Collezionare la fotografia. Intervista a Silvia Berselli
Parola a Silvia Berselli, responsabile del nuovo dipartimento fotografico della casa d’aste milanese il Ponte.
Da settembre Il Ponte, la nota casa d’aste milanese, ha un nuovo dipartimento, dedicato alla fotografia. A occuparsene è Silvia Berselli, bolognese, che da oltre vent’anni vive a Milano, dove, nel 1996, ha aperto il suo studio di restauro della fotografia. Una disciplina che studia fra la fine degli Anni Ottanta e l’inizio degli Anni Novanta, prima a Rochester e poi a Parigi.
Nel 2007 la restauratrice, che ha lavorato per molte istituzioni italiane e straniere, fonda il dipartimento di fotografia per la casa d’aste londinese con sede a Roma Bloomsbury, che diviene Minerva nel 2012. Nel 2014 passa, quindi, alla torinese Bolaffi, che si avvicina per la prima volta al mondo delle aste fotografiche.
Quale sarà la sua strategia a Il Ponte?
Per quanto riguarda il mercato della fotografia, Il Ponte ha due peculiarità molto importanti: una è la sede a Milano. Il mercato della fotografia in Italia si sta, infatti, concentrando sul capoluogo lombardo: i clienti e i collezionisti si trovano principalmente in questa area geografica. Inoltre, aspetto certamente ancora più importante, è la presenza a Il Ponte di un forte reparto di arte Moderna e Contemporanea, da tutti considerato il dipartimento numero uno in Italia nel settore. Questo grazie al direttore Freddy Battino, che è riuscito negli anni, con grande serietà e determinazione, a costruire e a raggiungere importanti risultati, soppiantando anche la concorrenza di altre case d’asta. Quello che vorrei fare a Il Ponte è creare un punto di riferimento per chiunque voglia collezionare fotografia con la “F maiuscola”, quella da collezione ‒ per intenderci ‒ e non la fotografia che spesso definisco decor, cioè quella di semplice arredamento, che non ha nulla a che fare con il mondo dell’arte, della ricerca e della sperimentazione.
Mi pare che in Italia ci sia ancora molto lavoro da fare in ambito fotografico. In altri Paesi europei ci sono moltissime aste dedicate alla fotografia, alcune addirittura specializzate, unicamente dedite a questo ambito.
Sicuramente c’è molto da fare. Istituzioni museali e storici dell’arte trascurano questo settore, tranne pochissimi casi virtuosi, lasciando così spazio a iniziative editoriali messe in piedi con mostre realizzate con immagini che sembrano grandi poster, copie digitali di grande formato e impatto, che nulla hanno a che vedere con la fotografia. Lo dico perché il mercato è fortemente influenzato dall’attività culturale, dagli eventi che vengono organizzati parallelamente. Il fatto di avere in realtà poche mostre scientifiche, e non solo mostre pacchetto, fa sì che anche il collezionista e l’amatore siano un po’ in difficoltà o addirittura a disagio rispetto ai loro acquisti. Visitare mostre, vedere le opere fotografiche originali collocate in contesti prestigiosi, stimola la curiosità e affina il gusto. A questo proposito volevo aggiungere che i Paesi di riferimento per il mercato, come la Francia e gli Stati Uniti, sono Paesi in cui c’è una forte attività di promozione culturale da parte di enti e istituzioni museali nei confronti della fotografia. Questo ha fatto sì che crescesse una forte offerta da parte di case d’asta con dipartimenti specifici interamente dedicati alla fotografia.
Vogliamo parlare del mercato della fotografia in Italia?
È sicuramente un mercato in crescita. I collezionisti che si avvicinano alla fotografia sono sempre più numerosi, attenti, curiosi, giovani. Non seguono solo le mode ma cercano di addentrarsi negli acquisti attraverso la propria sensibilità. Sta cambiando anche il gusto nell’arredamento d’interni. Nelle case delle giovani coppie la fotografia ha la meglio sui dipinti.
L’arrivo delle case d’aste ha portato mutamenti?
Le case d’aste hanno permesso un avvio del mercato della fotografia italiana anche all’estero. Questo perché i nostri autori erano poco conosciuti, poco noti. Se guardiamo i cataloghi delle case d’asta internazionali, i nomi degli italiani sono sempre stati scarsi, non più di tre. La visibilità di un catalogo di una casa d’aste, in più con sede a Milano, è altissima: i nostri clienti internazionali ricevono il catalogo e hanno la possibilità di visionare le opere dai siti online o durante i giorni di esposizione. Con mio piacere, molto più spesso, capita che autori italiani, soprattutto quelli storicizzati, vengano molto apprezzati dai collezionisti stranieri. Diciamo che nella fotografia americana c’è molto poco da scoprire o rivalutare, mentre in quella italiana parecchio. Questo è un settore in cui o per gusto o per investimento si possono fare ancora ottimi affari.
‒ Angela Madesani
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