Il potere della moda non conosce limiti, non solo per capacità economiche ma anche per un’indole curiosa che si muove allargando i confini creativi. La moda fa le campagne, come Napoleone, per invadere il mondo. Un’invasione che, dopo la produzione, si articola in due momenti: la comunicazione e la vendita. La comunicazione è la diffusione del virus, è l’immateriale che genera dipendenza, le storie sempre diverse di cui vorremmo far parte, che coinvolgono il nostro regista preferito, lo chef più bravo al mondo, l’artista che indossa o disegna, il designer che sa interpretare lo stile del brand anche su una sedia. È la favola della blogger che sposa il rapper. La vendita è l’esito di questo lavoro, la misura reale della favola. Quanti pezzi? Quali? Dove? Su che mercato?
Tra le favole misurabili più significative, ce n’è una che parte dal fascino dei protagonisti per arrivare al numero dei retail, dall’immateriale al materiale che sta da sempre dietro al successo del concetto di luxury: è The Webster, nota anche come The Webster Miami. Un vero impero commerciale con 5 multi-brand boutique negli Stati Uniti e un sito di e-commerce, per vendere una selezione dei migliori brand contemporanei ma anche per collaborare con altri grandi retailer in tutto il mondo, come Le Bon Marché o Lane Crawford, dalla Francia alla Cina. Sono quelli del logo del fenicottero rosa, un’immagine che ha ispirato più di venti brand come Courrèges, Thom Browne o Coach, che hanno creato prodotti esclusivi per The Webster. Un’immagine che ha invaso schermi e vetrine di ogni dimensione, e ogni tipo di comunicazione: trovavamo ovunque il flamingo rosa e non capivamo perché. Una trovata intelligente, un testimonial perfetto, un fenomeno che ha innescato un merchandising naturale che riportava sempre a Miami. Il caso The Webster non si limita alla vendita ma vede nella creazione di collezioni speciali una delle strategie più vincenti, capace di unire in un progetto grandi nomi e creare collaborazioni per reinventare il lusso esclusivo.
LA STORIA
In questa favola, chi ha pensato a tutto e continua a farlo, dal flamingo rosa alle collaborazioni imprenditoriali e di ricerca, è la principessa intelligente: Laure Hériard-Dubreuil, la bella e capace imprenditrice francese che nel 2007 apre The Webster a Miami e sposa il bellissimo, carismatico e bravo artista Aaron Young. Le origini colte di Laure hanno radici nella famiglia che produce il cognac Rémy Martin, dotandola di una visione europea che non conosce confini e la porta a una formazione perfetta, fra gli studi economici internazionali e l’apprendimento del mandarino a Shanghai, e infine la decisione di concentrarsi sul merchandising al Fashion Institute of Technology di New York. Arriva a Miami Beach, in Collins avenue, dopo aver lavorato per Balenciaga e Yves Saint Laurent, e porta nell’edificio di uno dei più famosi architetti Art Déco degli Anni Trenta, Henry Hohauser, i brand europei più importanti come Céline, Balmain, Pierre Hardy e Azzedine Alaïa.
Laure Hériard-Dubreuil è l’artefice dell’attuale posizionamento di Art Basel Miami Beach, sia come promotrice di relazioni sia come un autentico brand, attuando collaborazioni con giovani fashion designer in un luogo e in un momento di grande visibilità. La fiera costituisce uno degli appuntamenti più rilevanti per la connivenza fra arte, moda e design, con un’unione di forze che si sostengono reciprocamente: da un lato il pubblico legato alla moda, fashion victim con grande potere d’acquisto; dall’altro, eventi glamour che attirano l’attenzione di star e vip internazionali che vogliono partecipare ai party di Gucci, Vuitton, Hermès, Dior, Fendi…
NUOVI TALENTI
Proprio Fendi ha festeggiato i dieci anni di collaborazione con DesignMiami/ – è uno dei primi brand di design, con Fendi Casa, fondato nel 1987 – con l’installazione bio-industriale della designer veneziana Chiara Andreatti. Dopo Milano e New York, Gucci ha portato a Miami l’art wall di Coco Capitain con la grande scritta su una facciata “I Want to Go Back to Believing A Story”. E la Fondazione Prada ha proposto The Prada Double Club Miami con Carsten Höller.
Fra tante operazioni, quella di The Webster appare la più autentica: la rappresentazione nello spazio commerciale puro, sia di un party che di una presentazione, danno la sensazione di una destinazione sicura, meno artistica di una galleria o di uno spazio espositivo, molto più concreta. Un aiuto e una collaborazione sia al ricambio generazionale, con i nuovi talenti della moda, sia ai progetti di ricerca con fini non profit, che portano il retail a ospitare in fiera i giovani Marco De Vincenzo e Sies Marjan. Marco De Vincenzo realizza, in collaborazione con l’artista Agostino Iacurci, una capsule collection di otto pezzi che fonde lo stile italiano all’esprit déco dei colori di Miami. Un progetto artistico che diventa prodotto, in vendita in uno spazio commerciale esclusivo. Sies Marjan è il brand del designer Sander Lak che collabora con lo scrittore e artista Walter Robinson con una collezione di lenzuola in cotone, con le immagini delle modelle ritratte da Marjan nei fashion show, in un percorso concettuale che dà immagine al volto più che al corpo.
Una bella favola concreta, quella di The Webster, che privilegia i giovani grazie alla vendita dei grandi.
‒ Clara Tosi Pamphili
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #41
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati