Da Vasari ad Hayez. Alle Gallerie dell’Accademia di Venezia nuovi acquisti per il bicentenario
A 200 anni dalla prima apertura pubblica, Gallerie dell'Accademia, MiBACT e Comitati collaborano ad arricchire il patrimonio del museo con l’acquisto di dipinti e disegni strettamente legati al contesto artistico veneziano
Oltre alla mostra in corso Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima gloria di Venezia, il bicentenario della prima apertura pubblica delle Gallerie dell’Accademia di Venezia è l’occasione per continuare un ampio programma di iniziative di conservazione e valorizzazione. L’importante ricorrenza è celebrata, infatti, attraverso un eccezionale incremento del patrimonio artistico del museo grazie all’acquisto nel 2017 di dipinti di Giorgio Vasari, Bernardo Strozzi, Pietro Bellotti e diciotto disegni di Francesco Hayez, reso possibile dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con la collaborazione di Venetian Heritage e Venice in Peril Fund (Londra), ora in esposizione nelle sale XVIa e 11 del museo veneziano fino al 26 febbraio. Ecco le quattro opere nel dettaglio.
– Claudia Giraud
GIORGIO VASARI – LA SPERANZA
La tavola La Speranza di Giorgio Vasari faceva parte del celebre soffitto a cassettoni di Palazzo Corner Spinelli, composto da nove comparti eseguito dal maestro aretino per Giovanni Corner, durante il suo breve soggiorno veneziano nel dicembre del 1541. Il soffitto, sul finire del Settecento, veniva smontato e i comparti dispersi sul mercato antiquariale internazionale, poi riacquistati uno a uno dallo Stato, grazie al lavoro delle Soprintendenza veneziane, a partire dal 1987 fino ad oggi, con l’ultimo pezzo mancante costituito da La Speranza. Un lavoro reso possibile al supporto economico ed organizzativo, per gli ultimi due recuperi, di Enti pubblici e privati e, in particolare, delle fondazione Venetian Heritage Onlus e Venice In Peril Fund.
BERNARDO STROZZI – LA PARABOLA DELL’INVITATO A NOZZE
La tela di Bernardo Strozzi è un frammento di una composizione più ampia di formato ovale, rappresentante la Parabola del banchetto di nozze. Il grande telero era originariamente conservato nella chiesa dell’Ospedale degli Incurabili a Venezia e la sua iconografia è ricostruibile a partire dai bozzetti preparatori (agli Uffizi e all’Accademia Ligustica di Genova). Strozzi mette in scena il momento più significativo della parabola evangelica, ovvero la punizione impartita dal sovrano a colui il quale si era presentato al banchetto privo di abiti nuziali, con allusione a chi non sarà ritenuto degno di entrare nel Regno dei Cieli il giorno del Giudizio.
PIETRO BELLOTTI – AUTORITRATTO IN FORMA DI STUPORE
Lo straordinario autoritratto di Pietro Bellotti in veste di Stupore – citato dal letterato Giovan Giorgio Nicolini ne Le ombre del pennello glorioso (1659) – è una delle invenzioni più singolari e evocative della vasta produzione dell’artista, specializzato nella produzione di mezze figure, rese con vivo realismo e atteggiate nelle espressioni più varie, atte ad illustrare i differenti moti dell’animo umano. Già avvicinata al nome di Giorgione, la tela mostra il tentativo da parte di Bellotti – comune a diversi pittori seicenteschi attivi in Laguna – di recupero della tradizione cinquecentesca veneziana.
I 18 DISEGNI DI FRANCESCO HAYEZ
I disegni acquistati dalle Gallerie dell’Accademia nel dicembre 2017 e presentati al pubblico per la prima volta in assoluto, sono schizzi preparatori per il grande dipinto su tela La distruzione del tempio di Gerusalemme di Francesco Hayez. L’artista, veneziano di nascita e formazione, fu senza dubbio un protagonista assoluto del Romanticismo italiano e uno dei maggiori pittori europei dell’Ottocento. La gestazione dell’opera, presentata a Brera nel 1867 e accolta con grandi onori dalla critica, fu lunga e laboriosa a riprova del valore che Hayez attribuiva al progetto. I disegni qui esposti testimoniano la complessità dell’elaborazione del dipinto e l’evolversi dei progressivi aggiustamenti attraverso una miriade di soluzioni. Il corpus grafico relativo all’opera consente quindi di fare luce sul metodo di lavoro di Hayez e di ricostruirne, attraverso le molte varianti, la genesi creativa.
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