Muore a Roma all’età di 91 anni Tito Amodei, l’artista religioso della Scala Santa
Nonostante il Parkinson, il padre passionista e scultore è stato dedito all’arte fino alla fine dei suoi giorni, nella cella-studio ai piedi della Scala Santa. Vicino ad artisti quali Sebastian Matta, Andy Warhol e Mark Rothko, non amava definirsi un “artista sacro”
È scomparso ieri mattina a Roma all’età di 91 anni, nella sua cella-studio ai piedi della Scala Santa, Ferdinando Amodei, religioso e scultore di arte sacra e monumentale più noto come Tito. Nonostante il Parkinson che lo aveva colpito a una mano, praticava ancora l’attività artistica. Da oggi, 31 gennaio 2018, dalle ore 15 alle ore 19, sarà allestita per gli amici la camera ardente nel convento dei Padri Passionisti alla Scala Santa. I funerali si terranno giovedì 1 febbraio alle ore 10:30 nella Cappella di San Lorenzo alla Scala Santa.
LA DOPPIA VOCAZIONE DI TITO AMODEI
Nato a Colli a Volturno (IS) nel 1926, Tito Amodei è stato scultore, pittore, critico d’arte e padre passionista. La sua vita è stata segnata da due vocazioni, quella per Dio e quella per l’arte, due “mondi” che seppe coniugare attraverso una ricerca estetica e spirituale che, nella sua opera, si traduceva in un’astrazione geometrica elaborata attraverso le forme base del cilindro e del piano e l’equilibrio prospettico e luministico di pesi e volumi con lo spazio circostante. All’età di 7 anni ha la prima “epifania”, come ha raccontato l’artista per Avvenire: “mio padre, un contadino, disegnò sul quaderno un asinello. Sul foglio bianco vidi prendere vita una forma. Fu uno sgomento e un’illuminazione”. Anche la vocazione religiosa arriva presto: tra il 1940 e il 1943, Amodei entra in seminario a Nettuno per gli studi ginnasiali e successivamente in noviziato presso il convento dei Passionisti di Monte Argentario, dove assume il nome di Tito. Negli stessi anni, coltiva da autodidatta la passione per l’arte, cimentandosi nella scultura, nella pittura e nel disegno. Negli anni Cinquanta intraprende a Firenze gli studi teologici, che si concluderanno con l’ordinazione sacerdotale, e gli studi all’Accademia di Belle Arti con Primo Conti. Particolarmente attratto dal tema iconografico della Deposizione, negli anni Sessanta realizza di questo soggetto una serie di pitture e sculture in legno e in bronzo. È del 1964 la sua partecipazione alla Biennale di Venezia, con il documentario Passione di Cristo nell’arte contemporanea, di cui Amodei ha curato la sceneggiatura e la fotografia.
LA PITTURA SACRA “CONTEMPORANEA” DI AMODEI
Amodei si è contraddistinto per il modo in cui, da religioso, ha trattato l’arte sacra. Attraverso mostre, conferenze e pubblicazioni, ha promosso l’arte con un dibattito aperto alle più innovative forme espressive, sebbene non scevro di controversie, portando nella pratica artistica il messaggio del concilio Vaticano II. Amico di Sebastian Matta, Amodei conobbe anche Andy Warhol e Mark Rothko, contatti che lo portarono a praticare un’arte sacra scevra da dogmatismi e conformismi: le sue opere astratte sono molto vicine ai dibattiti che tra gli anni Cinquanta e Sessanta animavano il sistema dell’arte di quei tempi. “Non faccio arte religiosa”, spiegava Amodei in un’intervista su La Repubblica. “L’arte non è religiosa né laica. È solo arte”. Proprio con Matta, nel 1964 Tito realizzò a Roma la mostra Bella Ciao – Dare alla Vita una Luce; è del 1976 invece Tito – Le sculture, personale tenuta presso la Sala 1. In questa occasione, oltre alle drammatiche Deposizioni, vengono esposte opere dal tema fantastico che contraddistinguerà anche la produzione degli anni Ottanta: composizioni in legno e bronzo in cui forme naturali dal significato simbolico (le mele, il pesce, l’uovo, il sole, l’uccello) sono imprigionate in architetture geometriche che prendono vita attraverso giochi di luce e ombra creati dagli elementi scultorei e i movimenti dell’osservatore. La produzione artistica più recente di Amodei, principalmente strutture architettoniche in legno pensate per gli spazi aperti, si contraddistingue per le grandi dimensioni: una sorta di quinte teatrali capaci di animare le figure dall’interno, casse di risonanza che le fanno vibrare in un gioco di riduzione e dilatazione, corrispondenza di pieni e vuoti a cui il visitatore partecipa.
L’ICONOGRAFIA SACRA E I VALORI ARTISTICI
Nella sua attività artistica, Amodei è stato sempre impegnato nel creare un incontro tra il sacro e l’arte contemporanea, invitando la Chiesa nel leggere nel contemporaneo la presenza di istanze religiose. Convinto che l’iconografia devozionale cattolica fosse priva di valori artistici, Amodei nel 1971 realizza presso la Sala 1 una clamorosa esposizione di prodotti religiosi kitsch. E sempre su questo tema, nel 2010, pubblica per le Edizioni Feerira di S. Leolino (Firenza) Perché la Madonna vuole apparire kitsch?. “Dio non c’è come rappresentazione dei misteri e delle liturgie, ma come presenza di una consistenza spirituale che io rivendico. In questo senso le mie opere sono realmente sacre”, ha dichiarato l’artista. “La presenza di Dio nelle opere è di rimbalzo, perché se le sculture che faccio sono una promanazione della mia vita religiosa, allora Dio non può non esservi”. Tra le opere più note dell’artista, inoltre ricordiamo le Via Crucis in bronzo nei Sassi di Matera, il grande fregio di 30 metri in terracotta del Collegio Massimo all’EUR (Roma) e il mosaico (250 metri quadrati) nel Santuario di S. Maria Goretti a Nettuno. Le opere di Tito Amodei sono presenti in importanti collezioni private e pubbliche e nelle raccolte di prestigiosi musei del mondo, tra le quali: Albertina, Vienna; Kelvingrov Art Gallery and Museum, Glasgow (Scozia); Museo di Arte Moderna di Tel Aviv; SMAK (collezione Jan Hoet), Gand (Belgio); Musei Vaticani; Museo Nazionale della Grafica, Roma; Collezione della Farnesina – Ministero degli Affari Esteri, Roma; MUSMA- Museo della Scultura di Matera.
– Desirée Maida
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