Le origini di Modena. In una mostra

Foro Boario, Modena ‒ fino all’8 aprile 2018. In occasione dei 2.200 anni dalla fondazione e all’interno di un progetto condiviso con altre figlie della Via Emilia (Parma, Reggio, Bologna), a Modena si presentano al grande pubblico i risultati di trent’anni di ricerche sulla Mutina romana, in una mostra dedicata al legame della città moderna con il suo passato e segnalata anche nei percorsi suggeriti tra le pagine del nuovo Artribune Magazine.

Cinque metri di fango. A Modena la distanza tra passato e presente è quanto mai concreta e quantificabile, misurabile e analizzabile nella sua fisicità ancor prima che nella sua storicità.
La prima parte della mostra svela cosa si trova sotto quello strato di depositi alluvionali e lo contestualizza attraverso avvincenti ricostruzioni nella Modena di oggi. Di quegli aspetti che fecero della Mutina repubblicana e poi imperiale quella città firmissima e splendidissima ricordata da Cicerone nelle Filippiche, qualcosa si può intuire dai reperti (alcuni presentati per la prima volta al pubblico) provenienti da raffinate residenze private e lussuosi edifici pubblici, nonché dalle testimonianze delle eccellenze manifatturiere mutinensi: costosi tessuti di lana e ceramiche che spesso esibiscono con orgoglio il marchio MUTINA FECIT. Infine, i nomi e i volti dei mutinenses conservati da stele ed epigrafi funerarie: tra gli oltre seicento centurioni, matrone, liberti e sacerdotesse anche il cagnolino Citus, piccolo compagno effigiato sul sarcofago della padroncina Plautilla.

Nicolò dell'Abate, L'incontro dei triumviri Ottaviano, Antonio e Lepido (particolare), dipinto murale su tela, 1546. Modena, Palazzo Comunale, sala del Fuoco

Nicolò dell’Abate, L’incontro dei triumviri Ottaviano, Antonio e Lepido (particolare), dipinto murale su tela, 1546. Modena, Palazzo Comunale, sala del Fuoco

VORAGINI E PASSATO

Tutta la seconda parte della mostra è un ritorno dalla città antica all’attualità, ripercorrendo tutte quelle voragini, concrete e metaforiche, che hanno strappato ai depositi alluvionali ciò che oggi conosciamo di Mutina. Una conoscenza che procede per illuminazioni improvvise e quasi miracolose, tramite squarci a un tempo spaziali e temporali che, la scorsa primavera, alcuni street artist di fama internazionale hanno concretizzato in vertiginose prospettive che spalancavano la città attuale su quella antica.
Il rapporto post-antico con Mutina inizia con la voragine miracolosa che ha concesso a Lanfranco e Wiligelmo di edificare, con i disiecta membra della città antica, la Cattedrale che per secoli è stata il luogo privilegiato del confronto dei cittadini con il loro passato romano. Un passato che giocò un ruolo fondamentale nella consapevolezza civica dei modenesi, esibito sempre con orgoglio, dagli affreschi di Nicolò dell’Abate nel Palazzo Comunale (1546) alle trattative per rappresentare Mutina nell’allestimento della Mostra Augustea della Romanità (1937).
Forse proprio l’eccezionalità dei rinvenimenti ha fatto sì che a Modena il passato e la sua tutela siano stati recepiti come preziosi più che altrove, portando a una cura speciale del bene archeologico e della sua fruizione pubblica eccezionalmente precoce: la Società Archeologica (1844), fondata da privati e volta non solo al recupero del passato ma anche alla sua tutela e valorizzazione, precorre le appassionate imprese di Carlo Boni e Arsenio Crespellani, fino ai successi più recenti dell’archeologia modenese, dall’adozione della Carta Archeologica tra gli strumenti di pianificazione urbanistica del Comune (1990) alla creazione del Parco archeologico Novi Ark (2012), che accoglie il visitatore appena uscito dai locali della mostra.

Ricostruzione virtuale di Mutina, l’anfiteatro romano ricostruito nella città contemporanea. A cura di Altair4 Multimedia

Ricostruzione virtuale di Mutina, l’anfiteatro romano ricostruito nella città contemporanea. A cura di Altair4 Multimedia

UNO SGUARDO AL FUTURO

Un’ultima voragine, in questo caso “futura”, conclude la mostra: una capsula del tempo destinata a essere aperta nel 2099, millenario della posa della prima pietra della Cattedrale. I visitatori sono invitati a depositarvi messaggi e oggetti per rappresentare la nostra contemporaneità ai modenesi del futuro. E speriamo che quella data e i secoli a venire non ci trovino obliterati da altri metri di fango agli occhi della città futura: nel malaugurato caso, date le confortanti premesse raccontate in questa mostra, possiamo star certi fin da ora che i modenesi, che da sempre rendono avia pervia (“possibili le cose impossibili”, questo il motto cittadino) e che le trivelle per aprire voragini nel fango le hanno poste fin nello stemma cittadino, una volta di più accetteranno con entusiasmo la sfida.

‒ Chiara Ballestrazzi

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Chiara Ballestrazzi

Chiara Ballestrazzi

Chiara Ballestrazzi ha conseguito una laurea in filologia classica (2011) e una in archeologia classica (2012) presso l’Università di Pisa. Normalista, è stata redattrice per l’arte antica dell’Osservatorio Mostre e Musei (2011-13) e cofondatrice della compagnia teatrale della Scuola Normale.…

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