My Luxuria. Le bambole asessuate di Alex Sandwell Kliszynski
L’artista britannico di origini polacche ha trasposto in fotografia una delle particolarità che caratterizzano la celeberrima Barbie: l’assenza di qualsiasi rimando alla sessualità. E i risultati sono davvero spiazzanti.
Di operazioni più o meno artistiche, principalmente di mano femminile, dedicate alla Barbie, feticcio di più generazioni di bambine di tutto il mondo, se ne sono viste a iosa. Fin troppe, verrebbe da dire. Ce n’è una però che appare più libera e divertente. Forse perché è di mano maschile, indi meno emotivamente coinvolta, invece che femminile? Sta di fatto che è nata per scherzo.
Alex Sandwell Kliszynski, fotografo britannico (vive nei pressi di Cambridge) di evidente origine polacca, in realtà umilmente specializzato in ritratti e servizi di matrimonio, un giorno ebbe l’idea di ritrarre un body builder e poi photoshopparlo in veste – insomma, si fa per dire – di bambolotto snodabile genere G.I. Joe. La foto funzionava, l’idea era buona, si poteva continuare su quella strada. Ma subito dietro l’angolo, inevitabilmente, stazionava rigida e impassibile la Barbie internazionale. Il passo dall’omaccione alla signorinella era brevissimo. E il risultato è scaturito esilarante quanto intrigante. La disarticolazione delle membra non solo rende tutti bambolotti, ma di conseguenza ne esalta – cancellandoli – gli attributi sessuali.
UNA STREPITOSA CENSURA
Oltre al totale spianamento visivo dei capezzoli, tanto per il corpo maschile quanto per quello femminile, la zona genitale appare un vero e proprio vuoto. Una censura strepitosa. Che peraltro nelle vere bambole di plastica viene accettata senza batter ciglio (o quasi). Ma qui l’oggetto ludico e l’oggetto sessuale si sovrappongono a sorpresa, e il sesso torna a essere esattamente un bel gioco.
La serie, satiricamente “pornografica”, è stata presentata alla The Photographers’ Gallery di Londra con il titolo appropriato di My Luxuria. E ha suscitato l’interesse anche di singoli, che hanno chiesto a Kliszynski di essere ritratti allo stesso modo. Di questi tempi, la decostruzione corporea con conseguente disumanizzazione piace, evidentemente. Ma, poi, diverte ancora l’ulteriore barbiezzazione, tanto ironica quanto affettuosa, dell’Olympia di Manet, distesa dissezionata e implasticata tra cuscini, fiori e nastro nero al collo di rito.
Ma basta lì, l’argomento era da considerarsi abbastanza esaurito. E Kliszynski è tornato a fotografare coppie di sposi in ghingheri. Sotto, si spera, con tutte le loro cosine al posto giusto.
‒ Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #40
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