Generazione ’40. Sette artisti nati negli anni ’40
Mostra collettiva dedicata al lavoro di sette artisti nati negli anni ’40.
Comunicato stampa
Venerdì 9 febbraio, presso la galleria Edarcom Europa in via Macedonia 12 a Roma, verrà inaugurata la mostra “Generazione ‘40”, collettiva dedicata al lavoro di sette artisti nati negli anni ’40. La galleria d’arte Edarcom Europa continua così il progetto, iniziato a giugno dello scorso anno con la mostra “Generazione ‘30”, volto alla presentazione e alla riscoperta delle opere provenienti dalla propria collezione attraverso un percorso generazionale nel quale ciascun artista, nella tipicità della propria provenienza geografica e formazione culturale, si connota grazie ad un linguaggio pittorico di riconoscibile qualità tecnica ed espressiva.
Giovanni Faccenda, nella presentazione del catalogo della mostra a Palazzo Venezia nel 2005, scriveva che “la pittura di Franz Borghese (Roma 1946 – 2005) è evocazione autonoma e solitaria di un quotidiano riveduto e corretto attraverso graffianti allegorie. Un tempo di finzioni e contraddizioni, ambiguità e apparenze, sogni e illusioni destinati a tradursi nei consueti inganni”.
Elio Mercuri, in un saggio a margine del catalogo "Nuovo Eden" nel 1999, scriveva che "Possiamo così ripercorrere l'iter creativo e di lavoro di Roberta Correnti (Roma 1946), dalle prime fasi della ricerca, nella quale il mondo dell'adolescenza si anima in ritmi e movenze di danza, in evocazioni di figurazioni liberty di raffinata eleganza a questa sua più matura e consapevole pittura di donne vere, in una loro solitudine, anche tra amiche, o in una conversazione - nel ribaltarsi in umana e laica la "sacra conversazione" - sulla spiaggia deserta, come fuori dal tempo in gesti e atteggiamenti diventati assoluti e però come remoti perduti. Sempre come invocazione o come offerta, la sensazione di una contenuta, commossa ma calda tenerezza".
Jacek Ludwig Scarso, nell’introduzione al catalogo dell’antologica tenuta da Marta Czok (Beirut 1947) presso i Musei di San Salvatore in Lauro a Roma nel 2005, scriveva che “Come il suo background culturale è frammentato e pluridimensionale, così le sue opere sono capaci di giustapporre prospettive politiche radicali ad un attaccamento apparentemente conservatore a valori familiari e religiosi; il tutto scolpito da una ironia astuta ed un’estetica incantatoria. In modo sottile, lo spettatore rimane destabilizzato nelle proprie aspettative, spesso senza accorgersene immediatamente”.
Floriano De Santi, in un ampio approfondimento dedicato dalla rivista Arte&Arte all’artista romano nel 2015, scriveva che la pittura di Franco Fortunato (Roma 1946) “È il regno dell’artigianato, sacro insieme ad Ermes, ad Atena e ad Efesto: dove si costruisce un’irripetibile realtà che non esiste nella physis, nella natura. Così gli occhi precisi ed acuti di Fortunato si guardano attorno, nella storia dell’arte antica e moderna, in Giotto e i giotteschi come nei fratelli Salimbeni, in Giorgio de Chirico come in Magritte, scrutando ed imparando. Le mani accorte ed enciclopediche palpano le cose, soppesandole e studiandole: le trasformano; escogitano accorgimenti tecnici ed invenzioni, compiono l’attività del muratore, del falegname, del carpentiere, del decoratore, dell’orefice, come se tutta la sapienza empirica si concentrasse nelle sue mani flessibili e multiformi”.
Andrea Romoli Barberini, a proposito del lavoro di Ivan Jakhnagiev (Sofia 1948), scriveva che “E' sulla tela, quindi, nel chiuso del suo studio, che Ivan Jakhnagiev dà vita alle sue figure fantastiche, minacciose e innocue come spauracchi per bambini, ma sempre accattivanti. Forme che evocano una dimensione lontana, fantastica, in cui segni neri, decisi e materici riescono a convivere con liriche evanescenze da acquarello”.
Gabriele Simongini, nel testo di presentazione della mostra “L’aria dipinta” nel 2006, scriveva Sigfrido Oliva (Messina 1942) “E’ la luce romana a sedurre l’occhio e l’anima di Oliva, da quella più tersa e cristallina che rende tutto così solido e perfetto a quella più brumosa e rarefatta, dolcemente avvolgente. Ma col tempo e con quell’osservazione amorevole ed attenta che costituisce uno dei massimi pregi di quest’artista così sensibile, alla luce si è aggiunta una sostanza impalpabile e difficilissima da dipingere, l’aria, l’atmosfera”.
Gianmaria Nerli, nella presentazione in catalogo alla mostra presso Castel dell’Ovo a Napoli nel 2007, scriveva che “Quella di Salvatore Provino (Bagheria 1943) è una pittura che conserva la tensione moderna all’indagine filosofica: i mezzi formali si piegano ancora alla ricerca di un significato e la ricomposizione di un universo estetico è ancora sforzo di verità. Eppure, o forse: a ragione, questa impronta filosofica la si deve alla scelta di consegnare la pittura stessa al proprio universo — tanto concreto quanto astratto — di tenace “costruzione” artigianale. Dove la mano del pittore, con pazienza e precisione costringe un’idea o un concetto a una forma, a un segno, a un colore”.
La mostra sarà visibile con ingresso libero fino al 24 febbraio 2018.