I 2 euro per entrare al Pantheon e l’assurda reazione del Comune di Roma
Raggiunto dopo molti anni l’accordo tra Stato e Curia: l’ingresso al Pantheon si potrà proteggere e filtrare con un piccolo biglietto simbolico. La reazione del Comune di Roma nella figura del Vicesindaco (e Assessore alla Cultura) Luca Bergamo è però irricevibile.
Da maggio 2018 l’ingresso al Pantheon, uno dei più visitati monumenti di Roma, non sarà più gratuito: occorrerà un mini ticket da 2 euro per entrare nello storico edificio di Piazza della Rotonda. Dopo anni di chiacchiere finalmente l’arrivo di Antonio Lampis alla direzione musei del Ministero della Cultura ha sciolto le riserve e bonificato la palude. Se ne parlava da tempo, ma la cosa non era mai andata in porto per una questione sensibile: il Pantheon, tra le tante cose, è anche una chiesa e imporre l’ingresso a pagamento ad una chiesa, benché si faccia in molti altri casi in Italia, da Siena a Venezia, non è cosa di poco conto e richiede un protocollo di accordo tra Stato e Curia. L’accordo ora si è fatto.
UNA SCELTA NON ANOMALA
Non entriamo qui eccessivamente nel merito del provvedimento in sé, se sia giusto o meno cercare di monetizzare per avere risorse in più da impiegare nella tutela, se invece non sia meglio lasciare libero l’ingresso ad un monumento che è anche un pezzo di città percorribile. Sicuramente una scelta non facile da parte del Governo, ma senza dubbio legittima. E soprattutto tutt’altro che anomala. È normale che i grandi attrattori culturali siano a pagamento, è normale che si usi il prezzo del biglietto per sostenerne la manutenzione, è assolutamente normale che lo Stato, sui suoi beni, sugli spazi che lo Stato gestisce, decida in base alle proprie strategie e alle proprie visioni.
LA VISIONE DELL’ASSESSORE
“Sono pronto a farmi arrestare, ma se mettono il biglietto al Pantheon mi incateno” dichiarava con pacato piglio istituzionale Luca Bergamo, forse dimenticandosi di essere Vicesindaco della città di Roma oltre che Assessore alla Cultura. Ma eravamo ad ottobre 2017. Dopo qualche settimana, ufficializzato il provvedimento, Bergamo è tornato sui suoi passi e invece di organizzare azioni eclatanti si è limitato ad un post su Facebook. Purtroppo ancor più indifendibile di una scenata di piazza. Per fortuna non in sintonia con la maggior parte dei commentatori, il Vicesindaco di Roma parla di “momento molto triste” in riferimento all’annuncio del concluso accordo tra Stato e Curia per far pagare l’ingresso al monumento. Parla di un accordo che ha un impatto sulla Capitale senza che la Capitale sia stata coinvolta nella scelta. Chiede più poteri per la Capitale e in poche parole fa capire che vuole essere lui, non lo Stato che ne è legittimo proprietario, ad aver potere decisionale sui beni culturali statali presenti in città. Un po’ come se la Giunta di Caserta volesse metter bocca sulle strategie della Reggia di Caserta, un po’ come se le scelte tariffarie di Pompei dovessero passare dal vaglio del sindaco del Comune di Pompei.
QUALI INTERLOCUTORI?
Certo, una collaborazione interistituzionale è sempre la benvenuta, ma ci vogliono due istituzioni che parlano. Oggi il Comune di Roma è una istituzione? Le personalità che hanno potere decisionale sono personalità di caratura istituzionale? Gli interlocutori sono all’altezza? Lavorano davvero per il bene della città? Bergamo, con le sue stesse parole, lascia qualche dubbio. È gravissimo, ad esempio, quando afferma che tenterà in tutti i modi di convincere il nuovo Governo (che scaturirà dalle urne di marzo 2018) di tornare sulle decisioni già prese. Stiamo parlando proprio di uno dei vizi più odiosi e dannosi dell’italietta zimbello d’occidente. Un Governo decide una cosa, imprese e privati si adeguano e si predispongono per gestire quella decisione, dopodiché il Governo successivo torna indietro. Perdita di tempo e di credibilità sotto tutti i punti di vista. Un vulnus che si ripete da decenni e che a quanto pare piace a Luca Bergamo visto che dichiara lui stesso di volerlo innescare. Peraltro non si capisce perché il Vicesindaco, che così tanto dimostra di credere nella gratuità della fruizione museale e culturale (e non siamo contrari a prescindere, anzi), non si sia adoperato dopo ben un anno e mezzo di mandato a rendere gratuito qualche museo della città di Roma. Ignazio Marino, tanto per dire, lo aveva fatto e con risultati significativi che ancora oggi perdurano per quanto riguarda i più piccoli musei del network di quelli municipali. Perché Bergamo non dà il buon esempio e non rende gratuiti i Capitolini? O l’Ara Pacis? Forse perché quelle risorse gli sono indispensabili, come saranno allo Stato, per tenere accettabile il livello di manutenzione delle strutture e delle collezioni ivi conservate? O perché rende gratuito almeno il Macro? Del resto la gratuità potrebbe essere coerente con il nuovo direttore del museo d’arte contemporanea (ammesso che il nome Macro rimanga) che come abbiamo anticipato mesi fa sarà Giorgio De Finis e verrà presentato a mo’ di regalo di Natale giovedì 21 dicembre a circa un anno dalla delibera che riorganizza e ridisegna l’assetto di governance della cultura cittadina come Bergamo ci spiegò in una lunga intervista. Del resto se l’albero è Spelacchio, il dono non può che essere anomalo.
