La storica rivista Parkett stampa il suo ultimo numero cartaceo. Crisi o svolta digitale?
Dopo 33 anni, una delle più prestigiose pubblicazioni periodiche dedicate all’arte contemporanea cesserà di stampare i suoi volumi. Il motivo? “Il cambiamento radicale nel comportamento della lettura causato dalla nostra era digitale”
La notizia è di quelle che sicuramente non lascia indifferente il mondo dell’arte: se risale alla scorsa primavera l’annuncio della chiusura della storica rivista Parkett – sì, avete capito bene –, con l’uscita dell’ultimo numero, la cosa prende oggi connotazione ufficiale. Dopo 33 anni, una delle più influenti pubblicazioni periodiche dedicate all’arte contemporanea cesserà di stampare i suoi volumi. Il motivo? “Il cambiamento radicale nel comportamento della lettura causato dalla nostra era digitale”, si legge in una lettera che le co-fondatrici Bice Curiger, nota anche per aver curato la Biennale di Venezia nel 2011 e per far parte del Comitato Scientifico del Mart di Trento e Rovereto, Jacqueline Burckhardt e l’editore Dieter von Graffenried hanno scritto per “salutare” i lettori.
LA NASCITA DELLA TESTATA E LE COLLABORAZIONI INTERNAZIONALI
Nata a Zurigo nel 1984, Parkett pubblica due numeri all’anno in inglese e in tedesco, con una seconda redazione a New York, una tiratura di 10mila copie e 30mila lettori in oltre 40 paesi. Fin dalla sua nascita, la testata si è contraddistinta per le prestigiose collaborazioni avute con artisti, critici e curatori di fama internazionale. Ogni numero propone una parte monografica dedicata a un artista, il quale realizza ad hoc un progetto inedito in edizione limitata, come dipinti, fotografie, stampe, video e brani sonori. Tra gli artisti che recentemente hanno realizzato opere per Parkett ci sono Ed Atkins, Theaster Gates, Camille Henrot, Wael Shawky, Dayanita Singh e Hito Steyerl. Con il passare degli anni, la rivista si è concentrata su due, tre e infine quattro artisti per numero; in totale, sono stati presentati oltre 270 artisti. Le edizioni prodotte per la rivista sono diventate oggetto di mostre al MoMA di New York, al 21st Century Museum of Contemporary Art di a Kanazawa, alla Whitechapel Art Gallery di Londra e al Centre Pompidou di Parigi, solo per fare qualche esempio, e oltre a quelli già citati, nell’elenco degli artisti che hanno collaborato con la rivista compaiono i nomi di Ai Weiwei, El Anatsui, Laurie Anderson, Georg Baselitz, Matthew Barney, Louise Bourgeois, Maurizio Cattelan, Francesco Clemente, Olafur Eliasson, Tracey Emin, Urs Fischer, Damien Hirst, Rebecca Horn, Ilya Kabakov, Anish Kapoor, William Kentridge, Jeff Koons, Yayoi Kusama, Christian Marclay, Ernesto Neto, Beatriz Milhazes, Bruce Nauman, Meret Oppenheim, Gabriel Orozco, Sigmar Polke, Gerhard Richter, Anri Sala, Cindy Sherman, Hiroshi Sugimoto, Luc Tuymans, Andy Warhol e Yang Fudong. Inoltre, l’importanza e il prestigio che Parkett ricopre all’interno dell’art system internazionale è stata ulteriormente confermata dalla presenza del suo caporedattore Bice Curiger alla Biennale di Venezia del 2011 in veste di curatore della kermesse, quell’anno intitolata ILLUMInazioni.
L’ULTIMO NUMERO E IL FUTURO “ONLINE”
Ma quello appena presentato, il doppio numero 100/101 di dicembre 2017, sarà l’ultimo volume stampato di Parkett. La redazione ha annunciato che gli oltre 1500 saggi pubblicati nell’arco di 33 anni saranno digitalizzati e accessibili sul sito web della testata, e inoltre sono già in preparazione nuove mostre in cui verranno raccontate la storia, la vision e l’impatto che Parkett ha avuto sull’editoria d’arte negli ultimi tre decenni. Per il suo ultimo numero, la rivista chiude con le collaborazioni di Nairy Baghramian, Maurizio Cattelan, Marlene Dumas, Katharina Fritsch, Katharina Grosse, Marilyn Minter, Jean-Luc Mylayne, Nicolas Party, Pipilotti Rist e Jordan Wolfson – ognuno dei quali ha realizzato un’opera speciale in edizione limitata –, e con i testi scritti da Caoimhín Mac Giolla Léith, Massimiliano Gioni, Tamar Garb, Jacqueline Burckhardt, Barry Schwabsky, Nancy Spector, Matthew S. Witkovsky, Ali Subotnick, Juliana Engberg e Andrew Russeth. Una parte del giornale sarà dedicata – quasi emblematicamente – al futuro dell’editoria artistica, con i report di due tavole rotonde tenutesi a Berlino e New York in cui hanno partecipato artisti, direttori di musei, critici e curatori. In fondo quello di Parkett non sembrerebbe essere un vero e proprio “addio”, semmai una scelta per stare al passo con “l’era digitale”: “non vediamo l’ora che la presenza online di Parkett continui come una capsula e un archivio unici nel loro genere”, scrive la redazione al termine della sua lettera ai lettori che, in linea con “l’era digitale”, possono continuare a seguire la storica rivista tramite i canali social.
– Desirée Maida
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