Giuseppe Mendolia Calella – Bla(n/c)k
Per due settimane le pareti della Galleria KoArt Unconventional Place di Catania, ospiteranno un progetto d’arte relazionale che indaga i meccanismi del mercato dell’arte contemporanea ideato da Giuseppe Mendolia Calella.
Comunicato stampa
Per due settimane le pareti della Galleria KoArt Unconventional Place di Catania, ospiteranno un progetto d’arte relazionale che indaga i meccanismi del mercato dell’arte contemporanea ideato da Giuseppe Mendolia Calella. Venerdì 02 marzo alle ore 19.00 sarà infatti inaugurata negli spazi di via San Michele, 28 la mostra “Bla(n/c)k a cura di Valentina Lucia Barbagallo.
‘Bla(n/c)k' - sincrasi tra virgolette e parentesi tonde dei lemmi ‘blank' e ‘black' - gioca con le parole e l’ortografia per svelare vari livelli semantici legati all’idea dello spazio espositivo e dell’opera d’arte, che il progetto di Giuseppe Mendolia Calella intende rivelare al pubblico, rendendolo parte integrante e attiva della mostra.
Vuoto e pieno, bianco e nero, sono coppie dicotomiche che l’artista crea e sovrappone con l’intento di far cadere l’attenzione del pubblico sul nero dei disegni a carboncino, inchiostro e acrilico che ricoprono le pareti della galleria, un tempo, vuote, bianche.
Che colore ha, dunque, il vuoto? È bianco, come le pareti spoglie della galleria o è nero, come i disegni/frammenti d’inconscio di Mendolia Calella? Poco importa che colore abbia il vuoto e cosa voglia dire effettivamente bla(n/c)k! La radice latina *vo(c)itus, participio passato di *vocere, variante di *vacere, vuol dire vacare ‘esser libero', ci ricorda che il vuoto è, per sua stessa natura, sinonimo di libertà, ed è proprio dal gesto libero, suo e altrui, che è partito l’artista per ideare questo progetto d’arte relazionale.
L’occhio di Giuseppe Mendolia Calella è, inevitabilmente, condizionato dalla sua formazione da designer che lo porta a considerare lo spazio come un luogo vivente e mutevole, non come una mera vetrina in cui presentare i propri lavori. Mendolia Calella, dapprima, con fare bulimico, ricopre le pareti bianche della galleria con pezzi unici e numerati, in altre parole, con disegni di uguale formato (A4) e dello stesso colore. Compie questo gesto da solo, in silenzio. Registra idealmente il suo monologo con lo spazio, monologo che il pubblico apprenderà solo durante l’inaugurazione, momento in cui, su invito dell’artista, ciascuno potrà scegliere e portare con sé i disegni che desidera, ridisegnando a sua volta lo spazio. Ogni disegno potrà essere prelevato dalla parete, dietro il pagamento di una cifra simbolica di 10 euro. Il pubblico così, non soltanto acquisterà l’opera e la sua autentica, divenendone proprietario e collezionista, ma il suo gesto (l’acquisto cui segue la sottrazione del disegno dalla parete) è parte integrante dell’opera che si creerà in galleria.
Un’opera privata, quella scelta e acquistata; un’opera collettiva quella che di minuto in minuto, di ora in ora, si creerà in galleria.
Mendolica Calella, fa di più, ci invita a riflettere anche sulla triade - gallerista, artista e pubblico - del mercato dell’arte contemporanea che tanto divide e incuriosisce studiosi, addetti ai lavori e timidi collezionisti. A prescindere, dal gioco creato con i lemmi blank' e ‘black', il titolo della mostra ha un incipit onomatopeico ‘bla' che rimanda anche ai tanti ‘bla-bla-bla', cioè ai tanti luoghi comuni che, purtroppo, alimentano una certa diffidenza nei confronti dei giovani artisti d’arte contemporanea e delle giovani gallerie e/o spazi espositivi indipendenti.