Elezioni politiche 2018. La cultura nel programma del Movimento 5 Stelle
Si avvicina l’election day. L’appuntamento è per domenica 4 marzo e noi siamo andati a scandagliare i programmi delle principali coalizioni e partiti che sono candidati. Per capire cosa pensano di fare in tema di cultura e turismo. Abbiamo cominciato con il centrodestra, abbiamo proseguito con il centrosinistra e ora raccontiamo le proposte del Movimento 5 Stelle.
A quanto dicono i sondaggi, saranno tre le forze politiche a contendersi il primato nelle elezioni del 4 marzo. Due coalizioni, nei classici schieramenti di centrodestra e centrosinistra, e un meno classificabile – almeno secondo le categorie politologiche tradizionali – Movimento 5 Stelle. Come abbiamo fatto nei giorni scorsi a proposito delle formazioni guidate da Forza Italia/Lega e Partito Democratico, siamo andati a leggere il programma del M5S a proposito di turismo e cultura. Ecco una sintesi delle proposte.
IL TURISMO SECONDO IL M5S
Come si dovrebbe fare in ogni progetto degno di questo nome, il partito fondato da Beppe Grillo apre il capitolo sul turismo snocciolando una serie di dati, basandosi sostanzialmente su due fonti: il World Tourism Barometer e il World Travel and Tourism Council. La questione più spinosa che ne emerge è la discrasia fra numero di arrivi e spesa pro capite dei turisti: in altre parole, abbiamo più turisti di altri Paesi, ma guadagniamo meno. Che fare dunque?
La prima considerazione del M5S è di ordine tematico, per così dire: occorre ampliare l’offerta turistica, non limitandola alla cultura (anche se di fatto è già così: basti pensare al turismo balneare). Seguono altri tre macro-obiettivi: 1. Una “governance unitaria” che, fra l’altro, coordini i ministeri dello Sviluppo Economico e dei Trasporti; 2. Una “riforma fiscale e digitale” volta a diminuire le tasse per gli operatori del settore e al contempo a formare questi stessi operatori in area digitale; 3. Il sostegno al turismo sostenibile, individuato come “tendenza” in espansione.
Quanto alle proposte, si comincia con l’istituzione di un ministero apposito per il Turismo (sganciato quindi da quello dei Beni Culturali) che abbia altresì la funzione di “cabina di regia che coinvolga tutte le Istituzioni locali e regionali, che oggi procedono troppo spesso ognuno per conto proprio, creando enorme confusione”. Ciò significa fare un passo indietro rispetto alla modifica del Titolo V della Costituzione, quella che ha assegnato maggiore autonomia alle Regioni, in favore di “una governance unica a livello nazionale” e in un’ottica sinergica.
Quanto alle questioni fiscali, si propone di: 1. Agire in primo luogo sul risparmio di tempi e costi tramite la possibilità di adempiere agli obblighi in maniera digitale; 2. Rimodulare la tassa di soggiorno (da applicare a tutte le strutture ricettive e in maniera proporzionale rispetto al prezzo della camera) e fare in modo che i Comuni la finalizzino al settore turistico; 3. Rimodulare la TARI in funzione dell’effettiva produzione di rifiuti (il che comporterebbe anche un incentivo al riciclaggio); 4. Abbassare ulteriormente l’IVA nel settore; 5. Istituire “Zone Franche Urbane” – qui sta la proposta più “forte” – nella quali saranno previste “agevolazioni fiscali e previdenziali per attrarre investimenti e sostenere la crescita imprenditoriale e occupazionale nelle piccole imprese di nuova costituzione ivi localizzate”; 6. Ridurre l’IMU sugli alberghi, modulando la tassa a seconda della stagionalità, dell’occupazione delle camere ecc.; 7. Intervenire sulla gestione del Tax Free, ovvero “far gestire la procedura burocratica [il rimborso dell’IVA, N.d.R.] all’Erario Italiano”, vincolando tuttavia il recupero del gettito al settore turistico; 8. Ridurre le tasse per le imprese sostenibili, adottando come criteri – fra gli altri – il non-consumo di suolo, lo sviluppo di “Turismo Rurale ed Ecoturismo”, la promozione della “mobilità dolce”, con l’obiettivo d’altro canto di “ridistribuire l’eccessivo flusso turistico per le città che non ne reggono il carico”.
Sul fronte della digitalizzazione, alcune idee che – pur in forme diverse – sono condivise anche da Partito Democratico e Lega, e altre più complicate da realizzare: 1. “Wi-Fi libero e gratuito a livello nazionale”, grazie al quale lavorare sul fronte comunicazione, promozione e e-commerce: i costi per lo Stato, in effetti, non sarebbero enormi, ma lo scoglio delle compagnie telefoniche non sarà facile da superare; 2. “Costituzione di una struttura di Market Intelligence con attività di Digital Marketing”; 2. “Digitalizzazione delle imprese turistiche mediante sistemi di credito d’imposta”; 4. “Digitalizzazione della cultura” (questo punto è piuttosto oscuro).
Un punto a sé è dedicato alla “concorrenza sleale” e in particolare alle presunte storture della sharing economy: non la si cita mai, ma evidentemente si parla soprattutto di Airbnb e di come disciplinarla.
