Mauro Restiffe, il Brasile e la fotografia
Incontro con uno dei fotografi brasiliani più noti del momento. Protagonista di una serie di mostre recenti, Mauro Restiffe è impegnato nella catalogazione del suo imponente archivio di scatti.
Ci sono casi in cui produzione artistica, processo creativo e artista stesso si assomigliano e si corrispondono tanto da farli apparire tutti come un unico, seppur variegato, emozionante progetto. Quello del fotografo Mauro Restiffe (São José do Rio Pardo, 1970) ci pare essere uno di questi.
Il nostro incontro avviene nel suo atelier, superato il piccolo giardino della casa dove abita. Succede tra un buon caffè, immagini del registro di esposizioni all’estero, l’archivio di tutte le foto, libri, scene di ordinaria quotidianità − il cane che entra e discretamente vuole essere accarezzato − e di familiarità − uno dei figli che, con tono tenero ed educato, chiede il permesso per andare a comprare cioccolata − mescolandosi questi, tutti insieme, quasi rispecchiando quell’universo pluriforme che è proprio del lavoro di Restiffe.
Lungo un trentennio di produzione visiva il fotografo, oggi uno dei più riconosciuti del Brasile, si trova infatti una varietà di temi, generi e interessi che sarebbe difficile, oltre che vano, nominare tutti. Ci sono scene urbane, foto di paesaggi, opere architettoniche, ritratti e istantanee.
UN ARCHIVIO SCONFINATO
L’archivio fotografico di Mauro Restiffe giunge oggi a una cifra da capogiro, che supera i 130mila scatti, ed è centrale per l’artista, il quale ci racconta di aver intrapreso un imponente quanto necessario processo di catalogazione, alternando quindi il lavoro in atelier alle uscite fotografiche.
Quella di “ordinare” sembra essere un’operazione, in questo caso, particolarmente rilevante.
In primo luogo, più letteralmente, nell’archivio stesso, poiché essendo la fotografia di Restiffe esclusivamente analogica essa richiede una attenzione specifica. Ma oltre ciò, l’operazione di “ordinare”, in un senso più profondo, appare acquisire rilievo anche in fase espositiva, come in Álbum: selezionare le opere, nominarle secondo alcune delle infinite combinazioni e, in ultima istanza, disporle nello spazio rimanda essenzialmente a un raffinato “mettere in ordine”, “dare assetto”, “classificare”.
In tal senso, vale la pena soffermarsi sul fatto che, nelle esposizioni di Restiffe, il lavoro congiunto, come ci racconta lui stesso, tra l’artista, il curatore e gli architetti che si occupano del progetto espografico diviene fondamentale.
Tre delle ultime sue esposizioni, il cui allestimento è a firma di Metro Arquitetos, lo dimostrano.
LE MOSTRE
São Paulo. Fora do alcance, presso l’IMS di Rio de Janeiro, a cura di Thyago Nogueira, riunisce diciotto fotografie scattate nel 2012, in cui Restiffe ritrae le aree più centrali della città in una rappresentazione acuta delle tensioni sociali e politiche che vi prendono forma. Le opere sono fissate su dieci pannelli sparsi per la sala, per piani paralleli ma disassati, configurando un percorso come di andata e ritorno. Le prospettive, le sovrapposizioni di piani e le viste parziali che si creano visitando la mostra rimandano alla stessa esperienza di procedere per la città, incerta e addirittura quasi tormentata.
Mauro Restiffe: Post-Soviet Russia 1995/2015 è il titolo della mostra allestita presso Garage Museum, risultato di due momenti temporali distinti tra le città di San Pietroburgo e Mosca. Si associano infatti le immagini del registro fotografico del restauro trasformativo (su progetto di Rem Koolhaas) dello spazio del museo stesso e quelle, estratte dall’archivio personale, di venti anni prima, epoca in cui l’artista viveva a San Pietroburgo. Data una selezione, la narrazione della mostra procede per affinità concettuali, relazioni di prossimità visuale e similitudini mescolando tra loro le due temporalità, seppur differenziandole (ad esempio incorniciandole con o senza passpartout). Il montaggio e l’accostamento delle opere collaborano, e non poco, a potenziare la loro stessa forza poetica.
ÁLBUM
Questo dato assume, nell’ultima mostra personale, un carattere evidente. Le tre sale di Álbum, a cura di Rodrigo Moura, suddividono in tre categorie la selezione antologica fatta a partire dall’archivio di Restiffe: Paesaggi e Moltitudini, Album, Inquadramenti e Costruzioni. Nel testo che accompagna il catalogo così la descrive Joachen Volz, il direttore dello spazio che l’ha accolta (la Pinacoteca di São Paulo): “Álbum diluisce, in una maniera bellissima, i limiti tra le immagini intese come documenti personali, pratica artistica o semplicemente come il modo che l’artista ha di negoziare la sua traiettoria tra vita e finzione, realtà e arte”.
I tempi e le immagini dell’archivio di Restiffe si alternano a quelli dei dipinti delle collezioni permanenti del MASP e della Pinacoteca stessa, in un dialogo di congenialità e attinenze, più o meno letterali.
La prima e la terza sala (che ospitano rispettivamente le sezioni Paesaggi e Moltitudini e Inquadramenti e Costruzioni) si risolvono in una serie di polittici, mentre la seconda (Album, da cui la mostra prende il titolo) offre due prospettive diverse. Da un lato dell’ambiente una serie di ritratti pressoché singoli, allineati secondo un intradosso inferiore, come incontri puntuali su di un percorso. Il lato opposto articola invece un’unica, intensa, lunga serie di settantatré foto, bilanciata sopra e sotto un orizzonte retto, a comporre un toccante racconto, ordinato cronologicamente, della vita familiare dell’artista, tanto intimo che arriva a suscitare quasi un senso di pudore nell’ammirarlo.
OLTRE IL TEMPO
La forza poetica di tutto il lavoro di Restiffe è tale da sorprendere tanto nella sua coerenza quanto nella sua eterogeneità. Non solo la nozione di “genere” perde di significato, ma anche quella di “tempo”.
Impossibile non cedere alla tentazione, facile quanto affascinante, di ricordare l’osservazione di Lina Bo Bardi: “Il tempo lineare è un’invenzione dell’Occidente. Il tempo non è lineare, è un meraviglioso groviglio dove, in qualsiasi momento, si possono scegliere punti e inventare soluzioni, senza inizio né fine”.
Le imperfezioni tipiche del processo analogico e il temperamento dell’ostinato uso del b/n di Restiffe fanno sì che i tempi si amalgamino, in un tutt’uno in cui quello passato, quello presente e un tempo quasi onirico si impastano, si confondono, si combinano in un magnifico, commovente universo, ogni volta da ordinare secondo un assetto diverso.
‒ Federica Andreoni
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