Fantagraphic. Spezzoni dalle vite drammatiche #11

Finisce la saga degli spezzoni drammatici di Juta. Lo abbiamo incontrato per farci dire qualcosa in più su di lui e sui suoi personaggi e, soprattutto, su come fare per continuare a non perderli di vista.

Marina l’hanno sempre chiamata Mari, così, per ottimizzare il tempo. Una catasta di “na” risparmiate che, sommate, fanno un giorno di vita bonus. E Marina, detta anche Mari, questo giorno oggi se lo gode. Alla grande. Anche se è l’ultimo.
Finisce la saga degli spezzoni drammatici di Juta ‒ e già un po’ ci mancano (sigh!). Lo abbiamo incontrato per farci dire qualcosa in più su di lui e sui suoi personaggi, e soprattutto su come fare per continuare a non perderli di vista.

Un sacco di amici e lettori di Artribune mi hanno scritto per sapere di più su di te. Li accontentiamo?
Sono Simone Rastelli, firmo Juta, che è il soprannome che mi ha dato mio fratello quando eravamo bambini. Deriva da Youthanasia, ovvero il titolo di un disco dei Megadeth. Ho ventisei anni, sono nato a San Marino, vivo a Milano.

Com’è nato il progetto degli spezzoni, e come si evolverà?
Avevo questa serie di frasi legate a uno stesso personaggio, nate da un gioco di scrittura che mi aveva fatto fare la mia ragazza. Nello stesso periodo un’amica mi aveva chiesto una serie a fumetti per la sua rivista indipendente, quindi ho fatto questo primo episodio, molto grezzo, partendo da quelle frasi… gli avevo messo questo titolo, Spezzoni dalle vite drammatiche.
Poi la rivista purtroppo non è mai stata fatta, ma da quella prima storia sono nati altri personaggi, che ho raggruppato in un sito. Come evolverà ancora non lo so, questo progetto è un luogo di sperimentazione, le cose si consolidano e razionalizzano strada facendo. Comunque farò altri personaggi, tantissimi spero.

Simone Rastelli aka Juta, Angelo

Simone Rastelli aka Juta, Angelo

I protagonisti delle tue storie sono figli di una periferia che si allarga attorno a un centro che non c’è. Dimmi qualcosa in più su di loro e sulla loro inguaribile drammaticità.
I primi spezzoni erano accomunati principalmente dal fatto che si raccontavano le vite di personaggi infelici facendoli apparire buffi. Solo successivamente mi sono accorto che era più interessante spostare il punto focale sull’ambiente. Ovvero fare in modo che non fossero i personaggi ad apparire tragicomici ma le atmosfere nelle quali vivevano. Mi interessa che i personaggi possano essere vittime e testimonianza dei costumi del luogo, che possano riflettere, distorcendo, qualcosa che riguarda anche noi.

Ognuno di loro sembra vicino e distante dagli altri…
Sono delle isole che assieme formano un arcipelago. Ogni spezzone testimonia la vita di un passante. Raramente essi hanno qualcosa da raccontare; più spesso sono la semplice testimonianza di sé stessi. Pare che l’unico spiraglio di salvezza per ognuno di loro sia l’amore, ma nessuno sa bene di cosa si tratti, e forse l’ansia di essere amati supera la capacità di amare. Per questo sono personaggi molto soli, prigionieri del recinto che si sono costruiti intorno.

E tu, sei uno di loro?
Sono tutti e nessuno, quando nasce un personaggio si scoprono delle cose di se stessi attraverso di lui.

Ti stai facendo spazio anche grazie a internet. È una domanda che ormai può sembrare retorica, e forse in fondo non c’è molto da dire, ma sei giovane e mi tocca: quanto ti rompe dover pubblicare tutto su un blog, gratis, e quanto credi che però sia necessario per farsi strada?
Io sono contento di mettere i fumetti online, questo è materiale piuttosto impubblicabile (già voi di Artribune siete stati coraggiosi), se non fosse su internet sarebbe solo in camera mia, anzi, se non ci fosse un sito su cui pubblicarli non li disegnerei proprio. Trovare un modo di proporre i propri lavori su internet per me è stato molto utile, ci si abitua all’idea di avere un pubblico, ed è molto stimolante.

Qualche settimana fa ho letto un articolo di Paolo Castaldi su quanto (poco) senso abbia fare l’autore di graphic novel in Italia. Sei agli inizi di un percorso che ti auguriamo arrivi in altissimo, ma nel frattempo ti chiedo: quanta passione&masochismo c’è in una scelta come la tua?
Allora… fare i fumetti è bellissimo ma sono abbastanza sicuro che esistano lavori più eccitanti. Io non faccio solo fumetti nella vita, sinceramente fatico a immaginare che un giorno vivrò facendo solo fumetti, forse non mi interessa neanche.  Faccio i fumetti perché credo di poter fare delle cose che a qualcuno interessano e quindi intanto le faccio, quando posso, come riesco.

Prima di salutarci, dicci come possiamo non perderti di vista e in quali altri progetti potremo vederti all’opera.
Ora sto lavorando a un libro, spero che un giorno qualcuno lo possa leggere.

Alex Urso

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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