Prospettive diverse. Carlo Alfano a Rovereto
Mart, Rovereto – fino al 18 marzo 2018. Al confine tra arte e filosofia, un’indagine sul linguaggio dell’arte. Percezioni e prospettive nuove ridefiniscono i limiti del mondo, soggettivo e frammentato, attraverso le opere di Carlo Alfano.
Mentre il Mart festeggia i 15 anni dalla sua inaugurazione, continua la mostra monografica dedicata all’artista napoletano Carlo Alfano (Napoli, 1932-1990). Lo stretto rapporto con il Museo Madre di Napoli e l’Archivio Alfano ha permesso di esporre grandi opere e di rileggere il lavoro dell’artista alla luce degli innumerevoli spunti filosofici che illuminano la sua carriera. La mostra porta avanti una riflessione sulla messa in scena e sulla scatola prospettica scaturita dall’incontro con due importanti pensatori del ‘900: Michel Foucault e Ludwig Wittgenstein. Carlo Alfano vive nella Napoli di Lucio Amelio e dello Studio Morra, è un artista imbevuto di filosofia e, come molti nella città partenopea, predilige i filosofi ai critici.
IL SOGGETTO COME LIMITE
E la filosofa è proprio la chiave di lettura di un percorso poliedrico che passa attraverso diverse fasi, ma che sembra mantenere il suo punto focale nella riconsiderazione del soggetto come limite. Il soggetto non è più qualcosa di separato dal mondo, ma, nella percezione ordinaria che abbiamo della realtà, rappresenta semmai il limite, il confine che definisce la nostra conoscenza. Anche Michel Foucault, con Les Mots et les Choses, poneva termine al rapporto di somiglianza tra parole e cose, e quindi a una cultura intesa come rappresentazione del mondo. Con la fine del dualismo soggetto/oggetto, dunque, secondo Wittgenstein il campo visivo giunge a comprendere, nella sua percezione del mondo, anche l’occhio che guarda. Questo concetto pervade buona parte del lavoro di Alfano, incentrato sulla percezione e sulla messa in scena.
Nella serie Distanze, citando l’elemento dello specchio di Las Meninas a cui fa riferimento Foucault, accoglie colui che guarda all’interno dell’opera. Si tratta di prospettive che non riescono più a dare ordine al mondo, ma aprono e dischiudono dubbi e riflessioni introducendo l’aspetto soggettivo e frammentato dell’epoca moderna. Non è altro che un “mio mondo” che coincide con la percezione che posso avere di esso.
Anche in Tipo e Strutture ritmiche e Tempi prospettici, in cui Alfano si avvicina alle sperimentazioni dell’arte cinetica, l’occhio che guarda diviene parte attiva dell’opera poiché la percezione di essa muta a seconda del punto di vista assunto dallo spettatore dietro cilindri di plexiglas montati su tavole rivestite di un pattern segnico.
IL LINGUAGGIO DELL’ARTE
Nella celebre Stanza per voci, invece, l’interesse verso la prospettiva e la percezione si fa opera ambientale e sonora. Un doppio telaio d’alluminio, tra cui è invitato a passare lo spettatore, rappresenta il simulacro del quadro. È ancora un’interrogazione sulla grammatica dell’arte, un portare alla luce i suoi meccanismi e i suoi strumenti. Alla tela è sostituita una bobina di nastro magnetico che, scorrendo in loop, fa risuonare frammenti di discorsi.
Ancora nei Frammenti di un Autoritratto Anonimo il tema della parola e del linguaggio ritorna. È il momento in cui l’arte si fa più vicina alla filosofia e la ricerca di Alfano si spinge verso l’arte concettuale.
Il soggetto unitario tramonta del tutto nell’io diviso delle tele dedicate al tema del doppio. Eco-Discesa è un uomo diviso a metà dalla tela tagliata in due e ricucita. Un vero e proprio manifesto della disgregazione del soggetto unico pensante.
‒ Antonella Palladino
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