritengo sia materia dei pittori, che sono decisamente padroni della tavolozza».
Ma questa lettura non ci convince fino in fondo, ammirati come siamo dalla forte componente plastica dei suo lavori, dotati di un quid misterioso proprio nel momento in cui si credeva di averli decifrati nella loro interezza.
In questa personale espone una decina di lavori, di cui quattro realizzati nell'ultimo anno, e i restanti a partire dal 2013. Lavori in cui, come di consueto, padroneggia con sicurezza tutti i materiali disponibili, dal marmo al bronzo, dalla resina alla tecnica mista su mdf. I tre esemplari intitolati Memore, ideati e materialmente conclusi negli ultimi mesi, rappresentano un ulteriore grado di maturità nella ricerca plastico-visiva di Borrelli, in cui l'incessante analisi dei procedimenti tecnico-formali si sustanzia sempre di un'indagine che punta intuitivamente ai quesiti teoretici, alle intime riflessioni sui concetti e sulle visioni.
La verità intuitiva delle forme artistiche. L'opposizione umanistica a una scienza che non conclude.
La maturità di questi lavori in resina potrebbe inquadrarsi anche come scontro, quello che avviene tra lo spazio abitato e il corpo umano, motivi ricorrenti nel percorso dell'artista.
La resina, che ancora una volta è un calco di mattoni di paraffina, inevitabilmente destinati a sciogliersi. Un collante per imprigionare le memorie di personaggi senza volto, senza testa né tronco. Personaggi entrati in collisione con quello spazio che avrebbe dovuti accoglierli e invece li ha inglobati, trasformati, resi acefali.
Eppure la memoria è rimasta impigliata in uno spazio sempre meno disposto ad accogliere l'umano.
L'inquietudine questa volta è arrivata dunque a trasfigurare i corpi, a cambiarli, si è diffusa negli elementi costruttivo-ambientali. La maturità si è impossessata di un artista che avevamo erroneamente inquadrato come scultore, ma si è rivelato molto di più.