UN MUSEO SENZA BANDO
E proprio il Macro ci fa pensare che Bergamo, prima di criticare quel che lo Stato delibera dei suoi possedimenti, dovrebbe guardare con maggiore approfondimento in casa sua. Il Museo d’arte contemporanea verrà insomma assegnato senza bando ad un suo amico, ad un curatore completamente privo di titoli che in funzione del suo rapporto personale con l’assessore è passato avanti alle tante figure che potevano legittimamente competere per quel ruolo: umiliazione di tutta una generazione di curatori a Roma (che tuttavia ciononostante tacciono, giusto per dire il livello di rassegnazione civica). Su come si gestiscono gli spazi culturali, dunque, Bergamo dovrebbe farsi in primo luogo un profondo esame di coscienza. Ma l’esame di coscienza dovrebbe proseguire anche sul tema degli spazi pubblici in generale: nel suo post Facebook Bergamo parla di code fuori al Pantheon dovute all’ingresso a pagamento e di costi per gestirne la sicurezza. Scaltramente pubblica una foto del Pantheon lindo e metafisico, in una piazza rarefatta e impeccabile. Oggi, in realtà, la Piazza della Rotonda è un inquietante coacervo di auto in sosta selvaggia, venditori abusivi, bancarelle fuori luogo, furgoni, immondi centurioni e risciò tornati al loro posto grazie alla Giunta di cui Bergamo è Vicesindaco. Su tutto questo neppure una parola: ma allora perché non occuparsi della Piazza, che è di competenza del Comune, invece di pretendere di metter bocca sul monumento che è di competenza di altri? Ma quando si fa passare qualsiasi nefandezza in casa propria senza aprire bocca, come si può poi fare i maestrini sulle faccende che riguardano altre istituzioni?
IL TEMA DELLO SPAZIO PUBBLICO
Come mai Bergamo non ha detto una parola ad esempio su quello che sta succedendo a Piazza Navona? Eppure è Vicesindaco e Assessore, no? La Piazza, dopo che Ignazio Marino l’aveva sottratta a questa oscena tradizione, è tornata grazie alla Giunta di cui Bergamo fa parte, nelle grinfie delle peggiori lobbies degli ambulanti a Roma tristemente note. Uno scenario riprovevole in un ambiente dove lavorarono Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, tutto questo non dovrebbe riguardare da vicino un Assessore alla Cultura? E la vicenda di Tor di Valle? Dove la Giunta, quella con Bergamo Vicesindaco, si è divertita a calunniare l’architettura contemporanea sbertucciando un progetto straordinario firmato Daniel Libeskind (“sono palazzi alti che disturbano il panorama”) e trasformandolo in una volgare speculazione edilizia? E le Ex Torri delle Finanze all’Eur? Anche qui brillante riqualificazione impostata della Giunta precedente, giovani architetti al lavoro (UNO-A Architetti Associati), ma tutto bloccato dall’attuale Giunta per motivi più che loschi oggi forieri di richieste di risarcimento plurimilionarie che – queste sì, non le code del Pantheon – impatteranno direttamente sulla vita dei cittadini. Tutti argomenti (e si potrebbe andare avanti all’infinito) molto vicini alla sensibilità di un Assessore alla Cultura attento e di esperienza come Bergamo, ma tutti argomenti accolti da Bergamo con il più totale silenzio. Ora il problema della cultura romana diventano i 2 euro a persona chiesti per entrare al Pantheon: roba da incatenarsi…Il Comune di Roma, nei suoi reiterati giochi di puro potere che pochissimo hanno a che spartire con la reale tutela dei beni culturali e con una attenzione autentica al bene comune e allo sviluppo sano della Capitale, ha già tentato di fermare l’azione del Governo sulla realizzazione del Parco del Colosseo. Lo sciocco ricorso (di cui parlammo diffusamente qui) è solo riuscito a far perder tempo – non che la cosa non sia grave – senza interrompere la riforma e oggi il Colosseo ha il suo nuovo direttore e la sua corretta operatività. Siamo certi che l’ennesima azione di disturbo avrà il medesimo esito.
–Massimiliano Tonelli
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