Nel segno di Peggy Guggenheim. Intervista a Karole Vail
Parola alla direttrice della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, in carica dalla scorsa primavera dopo aver ricevuto il testimone da Philip Rylands. Tra primi bilanci e intenti futuri.
A otto mesi dall’avvio del suo incarico direttivo, quali considerazioni si sente di fare in merito al nuovo ruolo da lei acquisito nell’ambito della Collezione veneziana? Primi bilanci, prime difficoltà, primi successi?
Si tratta ancora di un periodo di assestamento per me, dunque è un po’ presto per parlare di bilanci. Senz’altro non posso non menzionare il record di visitatori registrato a fine anno. Per la prima volta nella storia del museo abbiamo raggiunto le 427mila presenze! Ogni giorno sono sempre più consapevole della qualità eccezionale di questo luogo, della proposta espositiva e didattica. Qualità che lo rendono anche un modello per altre istituzioni culturali. Dunque, desidero mantenere sempre altissimo lo standard delle nostre proposte espositive e per questo serve impegno e forza di volontà, che assolutamente qui non mancano.
Quando ci siamo incontrate lo scorso giugno, accennava ad alcuni progetti in cantiere e a nuove collaborazioni sul fronte delle partnership. Oggi può raccontare qualcosa di più?
Stiamo mantenendo vive le relazioni del museo con altre, prestigiose istituzioni cittadine, quali il Comune di Venezia, Università Ca’ Foscari, Palazzo Grassi e il suo Teatrino, i Musei Civici, nonché la Regione del Veneto. Lavoriamo in sinergia con loro, in occasione delle diverse mostre temporanee e dei programmi collaterali, e ne siamo felici. Inoltre stiamo sviluppando nuove collaborazioni, perché sono certa che unendo le forze si possa lavorare sempre al meglio.
Ha ereditato un incarico importante, sostenuto dal suo predecessore, Philip Rylands, per ben 37 anni. Quale imprinting vuole dare al nuovo corso direttivo della Collezione Peggy Guggenheim?
Desidero ovviamente mantenere alto lo standard delle nostre mostre, sia da un punto di vista di ricerca scientifica sia nella varietà della proposta. Inoltre voglio dare maggiore voce alle artiste donne. Sebbene non ci siano moltissime figure femminili nella Collezione di Peggy, lei stessa dedicò diverse mostre alle donne nell’arte, e le supportò fermamente. Basti ricordare la mostra Exhibition by 31 Women che organizzò nel 1943 nella sua galleria Art of This Century, The Women, del ’45, sempre nella galleria newyorkese, nonché la personale dedicata all’artista astrattista americana Irene Rice Pereira.
Peggy Guggenheim legò fortemente la sua raccolta alla città di Venezia. La Venezia di oggi, però, è molto lontana da quella in cui visse Peggy. Come rispettare la volontà di Peggy in uno scenario così diverso?
Credo che il modo migliore per rispettare la volontà di Peggy sia quello di mantenere sempre alto il livello della proposta espositiva e dei programmi del museo, e di far sì che la Collezione Peggy Guggenheim continui a essere un luogo aperto, dinamico e sempre innovativo.
Venezia è stata recentemente inclusa dalla CNN fra le dodici mete internazionali da evitare, in ragione di flussi turistici fuori controllo all’interno di una città sempre più povera di residenti. Le istituzioni culturali, e la Collezione Guggenheim in particolare, quale contributo possono dare per invertire la rotta?
La Collezione Peggy Guggenheim non è solo un museo per turisti, ma è un museo per la città. Ormai da tradizione, a novembre, abbiamo istituito la Settimana dei veneziani, in concomitanza con la Festa della Madonna della Salute, durante la quale tutti i residenti della città e provincia hanno diritto all’ingresso gratuito. Inoltre, diversi appuntamenti legati ai Public Programs che sviluppiamo intorno alle mostre temporanee sono gratuiti e aperti al pubblico, specialmente cittadino, come ad esempio le conferenze che organizziamo fuori museo. La Collezione Peggy Guggenheim, come si sa, è una casa museo, e in quanto tale vuole essere inclusiva, e non esclusiva.
Alcune gallerie veneziane stanno facendo rete e dando vita a un dialogo stabile, puntando sulla collaborazione per catalizzare l’interesse del pubblico. Crede che anche le istituzioni, pubbliche e private della città, debbano muoversi in questo senso?
Assolutamente, ed è per questo motivo che ormai da anni siamo in aperto dialogo con diverse istituzioni cittadine. L’unione fa la forza!
Che cosa riserva il futuro programma espositivo della Collezione?
Al momento stiamo lavorando sulla mostra di Josef Albers, che aprirà il 19 maggio, contestualmente a un omaggio, nelle Project Rooms del museo, alla Biennale del 1948 e al Padiglione Greco dove Peggy espose la sua collezione. Seguirà in autunno, dal 22 settembre, una grande retrospettiva dedicata all’artista marchigiano Osvaldo Licini, a cura di Luca Massimo Barbero, e poi nel 2019 un articolato programma che intende ricordare i quarant’anni dalla scomparsa di Peggy Guggenheim. All’interno del programma si inserisce una mostra dedicata a Jean Arp, primo artista a essere entrato a far parte della collezione di Peggy.
‒ Arianna Testino
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