Thomas De Falco / Maria Elisabetta Novello – Alberi

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO PAEPA
via Alberto mario 28 , Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

lun. - ven. 10,00 / 12,30 - 15,30 / 19,00 - sabato su appuntamento

Vernissage
25/01/2018

ore 18.30

Artisti
Maria Elisabetta Novello, Thomas De Falco
Curatori
Laura Cherubini, Cristiana Perrella
Uffici stampa
PAOLA C. MANFREDI STUDIO
Generi
arte contemporanea, doppia personale

“ALBERI”, un progetto espositivo di Thomas De Falco e Maria Elisabetta Novello a cura di Laura Cherubini e Cristiana Perrella.

Comunicato stampa

Inaugura il 25 gennaio, presso lo Spazio PAePA di Milano, diretto da Giuliano e Nunzia Papalini, “ALBERI”, un progetto espositivo di Thomas De Falco e Maria Elisabetta Novello a cura di Laura Cherubini e Cristiana Perrella.

“Le opere che ciascuno presenta, circa sei di non grande formato, danno vita ad un dialogo intenso, anche se con linguaggi apparentemente piuttosto diversi”, scrivono le curatrici Laura Cherubini e Cristiana Perrella introducendo il catalogo con una stimolante riflessione critica frutto di una loro conversazione che mette a confronto il lavoro dei due artisti . “Molte sono le analogie tra loro, ad esempio in entrambi c’è un aspetto performativo. Per Thomas questo nasce a partire dal rituale di esecuzione delle altre opere, il lento lavoro che esegue da solo a telaio, ed evidenzia la dialettica tra tessitura e azione. Anche per Elisabetta le performance nascono dagli altri lavori, in particolare dalla realizzazione dei tappeti e dei ricami di cenere, che dura giorni e richiede grande attenzione e precisione ma che, essendo svolta in uno spazio pubblico e non nel chiuso dello studio, genera curiosità e interventi da parte di altre persone, segnalando un desiderio di partecipazione che l’artista coglie e traduce in seguito nei suoi progetti performativi”.

Maria Elisabetta Novello - Paesaggi 2017 - cenere in teche di plexiglas
3 elementi 160x60 cm l'uno

Inoltre – proseguono le curatrici - “ambedue sono sempre rimasti fedeli al materiale prescelto. Thomas, dopo aver frequentato la Scuola d’Arte Applicata al Castello Sforzesco, per apprendere la tecnica dell’arazzo, ha coniugato due pratiche apparentemente distanti come l’antica arte della tessitura e quella più contemporanea e “d’avanguardia” della performance. Elisabetta ha eletto a suo materiale l’impalpabile cenere sin dai suoi dai primi lavori del 2000. É interessante poi che per entrambi la manualità sia un aspetto importante. L’esecuzione lenta e paziente- compiuta di persona e mai delegata”.

Secondo Laura Cherubini e Cristiana Perrella poi, “ molto importante anche il processo, il tempo che l’esecuzione richiede, la concentrazione. É una pratica di meditazione che porta ad un’elevazione dello spirito, a staccarsi dalla realtà. Da questo potremmo giungere a definire un'altra similitudine tra i lavori di Thomas ed Elisabetta, e cioè che sono entrambi non narrativi, hanno in sé il proprio principio, non hanno bisogno di raccontare, di rimandare ad altro per essere. Non narrativi e con un aspetto spirituale”.
Anche alcuni aspetti formali possono però avvicinarli, ad esempio – sottolineano le curatrici - “in alcuni arazzi di Thomas è presente un’idea di stratificazione di linee, la trama è composta da diversi materiali che si susseguono e tracciano un segno che è quasi figurativo, danno l’idea di un paesaggio. Elisabetta fa apertamente dei lavori che si intitolano proprio Paesaggi, dove cenere dal colore e dalla consistenza diversa si accumula in strati che rimandano all’orografia, alla linea di un orizzonte montuoso. Per entrambi è però sempre più un’idea, un concetto, che non una descrizione”. Concludendo la loro conversazione, Laura Cherubini e Cristiana Perrella tornano a parlare di similitudini e differenze tra i due artisti: “sia Thomas che Elisabetta lavorano nell’alveo della tradizione italiana ma accostandone due aspetti molto diversi. Elisabetta è nella linea più concettuale, minimalista, più di sottrazione nell’approccio alla materia; Thomas si rifà più all’informale. Da Burri, un riferimento aperto, a elementi del Fontana più nucleare, a Edgardo Mannucci, che fu il maestro di Giuseppe Uncini, che certe sue sculture di ferro e filati mi ricordano molto”.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione con un saggio critico delle curatrici (edizioni Quaderni PAePA).