Oltre il Design. Ettore Sottsass a Parma
Intervista a Francesca Zanella, curatrice, insieme a un folto gruppo di lavoro interdisciplinare, del progetto “Ettore Sottsass. Oltre il Design”. Retrospettiva dedicata al “segno” del Maestro, nel centenario della nascita.
In mostra al Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università (CSAC) di Parma sono presentati 700 pezzi tra quelli che furono donati al Centro Studi da Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917 – Milano, 2007) nel 1979: un patrimonio inestimabile di 24 sculture e 14mila materiali progettuali, inclusi bozzetti e disegni. Il percorso espositivo segue l’ordine cronologico e dà rilevanza soprattutto ai disegni, che avevano un’importanza fondamentale nel processo di lavoro di Sottsass anche se in realtà, come afferma la curatrice Francesca Zanella, “il suo lavoro non si è limitato a un singolo settore, ma ha spaziato dalla ricerca visiva al design, dalla grafica pubblicitaria alla fotografia”. Per approfondire i temi della mostra e l’eredità progettuale di questo grande designer, abbiamo parlato con la curatrice.
Sottsass ha interrogato tutto e lo ha fatto attraverso il disegno, che per lui è stato strumento ostinato di esplorazione e rottura della realtà. Come ha girato intorno alla verità con questo mezzo espressivo?
Ritengo che Sottsass non abbia girato intorno alla verità perché, come emerge dal suo lavoro, ha sempre messo in crisi definizioni assolute, ha sempre affrontato con ironia e a volte in modo dissacratorio tutto ciò che era posto come un assoluto, appunto. Il disegno, così come si è cercato di mettere in evidenza nella mostra, è per lui innanzitutto strumento di indagine e come sempre traduzione di un pensiero.
Musei, istituzioni, case editrici rendono omaggio all’architetto che ha dedicato la vita alla cura degli altri, al viaggio, alla sperimentazione artistica totale. Chi avete scelto di coinvolgere per raccontare il maestro? Cosa avete selezionato per far sì che i visitatori escano con un’emozione?
Il gruppo curatoriale è composto da storici dell’arte, dell’architettura e del design, da curatori indipendenti e da archivisti proprio per potere affrontare con i giusti strumenti i molteplici ambiti della ricerca visiva e progettuale attraversati da Sottsass. La mostra Ettore Sottsass. Oltre il design è accompagnata dal catalogo a stampa Sottsass 1922-1978 (Silvana editoriale, 2017), che restituisce l’ampio e intenso lavoro di catalogazione e digitalizzazione dell’intero fondo donato da Sottsass allo CSAC del 1979 e costituito da oltre 14mila materiali progettuali (schizzi, bozzetti e disegni) e 24 sculture. Entrambi (mostra e libro) sono stati infatti realizzati da un gruppo di lavoro che comprende, oltre alla sottoscritta, Francesca Balena Arista (Politecnico di Milano), Elisa Boeri (Politecnico di Milano), Giampiero Bosoni (Politecnico di Milano), Federico Bucci (Politecnico di Milano), Milco Carboni (Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, Accademia di Belle Arti Mario Sironi ‒ Sassari), Giulia Daolio (CSAC Università di Parma), Chiara Fauda Pichet (Politecnico di Milano), Chiara Lecce (Politecnico di Milano), Elisabetta Modena (CSAC Università di Parma), Emanuele Piccardo (storico dell’architettura), Simona Riva (CSAC Università di Parma), Marco Scotti (CSAC Università di Parma), Marta Sironi (CSAC Università di Parma), Marcella Turchetti (Associazione Archivio Storico Olivetti), Marina Vignozzi Paszkowski (Archivio Industriale Bitossi ‒ Fondazione Vittoriano Bitossi).
Come avete costruito la mostra?
In mostra si è tracciato un percorso cronologico con cui si restituisce la ricerca attraverso il disegno, il progetto, l’annotazione e tutti i media utilizzati da Sottsass, cercando sempre di richiamare e sottolineare alcune costanti di metodo che attraversano i lavori realizzati dal 1922 al 1978. Per questo il progetto di ricerca include anche l’allestimento progettato dall’architetto Elisabetta Terragni e da Daniele Ledda (xycomm), che è inteso come un momento di interpretazione e rilettura dell’archivio che affianca e rafforza l’indagine storico-critica. Il colore, le materie, i segni e la luce invadono il percorso espositivo, filtrati da velari che conducono il visitatore attraverso la grande navata della chiesa cistercense.
Il terrore della sparizione. L’interesse per la spiritualità. La creazione di oggetti (dall’ideazione alla realizzazione, dal prototipo al progetto) che possano accogliere l’indecisione del mondo. Che significato hanno i materiali, la struttura degli oggetti, la certezza dei piedistalli? Come Sottsass ha trasfigurato la sostanza fisica in pensiero disegnato?
È un discorso molto complesso, non è possibile generalizzarlo in poche righe, e la mostra cerca di dimostrarlo. Negli Anni ’40 Sottsass si confronta con le ideologie moderniste da cui si distacca progressivamente, mantenendo salda l’attenzione ai differenti contesti produttivi (Bitossi Ceramiche, Poltronova e quindi Olivetti, ma non solo: Arredoluce e Kartell). Sempre, comunque, l’oggetto è raccontato da Sottsass come esito del passaggio del tempo, recuperando la memoria del passato e il rapporto tra l’uomo e l’oggetto indagato in termini antropologici.
Fin dai primi progetti elaborati nello studio paterno, Sottsass mostrava una dinamicità e una dimensione affettiva espansiva che contraddicevano l’ordine esatto del razionalismo italiano. Si può dire che per la sua vitalità era (così come lo sono le sue opere) sexy?
Non credo che il razionalismo italiano possa essere definito gelido, certo alla dimensione mentale, indagata soprattutto nei manifesti e nei trattati del neoplasticismo, Sottsass ha contrapposto la forza dell’immagine, del colore e della interazione tra strutture e luce, così come la matericità del segno.
‒ Federica Bianconi
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