Violenza animale, tocco brutale. Ligabue a Parma
L’eterno luogo comune di genio e sregolatezza, di arte e follia. Che, nel caso di Antonio Ligabue, diventa quasi proverbiale. Se poi Sgarbi lo definisce un van Gog “padano”, allora il solco s’approfondisce. Merita in ogni caso la splendida mostra alla Fondazione Magnani Rocca. Nel parmense, fino al 26 giugno.
Si vorrebbero mettere da parte antichi discorsi, sul rapporto fra creatività naïf e incontri/parallelismi della ricerca, tra visionarietà artistica e follia. Ma, ogni volta, inevitabilmente, di fronte alle opere di Antonio Ligabue (Zurigo, 1899 – Gualtieri, Reggio Emilia, 1965) si torna su queste tematiche. Poiché lui in qualche modo è ancora e sempre la figura-simbolo di quell’urgenza espressiva che nasce da tormenti confusi, bisogni profondi privi di mediazione colta, oltre ogni scuola, corrente, percorso formativo.
Ma è davvero così? Icona ormai definita, Ligabue pare esporsi con le sue ossessioni attraverso i ritratti, la violenza delle lotte, della sopraffazione tra animali. Tra sofferenze e scontri, contese e solitudini, l’arte diviene forma di riscatto: Sgarbi evoca la figura di van Gogh, e Ligabue come una sua variante “padana”.
Di drammatica intensità sono le immagini delle belve selvagge, con gli occhi accessi, le fauci spalancate. Nella mostra si possono seguire, intuire le evoluzioni della ricerca coloristica, l’uso degli spazi sulla tela, il piacere della luminosità elettrica, vivace, impetuosa del colore. Un leone pare sospeso in aria mentre sta raggiungendo la sua preda, e le zebre sono in fuga. È così crudele il mondo? La volpe dallo sguardo allucinato, quasi un flash nella luce ancora notturna, fugge con in bocca un gallo. E di fianco al gattopardo c’è un teschio umano.
Nel bel catalogo vengono ripercorse, con la vita dell’autore, alcune tappe delle sperimentazioni artistiche, e insieme alle opere – dipinti, disegni, sculture – anche alcuni stralci di giudizi critici. E poi scorrono foto dell’autore in moto, di fianco a un cavalletto o mentre abbraccia Cesarina, “la donna amata”. Marzio Dall’Acqua – tra i maggiori studiosi di Ligabue – sottolinea la capacità di quest’autore non solo di indagare i segni delle sue private emozioni, ma di trasformarle “in linguaggio, in colore e forma che aderiscono al sentire”. Così forse si spiegano anche alcuni gesti, quasi riti magici, utilizzati a volte nel momento dell’insoddisfazione, come mancando l’inventiva, l’energia di tradurre intime inquietudini in gesto pittorico.
Magnifica la Lotta di galli, con un tacchino che osserva e sullo sfondo una campagna quieta, indifferente. Numerosi sono gli autoritratti esposti. Di magica efficacia anche le sculture, scattanti nei movimenti le belve, anche il fervore plastico senza possibilità di pace, di quiete, di serenità. Come la vita di Antonio Ligabue.
Valeria Ottolenghi
dal 12 marzo al 26 giugno 2011
Antonio Ligabue – La follia del genio
a cura di Augusto Agosta Tota
Fondazione Magnani Rocca
Via Fondazione Magnani Rocca, 4 – 43029 Mamiano di Traversetolo (PR)
Orario: da martedì a venerdì ore 10-18; sabato, domenica e festivi ore 10-19
Ingresso: intero € 9; ridotto € 5
Catalogo Augusto Agosta Tota Editore
Info: tel. +39 0521848327; [email protected]; www.magnanirocca.it
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati