Giovanni Albanese e il paese degli automi. A Roma
Fondazione Volume!, Roma ‒ fino al 16 marzo 2018. Giovanni Albanese plasma la materia di un mondo perduto e la riporta, sferragliante e violenta, nel presente. "Solo roba per bambini", tempo fermo, vecchie maniere e civiltà meccanica estinta di botto.
Le gallerie d’arte mirano spesso al minimalismo, aspirano allo spazio disadorno e all’asettico biancore delle pareti. Con Giovanni Albanese (Bari, 1955), invece, Fondazione Volume! riscopre i propri spazi di vecchia bottega trasteverina colma, cupa, carica della vitalità confusa dei magazzini e dei cantieri. Nella prima sala, un banco da lavoro su ruote è carico di idee e di strumenti. Il mondo rude di macchine d’acciaio e materiali di recupero si presenta subito dopo. Come personaggi da bar, gli automi rivelano le proprie debolezze, emanano un chiasso silenzioso. Inestetismi e segni del tempo ne mordono le carcasse. Non c’è un racconto unico ma un vociare confuso e corroso, richiami di sopravvivenza. Ora che l’energia e la vitalità delle scoperte scientifiche si sono dilatate a dismisura, la regolarità dei loro meccanismi appare sicura ma desueta. Verranno altri automi, meno farraginosi e più efficaci. Nel cimitero dei reperti antropomorfi ancora vivi, a essere esposti sono il movimento morto e la pseudovita.
‒ Raffaele Orlando
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