Si passa poi al made in Italy (“Se fosse un brand sarebbe il terzo nel mondo”: qui la fonte e i criteri adottati per sostenere questo dato non sono esplicitati) e a una strategia in quattro punti: 1. “Affiancare la promozione dei prodotti a quella tradizional[e] per destinazioni” (in altre parole: non mete geografiche ma categorie merceologiche, se la nostra interpretazione è corretta); 2. “Promuovere e favorire la nostra immagine turistica in sinergia con il mondo del cinema e della moda” (operazione fattibile in ambito cinematografico grazie alle produzioni RAI, più arduo riuscire a intervenire sulle maison private); 3. “Tolleranza zero per i venditori non autorizzati”; 4. “Valorizzare e promuovere il nostro ‘made in Italy’ come fattore attrattivo per gli stranieri” (quest’ultimo punto di fatto è l’obiettivo che si dovrebbe raggiungere tramite i precedenti tre).
Infine, l’immancabile e legittima richiesta di riformare l’ENIT e la “possibile soluzione” al problema della formazione avviando “un network di iniziative di alta formazione sul turismo […] e costituzione di un tavolo operativo con il MIUR per rafforzare la formazione turistica lungo tutta la filiera”.
LA CULTURA SECONDO IL M5S
Medesima struttura per il capitolo sui Beni Culturali. Innanzitutto alcuni dati, prelevati dal rapporto Io sono cultura 2017 elaborato dalla Fondazione Symbola. Poi gli Obiettivi, pensati per il medio-lungo termine, affinché “si cominci a considerare la Cultura come elemento costitutivo e settore strategico per la crescita del Paese”.
Moltissime le proposte, che vanno dagli interventi più generali a settori specifici come la danza o le biblioteche. Qui di seguito ne abbiamo selezionati alcuni fra i più strutturali e/o attinenti le arti visive.
- Art Bonus: ritenuto “un passo avanti importante”, se ne sottolineano tuttavia i limiti, poiché “mal si presta a raccogliere le micro donazioni che sono altrettanto importanti e rappresentano la sfida nel contesto della raccolta fondi per i beni culturali”. Una soluzione consiste nel permette di “effettuare i versamenti direttamente sul portale Art Bonus”.
- Anagrafe dei beni culturali materiali e immateriali in stato di abbandono: la premessa a questa proposta consiste in una critica a due punti della cosiddetta Riforma Franceschini, ovvero la “scissione avvenuta tra le funzioni di tutela dei beni in capo alle Soprintendenze e la valorizzazione in capo ai musei” e la “la creazione dei grandi Poli museali”. A causa di questi due provvedimenti, aumenta – secondo il M5S – la farraginosità del ministero e la sottovalutazione dei piccoli musei. In questo senso (il legame pare piuttosto forzato) si rende necessaria “un’anagrafe organica dei beni culturali materiali e immateriali in stato di abbandono” e il conseguente “avvio di iniziative di recupero e destinazione nel quadro di una lotta al consumo di suolo”.
- Fruibilità dei beni culturali: sotto questo punto rientrano tutte quelle iniziative atte a “presentare proposte che avessero l’obiettivo di migliorare e ampliare gli strumenti per garantire la più vasta gamma di tutele e la fruibilità del patrimonio culturale”, dalla barriere architettoniche ai servizi didattici per i bambini, dalle “forme di comunicazione più diverse” al miglioramento della ricettività turistica.
- Esportazione dei Beni di Interesse Culturale: qui la posizione del M5S è molto chiara, ovvero “l’immediata revisione […] della Legge per il Mercato e la Concorrenza”, laddove la modifica della norma “ha alzato le soglie d’età dalla data di esecuzione di un’opera, per l’obbligo di presentare una richiesta di autorizzazione all’ufficio esportazioni della Sovrintendenza territoriale, indicando il valore venale dell’opera”.
- Riconoscimento delle figure professionali: “Il Movimento 5 Stelle intende portare avanti un percorso per un adeguato riconoscimento e valorizzazione delle figure professionali che operano nel settore dei beni culturali”.
- Servizi aggiuntivi: “La presenza, de facto, dell’imprenditorialità privata all’interno del sistema culturale e della gestione dei servizi aggiuntivi museali è una dimensione oramai consolidata e comprende anche attività di valorizzazione la cui competenza, a nostro avviso, va restituita alla sfera Pubblica, lasciando ai concessionari privati i soli servizi di bigliettazione, caffetteria, ristorazione e guardaroba”. Attività che il M5S identifica nell’“organizzazione di mostre e manifestazioni culturali nonché iniziative promozionali, di didattica museale etc.”. Gli esempi sono innumerevoli: basti pensare, fra i tanti, alla gestione del Mudec di Milano da parte di 24 Ore Cultura.
- Paesaggio: dure le critiche al decreto Sblocca Italia, accusato di aver “spalancato le porte alla cementificazione del territorio e dei paesaggi italiani”: “Intendiamo ridare importanza al nostro paesaggio, rispettando l’articolo 9 delle Costituzione e annullando queste riforme che non impongono più limiti a cementificazione, trivellazioni e abbattimento di patrimoni arborei”.
– Marco Enrico Giacomelli
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